martedì 2 dicembre 2008

Benedetto XVI: Se avrò tempo. Il pensiero all’inizio dell’Avvento (Sir)


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BENEDETTO XVI - Se avrò tempo

Il pensiero all’inizio dell’Avvento

Fabio Zavattaro

Quante volte di fronte ad una domanda, ad un invito, ci viene naturale rispondere: se avrò tempo, verrò. Già, il tempo. Sembra non sia mai sufficiente, e siamo quasi bisognosi di giornate che vadano oltre le 24 ore per poter fare, almeno crediamo, tutto quello che una società come la nostra, così frenetica, sembra chiederci di fare. Spesso non abbiamo tempo nemmeno per le cose essenziali, o almeno così crediamo.
In questa prima domenica di Avvento, Benedetto XVI ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, che, afferma, esercita su di noi un grande fascino. E se la vita moderna è tutta una corsa contro il tempo, ecco che l’inizio dell’anno liturgico ci porta una “buona notizia”: Dio ci dona il suo tempo. Lo dona a noi che “abbiamo sempre poco tempo; specialmente per il Signore non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo”. Dice papa Benedetto: “Dio ha tempo per noi. Questa è la prima cosa che l’inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova. Sì: Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno, per farla diventare storia di alleanza. In questa prospettiva, il tempo è già in se stesso un segno fondamentale dell’amore di Dio: un dono che l’uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare o, al contrario, di sciupare; di cogliere nel suo significato, o di trascurare con ottusa superficialità”.
E lo riscopriamo, questo tempo che Dio ci dona, nei tre momenti cardine che scandiscono la storia della salvezza, e cioè la creazione, la redenzione, il giudizio finale. Momenti che non sono da intendersi esclusivamente in una successione cronologica, ma sono un qualcosa che, pur avendo un momento preciso, comprende più tempi e si sviluppa accogliendo il tempo precedente e tutto quello seguente.
Avvento, dunque, tempo di attesa e di speranza; tempo privilegiato di ascolto e di riflessione. E quell’invocazione della comunità cristiana degli inizi – vieni, Signore Gesù – deve essere costante aspirazione della Chiesa di ogni epoca, afferma il Papa. Tempo privilegiato, questo dell’attesa della venuta di Gesù, per accogliere ma soprattutto per vegliare perché il Signore “viene continuamente nella nostra vita” e perché “nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza”. E questo, dice Benedetto XVI, “comporta un giusto distacco dai beni terreni, un sincero pentimento dei propri errori, una carità operosa verso il prossimo e soprattutto un umile e fiducioso affidamento nelle mani di Dio, nostro padre tenero e misericordioso”.
“Vieni oggi, Signore, aiutaci, illuminaci, dacci la pace, aiutaci a vincere la violenza, vieni, Signore, preghiamo proprio in queste settimane, Signore fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”. Le parole del Salmo risuonano nella celebrazione che il Papa preside a San Lorenzo fuori le mura. Tornano alla mente, all’Angelus, quando papa Benedetto leva la sua voce per condannare le violenze di questi gironi in due nazioni, l’India e la Nigeria, e per pregare per le numerose vittime dei brutali attacchi terroristici a Mumbai, un tempo Bombay, e degli scontri a Jos. “Diverse sono le cause e le circostanze di quei tragici avvenimenti, afferma il Papa, ma comuni devono essere l’orrore e la deplorazione per l’esplosione di tanta crudele e insensata violenza”.
Appello che il Papa conclude chiedendo al Signore di “toccare il cuore di coloro che si illudono che questa sia la via per risolvere i problemi locali o internazionali”, e auspicando da parte di tutti, esempi “di mitezza e di amore per costruire una società degna di Dio e dell’uomo”.
E come non andare, con la mente, a un evento “particolarmente drammatico” per la popolazione romana e per la basilica di San Lorenzo, verificatosi 65 anni fa, il 19 luglio 1943: un violento bombardamento fece danni gravissimi alla chiesa e a tutto il quartiere, portando distruzioni e morte. Nelle colonne della basilica sono ancora oggi visibili i segni di quelle bombe che hanno scheggiato, lasciato il segno nel marmo. Quel giorno a San Lorenzo arrivò papa Pio XII: “Non potrà mai essere cancellato dalla memoria della storia il gesto generoso compiuto in quell’occasione da quel mio venerato predecessore, che corse immediatamente a soccorrere e consolare la popolazione duramente colpita, tra le macerie ancora fumanti”. Sempre a San Lorenzo il Papa prega davanti al luogo che accoglie il corpo di Pio IX e ha un pensiero, infine, per Alcide De Gasperi, che è sepolto nell’atrio della basilica. Di lui dice: “Guida saggia e equilibrata per l’Italia nei difficili anni della ricostruzione post-bellica e, al tempo stesso, insigne statista capace di guardare all’Europa con un’ampia visione cristiana”.
La prima domenica di Avvento offre, infine, a tutti noi l’occasione di ricordare che proprio un anno fa, il 30 novembre 2007, il Papa dava alla Chiesa la Spe Salvi, la sua seconda enciclica, nella quale scrive che alla base della speranza cristiana c’è il Vangelo, “una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata”. E il cielo, come scrive il Papa, non è vuoto, “la vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e contemporaneamente al di sopra di tutto c’è una volontà personale, c’è uno Spirito che in Gesù si è rivelato come amore”.

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