sabato 3 gennaio 2009

Gli economisti di Benedetto XVI (Marroni)


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Gli economisti di Benedetto XVI

Attenzione per Novak, Sen, Koslowski - In finanza ascoltati Tietmeyer e Gotti Tedeschi

di Carlo Marroni

È stato Benedetto XVI in persona a scrivere che la finanza, quella buona, è «il ponte tra presente e futuro». Con ogni probabilità in nessun testo di economia c'è una definizione così piana e asciutta. Eppoi c'è la finanza meno virtuosa, «appiattita sul breve e brevissimo termine», che ha innescato e amplificato la più grave crisi economica dal 1929.
C'è tutto Joseph Ratzinger in quel passaggio, il capitolo 10, del messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che affronta i nodi della crisi.

Un'analisi che va nel profondo. Un po' come nell'approccio teologico, dove stretto è il connubio tra fede e ragione, anche nei fenomeni socio-economici la pastorale di Benedetto XVI è razionale, con un'evidente tendenza alla concretezza. Segno dei tempi, ma anche di un papato che su questo fronte ha fatto un salto di qualità, come dimostra la grande attenzione che ogni giorno riserva ai temi economici l'Osservatore Romano.

L'interesse per l'economia non è nuovo. Dalla Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, enciclica che avviò la Dottrina sociale della Chiesa, di tempo ne è passato. Ma già nel 1931 Pio XI, il papa dei Patti Lateranensi, giudicato talvolta come teocratico e rinchiuso dentro le mura leonine,pubblicò un'enciclica sugli effetti della crisi del 1929, la Nova Impedent, che così esordiva: «Un nuovo flagello minaccia e in gran parte già colpisce il gregge a Noi affidato, e più duramente la porzione più tenera e più affettuosamente amata, cioè l'infanzia, gli umili, i lavoratori meno abbienti e i proletari. Parliamo della grave angustia e della crisi finanziaria che incombe sui popoli e porta in tutti i paesi ad un continuo e pauroso incremento della disoccupazione ». Molte le successive encicliche acarattere economico specie di Giovanni Paolo II, dalla Laborem Exercens (1981) alla Sollicitudo Rei Socialis ( 1987), alla Centesimus Annus (1991).
Anche Benedetto XVI dovrebbe pubblicarne una a breve sui temi della globalizzazione, ma l'attesa si prolunga sempre più.
Le correnti economiche che da sempre hanno ispirato la "politica economica" della Chiesa sono state in buona parte riconducibili alla Dottrina sociale, ma oggi lo scenario di fondo è cambiato.
Anche se l'impostazione solidaristica è sempre al centro, è l'economia a dover fare i conti con nuovi paradigmi, con nuovi mercati.
L'appello della Chiesa di Ratzinger è su questioni specifiche: demografia, speculazione alimentare, finanza irresponsabile, più miope che ingorda, alla fine. Tesi che stanno alla base di molte analisi dell'economista cattolico liberale Ettore Gotti Tedeschi, da quasi un anno edi-torialista di punta per l'economia dell'Osservatore Romano di Gian Maria Vian. Gotti Tedeschi, rappresentante italiano del colosso spagnolo Santander, vicino all'Opus Dei, fa emergere nei suoi articoli una tensione nuova verso l'etica e la buona finanza, che miri allo sviluppo e alla buona occupazione e combatta i bonus facili. Gotti Tedeschi è da qualche mese consigliere del ministro Giulio Tremonti, che dopo aver incontrato il Papa la scorsa estate a Bressanone ha avuto quella che in molti chiamano la "svolta ratzingeriana": il 20 novembre all'Università Cattolica di Milano ricordò che l'attuale Papa aveva previsto la crisi in uno scritto del 1985.
Qualcuno ha pensato che ci fosse la mano di Tremonti sul messaggio del primo gennaio: ma in effetti , assicurano i bene informati (per i quali la bozza del messaggio è stata più volte riscritta), pare ci sia stata quella di Gotti che conferma così il suo ruolo di economista molto ascoltato nel Palazzo Apostolico.
Ma quali correnti di pensiero, scuole economiche, intellettuali interagiscono con le riflessioni di Benedetto XVI e le scelte del Vaticano sui temi dell'economia e della finanza? C'è attenzione alle ricerche prodotte negli Usa, in particolare nell'ambiente conservatore. Michael Novak, per esempio, teologo cattolico dell'economia di mercato (ben conosciuto anche dal precedente papato), era presente a Roma alla presentazione del libro di Marcello Pera (c'era anche Michael Leeden, autore della Bibbia teocon Machiavelli on Modern Leadership) dove compare, sotto forma di lettera, una prefazione di Benedetto XVI in cui vengono esposte molte tesi forti del suo papato.
Il mondo americano- anche quello protestante - è un'altra delle cifre di riferimento del pensiero dominante, laddove la libertà economica fortemente ispirataall'etica può dare garanzie alla libertà religiosa.
Il «modello americano» del ruolo pubblico delle religione, esaltato dal Papa nel suo viaggio negli Usa nell'aprile 2008 e che è alla base del forte legame stabilito con George W. Bush (dato in odore di conversione al cattolicesimo grazie alla vicinanza con l'ex protestante padre Richard Neuhaus), può essere una delle chiavi di lettura di quelle che saranno le linee di azione della Santa Sede. La lotta al relativismo etico (che passa anche attraverso l'economia)deve avere solide basi. Forse non è un caso che a Roma il prossimo 13 gennaio (a una settimana dal'insediamento di Barack Obama) l'ambasciatrice Usa presso la Santa Sede, la cattolica Mary Ann Glendon già a capo della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali, presiderà un convegno su " The American Model of Church-State Relation", presenti Pera e il cardinale Jean Louis Tauran, punta di diamante nel dialogo interreligioso.
Nel documento predisposto dalla Santa Sede - ed esattamente dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, guidato dal cardinale Renato Raffaele Martino, e approvato dalla Segreteria di Stato del cardinale Tarcisio Bertone - per la Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo di inizio dicembre, la Chiesa chiede un nuovo patto sul sistema finanziario. Un altro segnale della direzione imboccata Oltretevere sull'economia è venuto dalla nomina dell'economista coreano Thomas Hong-Soon Han a Reviso-re generale della Prefettura per gli affari economici, il dicastero che ha la funzione di ministero del bilancio e Corte dei Conti insieme. Han ha partecipato al Sinodo dello scorso ottobre (in apertura del quale il Papa a sorpresa e a braccio denunciò la caducità del denaro facile, «che non è niente»): senza usare mezzi termini aveva chiesto una moralizzazione della Chiesa riguardo all'uso del denaro. Parole che sono piaciute al Papa, che vede nell'etica (non quella protestante weberiana di marca europea, che rivendica la primogenitura del capitalismo, che invece per la Chiesa viene alla luce nella cristianità medioevale e trova la sua massima espressione nella Scuola di Salamanca), o meglio nella sua mancanza, la causa principale della crisi.
Un'etica riportata alla luce anche dall'economista Stefano Zamagni,consultore del Pontificio consiglio giustizia e pace, che ha di recente messo in rilievo come le parole del Papa siano ormai diventate un punto di riferimento visto il crollo di reputazione di buona parte dell'establishment. Di certo la Dottrina sociale resta il fondamento del pensiero che ispira ogni azione di fondo, che quindi relega gli strumenti a mezzi rispetto ai fini. Fini di giustizia e uguaglianza, che trovano in alcuni pensatori dei punti di riferimento.Dall'economista indiano Amartya Sen, premio Nobel nel 1998, con il suo approccio alla povertà, a Muhammad Yunus, altro indiano, fondatore della Grameen Bank, la banca dei poveri, Nobel per l'economia nel 2006.
La Chiesa è grande, e naturalmente non c'è un pensiero unico a cui ci si deve rifare. Ratzinger ha avviato un'analisi nuova dell'economia. Samuel Gregg, direttore ricerche per l'Acton Institute del Michigan ha studiato il pensioero economico del Papa. Il lavoro – che prende in esame quanto detto da Ratzinger quando era cardinale – afferma che la Dottrina sociale non ammette categorizzazioni ideologiche, la valorizzazione della libertà umana e la superiorità del capitalismo nella produzione di ricchezza (pur non mancando di criticare mai ogni interpretazione determinista e positivista del mercato).
Raztinger è tedesco di Baviera, e quindi non ignora le teorie della scuola austriaca di von Hayek e von Mises. Ma un pensiero va di sicuro a Peter Koslowski, citato da Ratzinger nell'ormai famosissimo discorso del novembre 1985 all'Università Urbaniana su Chiesa ed Economia: «Vorrei ricordare solamente una frase di Peter Koslowski, perché indica il punto che ci interessa: " L'economia non è retta solo dalle leggi economiche, ma è guidata dagli uomini". Anche se l'economia di mercato si fonda sull'azione del singolo condotta secondo un determinato gioco di regole, tuttavia essa non può considerare l'uomo superfluo o escludere dal settore economico la sua libertà morale. Oggi più che mai risulta chiaro come lo sviluppo dell'economia mondiale sia collegato pure con la crescita della comunità mondiale, dell'intera famiglia umana e come il coinvolgimento delle forze spirituali nell'economia sia fondamentale per la crescita della comunità mondiale. Anche le energie spirituali sono un fattore economico: le regole del mercato funzionano solo se esiste un consenso morale di fondo che le sostiene».
Di questi temi il Papa – in tempi di crisi – parla con una sua vecchia conoscenza, l'ex presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, il cattolico tedesco con incarichi alla Pontificia Accademia delle Scienze.
Voci ed esperienze esterne che di là dal Tevere sono ascoltate con interesse – come quella di Simona Beretta, professore alla Cattolica e vicina a Cl, anche lei consultore di Giustizia e Pace – ma in ogni caso il Papa privilegia sempre quello che arriva dai suoi uomini, in particolare dal cardinale Tarcisio Bertone, l'attivissimo primo ministro vaticano che incontra riservatamente big dell'economia e di tanto in tanto anche pubblicamente, come fece a Milano due anni fa per spiegare l'era Ratzinger a chi fa finanza.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 2 gennaio 2009

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