giovedì 25 giugno 2009

Mancuso sulla beatificazione di Pio XII: il rispetto di Papa Ratzinger


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo questo interessante editoriale di Vito Mancuso e poi commentiamo.
R.

IL RISPETTO DI RATZINGER

Repubblica — 20 giugno 2009 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA

VITO MANCUSO

PRESCINDO dal controverso problema del comportamento di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale, se occorra più sottolinearei suoi silenzi pubblici a proposito della Shoah (di cui certamente aveva sentore) o piuttosto le efficaci indicazioni pratiche per salvare nelle strutture cattoliche non pochi ebrei (che effettivamente ebbero salva la vita).
In Pio XII c' è l' uno e l' altro aspetto e per questo gli storici su di lui si dividono, ma ora il problema non è lui, bensì il suo postulatore, il gesuita tedesco padre Gumpel.
Il problema che sollevano le sue dichiarazioni è quello della logica seguita dalle gerarchie ecclesiastiche nel decidere di dichiarare beato e santo un cristiano, non solo Pio XII ma qualunque cristiano ritenuto meritevole di tale onore.
La logica vorrebbe che il criterio fosse solo e unicamente uno: l' effettiva santità del soggetto, accertata da testimonianze oggettive e convalidata da uno o più miracoli.
Se questo c' è e se la gerarchia ecclesiastica risulta convinta della santità del soggetto, non dovrebbe procedere, senza se e senza ma, avendo a cuore sola gloria di Dio e l' edificazione degli uomini?
Padre Gumpel dice però che il Papa non procede per timore delle pressioni che il mondo ebraico eserciterebbe.
Ciò che tali dichiarazioni rivelano è che nelle decisioni sulle beatificazioni entrano in gioco anche altre logiche, oltre quelle di tipo spirituale.
La cosa non sorprende, perché è solo così che si spiega come mai non siano stati beatificati personaggi grandissimi della Chiesa contemporanea, come per esempio l' arcivescovo Oscar Romero e l' arcivescovo Helder Camara, entrambi encomiabili nella lotta evangelica a favore dei poveri. Occorre del resto riconoscere che in ordine a Pio XII l' ingresso di altre logiche è inevitabile, e che padre Gumpel dice verosimilmente qualcosa di vero con le sue dichiarazioni.
La domanda a questo punto è: fa bene Benedetto XVI, pur convinto della santità personale di Pio XII, a non far procedere la beatificazione per rispettare il mondo ebraico? Sì, io penso che faccia benissimo e che così compia esattamente il suo dovere di pastore del popolo di Dio, che ha a cuore la pace nel mondo (per la quale il dialogo interreligioso è di un' importanza fondamentale). Se Benedetto XVI sa che facendo procedere la causa di beatificazione di Pio XII si comprometterebbe il dialogo col mondo ebraico (essenziale dopo duemila anni di ostilità con ripercussioni purtroppo note a tutti), è giusto che la tenga ferma.
Penso che lo stesso Pio XII, «dal cielo», sia il primo a rallegrarsene, perché non c' è nulla di più importante della pace trai popoli,e la pace tra le religioni ne è condizione essenziale. Del resto se Pio XII è stato effettivamente un santo, lo è comunque di fronte a Dio, l' unica realtà che conta, alla quale i giudizi degli uomini non aggiungono e non tolgono nulla.

© Copyright Repubblica, 20 giugno 2009 consultabile online anche qui.

Non posso dire di essere completamente d'accordo con Mancuso, ma indubbiamente l'articolo e' interessante ed istruttivo.
Perche'? Semplice: abbiamo una ulteriore conferma del fatto che nella beatificazione dei Papi (parliamo soprattutto dei Pontefici, ma il discorso vale potenzialmente per tutti) entrano in gioco fattori completamente diversi dalla santita' del soggetto.
Quella di beatificazione e' una vera e propria "causa" perche' si tratta di un processo canonico al termine del quale, valutate tutte le prove storiche e teologiche, si decide se il Servo di Dio puo' diventare beato e poi, eventualmente, con successivo processo, santo.
In questo procedimento non dovrebbero esserci pressioni esterne.
E' un concetto limpido e chiaro.
Pensiamo a che cosa accade quando una sentenza di un tribunale civile o penale viene emessa non tanto sulla base delle prove quanto su pressione dell'opinione pubblica.
In questo caso parliamo di processo viziato e ricorriamo in appello.
Il processo canonico dovrebbe avere le stesse caratteristiche, cioe' dovrebbe essere avulso da ogni condizionamento o pressione.
Il Servo di Dio, in altre parole, dovrebbe diventare beato o santo solo per quanto ha fatto in vita, non sulla base di cio' che affermano altre religioni o, peggio, i mass media.
Se e' vero cio' che scrive Mancuso, beh, allora dovremmo riflettere se sia il caso di beatificare o canonizzare i Pontefici.
Vediamo di tutto: strumentalizzazioni mediatiche, positive o negative secondo i casi, giudizi positivi o negativi da parte di rabbini o esponenti di altre fedi.
E' accettabile tutto cio'?
Io credo di no.
E' la Chiesa che deve proclamare i suoi Santi, non certo la stampa o la televisione.
Forse e' il caso di riflettere su questo punto, se sia cioe' il caso di canonizzare i Papi a breve o medio periodo dalla morte
.
R.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Il punto ,come hai giustamente rilevato, è se sia il caso di beatificare e canonizzare i Pontefici. Onestamente, io ritengo di no. Al più si potrebbe discutere sul titolo da attribuire loro, post mortem, di Dottori o Padri della Chiesa.
Alessia

SERAPHICUS ha detto...

Mi sorprendo di me stesso. Leggo un articolo di Vito Mancuso - e mi trovo (quasi) d'accordo con lui. No, lascio perdere le parentesi, una volta tanto. Mi trovo d'accordo con lui, e sono contento che lettori di Repubblica hanno la possibilità di leggerlo.

Come ho già detto varie volte: non c'è alcuna necessità di beatificare Pontefici perché - a prescindere della loro personale e forse indubitabile dignità - l'ufficio del Successore di Pietro è di tale complessità che, secondo me, è impossibile vagliare ogni aspetto della persona. Questo vale per tutti i Pontefici del passato remoto e prossimo, vale per Pio IX, Pio X, Giovanni XXXIII (e come!) e vale innanzitutto per Giovanni Paolo II - molto più per lui che per Pio XII, a dire la verità.

Non vorrei essere frainteso: soggettivamente non vedo l'ora di poter vedere scoperta l'effigie del beato Pio XII sulla facciata di San Pietro. Sarà la prima beatificazione alla quale parteciperò. Oggettivamente, però. sono consapevole del fatto che con ogni probabilità non la vedrò mai (e spero di non vedere quella di Giovanni Paolo II o di un suo immediato predecessore). Ciò non toglie nulla alla mia personale venerazione per Pio XII; non mi toglie la possibilità di inginocchiarmi davanti al suo sarcofago dinanzi al sepolcro di Pietro, a pochi passi dal luogo della sepoltura del principe degli apostoli. Non ho bisogno di sentire menzionare il suo nome durante la messa, non ho bisogno di un certificato per chiedergli un'intercessione. Direi di più: nessun cattolico dovrebbe averne bisogno. Credo che Pio XII non vorrebbe essere una pietra di scandalo - e lo sarebbe inevitabilmente con una sua beatificazione, contro ogni fatto, contro ogni ragione, ma lo sarebbe.

Perciò: lasciamo perdere beatificazioni di Pontefici; di tutti. Non servono.

Bastardlurker ha detto...

Pio XVI? Lapsus freudiano :-)

Raffaella ha detto...

Devo andare in vacanza :-))
R.

mariateresa ha detto...

sono d'accorso con voi. E' meglio non canonizzare i papi.Non so come sia possibile realizzare questo nostro auspicio, visto che molte sono giò in corso d'opera, ma io me lo auguro.Assistere allo spettacolo di opposte tifoserie è un po' troppo per me.
A proposito di lapsus ricordo un parlamentare che nominava il papa attuale "Bonifacio XVI".
Ehehehehe

Anonimo ha detto...

La Santità è quanto di più intimo ed esclusivo possa legare personalmente l'uomo a Dio. Il resto non c'entra. Non dipende dalle azioni dell'uomo ma da un atto di volontà di Dio. La Chiesa non può non riconoscere questo,se ne esistono le condizioni, negherebbe se stessa, anteponendo le seppur condivisibili valutazioni umane a quelle di Dio, diventando una specie di partito politico come vuole il Card. Martini.
Io non ho dubbi. Se ci sono le condizioni Benedetto a breve procederà!

DANTE PASTORELLI ha detto...

Non vedo motivo alcuno per non canonizzare di Pontefici santi.
Convengo invece che sia da rigettar il "santo subito" dovuto non alla grandezza dei pontefici, ma alla potenza dei media ed alla propaganda interessata da parte di fazioni ecclesiastiche.
Personalmente non son molto convinto della santità di Giovanni XXIII: ma la Chiesa lo ha beatificato, anche se in questa proclamazione non è impegnata l'infallibilità pontificia.
Ben vengano Papi santi: ma dopo anni ed anni di profondo ed attento vaglio di tutta la loro vita, delle loro opere e della loro dottrina.
Son pertanto contrario alla beatificazione annunciata di Giov. Paolo II, molti atti del quale, ed anche alcuni insegnamenti, come quello riguardante la salvezza universale, appaiono in modo eclatante in contrasto con la Tradizione, per sottacer lo sfascio a cui la mancanza di governo ha condotto la Chiesa.
Lasciamo passar almeno 50 anni: calmati entusiasmi e critiche si potrà giudicare conmaggior oculatezza e serenità.

Pio XII: la commissione storica e, soprattutto, la commissione che ha indagato sulle sue virtù eroiche e la santità della sua vita, han dato (la seconda all'unanimità) parere favorevole. Ritardare la beatificazione per piegarsi all'arroganza ebraica è una rinuncia da parte del Papa alla funzione di Pietro.

Scipione ha detto...

"Perché non c' è nulla di più importante della pace tra i popoli, e la pace tra le religioni ne è condizione essenziale"
Questa chiosa non mi convince affatto... Questa pace senza se e senza ma, che sarebbe la cosa più importante, mi sa tanto di sostituzione della Gloria di Dio con un lodevolissimo quando materialissimo "bene" umano. Insomma mi chiedo: se si potesse raggiungere la pace totale e duratura tramite - come vogliono e sostengono molti atei - l'abolizione di tutte le religioni in primis la cattolica... che fare? Questa sembra la vera domanda che ci e si pone Mancuso. Qui sta il punto: quella frase subdolamente instilla l'idea che il vero e principale bene sia quella "pace e benessere" che è poi la bandiera della modernità materialista, e che le vecchie pratiche religiose come la santificazione, spesso possono mettere a rischio il raggiungimento del "bene" fondamentale e che quindi in questi casi è saggio sospendere queste inopportune pratiche... Ma qui l'abile teologo-ateo sfruttando una nota figura retorica in realtà presenta (all'attento lettore di Repubblica che non accetterebbe mai una tesi solo parzialmente anti-cattolica) la parte per il tutto... quindi si riferisce direttamente ad una pratica (la santificazione) ma lascia intendere che la cosa vale in genere per tutta la religione. Quale è allora la sua vera tesi? Se la religione mette a rischio la pace terrena - come lui ci assicura che la mette a rischio... ma in fondo ce lo assicura lo stesso Cristo: "Io non sono venuto a portare la pace... " ecc. - si fa bene a sospenderne (o abolire) la... "pratica"!

brustef1 ha detto...

Bastardlurker: un nickname che contiene la risposta implicita e automatica ai suoi post

raffaele ha detto...

Scipione, anche sant'Agostino riconosceva nel "De civitate Dei" il valore della pace terrena, pur distinguendola chiaramente dalla pace escatologica.
La "Spada" di cui parlava Gesù non era certamente la spada materiale, ma la posizione scomoda del credente che deve scegliere la verità anche se ciò significa distacco dal potere, agli amici ecc.

Scipione ha detto...

Per raffaele:
"anche sant'Agostino riconosceva nel "De civitate Dei" il valore della pace terrena, pur distinguendola chiaramente dalla pace escatologica"
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Appunto qui invece non si distingue nulla... si parla della stessa pace cui inneggiano i giovincelli figli di papà annoiati e sazi che giocano a fare ino-global... una pace tutt'altro che cristiana.

Quanto alla spada... vedi che lo riconosci anche tu: Gesù non considerava possibile una vera pace fino a che i cristiani fossero stati colpiti e dileggiati, ovvio che non li invitava a scatenare la terza guerra mondiale per evitare di subire martirii e persecuzioni (fin lì ci arrivavo anch'io sebbene non sia un fine esegeta fai da te della... Parola) però implicitamente non riconosceva come pace vera e propria quello stato di cose in cui la verità deve soccombere ad una quieta tranquillità terrena e materiale.