domenica 9 novembre 2008

Il Papa in Francia, Jacques Julliard (ateo e anticlericale) conquistato da Benedetto XVI: "Se viene meno la fede vince l'irrazionalità" (Tracce)


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Intervista

«Se viene meno la fede vince l'irrazionalità»

Fabrizio Rossi

Ateo, di sinistra, «culturalmente anti-clericale». Eppure anche il condirettore del Nouvel Observateur è stato conquistato da Benedetto XVI. Motivo? La difesa della ragione. «E la sua umanità»

«Psicologicamente ateo, culturalmente anti-clericale, spiritualmente cristiano». Si definisce così Jacques Julliard, 75 anni, condirettore del Nouvel Observateur, uno dei maggiori magazine francesi. Ex sindacalista (nel ’68 alla Sorbona era lui il leader della Confédération française démocratique du travail), nel “caso Ratisbona” s’era già schierato dalle colonne del suo settimanale al fianco di Benedetto XVI: «È così strano che, nel paese di Voltaire, occorra difendere il Papa e la Chiesa dal fanatismo?». Un Pontefice con cui condivide l’amore per tre autori come Péguy, Bernanos e Claudel, cui Julliard ha appena dedicato un libro in cui rilegge il mondo moderno attraverso la loro penna profetica.

Monsieur Julliard, il 12 settembre scorso lei era uno dei 700 intellettuali che al Collège des Bernardins hanno ascoltato l’intervento di Benedetto XVI «au monde de la culture». Che impressioni ha avuto?

Innanzitutto mi ha colpito la diversità rispetto a come veniva dipinto in Francia: anziché un dogmatico e un ultraconservatore, abbiamo incontrato un uomo di dialogo, che parla da intellettuale ad altri intellettuali. Mi hanno sorpreso il calore umano e una certa dolcezza che aveva.

A cosa è dovuta, secondo lei, l’accoglienza calorosa che ha trovato?

È stato acclamato non in quanto Benedetto XVI ma in quanto Papa, ossia simbolo di unità. In un mondo in cui tutto si frantuma, il carattere universale del cattolicesimo («la sola Internazionale che tenga», secondo Charles Maurras) resta il suo punto di forza. Insieme alla natura del suo messaggio.

Qual è stato l’impatto di questo discorso sul mondo della cultura laica?

Credo che sia stato ben recepito. È quanto mi raccontava lo stesso Jean Daniel: molti intellettuali non cattolici sono rimasti colpiti dal fatto che il Papa si sia rivolto non semplicemente ai cattolici, ma agli intellettuali tout court.

Sembrerebbe paradossale: una lezione sulla ragione in Francia, patria della raison…

Credo che la cosa più importante sia questa volontà della Chiesa di dialogare col razionalismo, combattendo l’irrazionalismo generato dalla paura. Si pensi all’ondata di spiritualismo e di new age tanto di moda nella nostra epoca: si tenta di ridurre la fede a una sorta di magia. Mi colpisce vedere, però, che ogni volta che la fede cristiana viene meno non ne trae vantaggio il razionalismo, ma l’irrazionalismo. Per questo è molto importante che Benedetto XVI porti avanti la riflessione sul rapporto tra fede e ragione.

Il Papa ha detto che «il cristianesimo non è semplicemente una religione del libro nel senso classico». Che valore ha questa affermazione per lei?

La Chiesa ha sempre detto che la tradizione è, insieme alle Scritture, una fonte di fede. Penso che il Papa abbia voluto così anche affermare l’originalità del cattolicesimo rispetto all’islam e al protestantesimo. Per lui il cattolicesimo è una religione ben precisa, che non va diluita in un deismo vago.

Il Papa ha paragonato la confusione attuale a quella del mondo in cui vivevano i monaci, dove «niente sembrava resistere».

Credo che abbia parlato molto dei monaci anche per sottolineare che il monachesimo è l’alleanza tra lavoro manuale e pensiero. In questo c’è una lezione importante per il mondo moderno, in cui la cultura è contrastata dai mass media, dai soldi… Per Benedetto XVI il vero fondamento di tutte le attività umane e, quindi, anche della cultura, è in Dio.

Come vede la sintonia tra Papa ed Eliseo sulla laicità positiva?

Entrambi hanno insistito su un fatto a mio giudizio incontestabile: l’Occidente ha delle radici cristiane ed è completamente assurdo volerle ignorare o rinnegare. La laicità non ha bisogno di epiteti: né positiva, né negativa, nemmeno repubblicana. Fingere d’ignorare, col pretesto della laicità, i fondamenti cristiani dei valori occidentali è contrario alla laicità. Questa laicità vuota significa cancellare la storia. Sarebbe clericalismo ateo, non laicità.

© Copyright Tracce, ottobre 2008

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