giovedì 13 agosto 2009

Intesa fra Usa e Ubs sul segreto bancario: passo in avanti verso quel modello di finanza etica descritto da Benedetto XVI nella Caritas in veritate


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Un passo verso una finanza etica

L'intesa tra Stati Uniti e Ubs sul segreto bancario

di Luca M. Possati

L'intesa tra l'Amministrazione americana e il colosso bancario elvetico Ubs rappresenta un significativo progresso nella lotta all'evasione fiscale e in direzione di una finanza più controllata. È un indubbio successo per l'Amministrazione statunitense, che ha fatto della lotta alla corruzione un punto determinante del proprio mandato.
Ma è, soprattutto, un passo in avanti verso quel modello di finanza etica descritto da Benedetto XVI nell'enciclica "Caritas in veritate".
Trasparenza, scrive il Papa, significa etica perché "ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale" e quindi "i canoni della giustizia devono essere rispettati sin dall'inizio, mentre si svolge il processo economico, e non già dopo o lateralmente".
L'accordo extragiudiziale tra Washington e Ubs è stato comunicato ieri, mercoledì 12 agosto, da Stuart Gibson, il rappresentante del dipartimento alla Giustizia americano, al giudice distrettuale di Miami Alan Gold. Questi si sarebbe dovuto pronunciare nell'udienza in programma per lunedì 17 - fissata dopo una serie di spostamenti da metà luglio - sulla denuncia avanzata nel febbraio scorso contro Ubs. Il Fisco statunitense, infatti, ha accusato l'istituto di aver aiutato 52.000 contribuenti a evadere le tasse attraverso la scorciatoia dei cosiddetti "paradisi off shore". Il patrimonio accumulato nei conti svizzeri, secondo indiscrezioni di stampa, ammonterebbe a circa quindici miliardi di dollari. Ubs aveva evitato il processo penale pagando una multa di 780 milioni di dollari e consegnando, in accordo con il Governo di Berna, i nomi di 250 clienti sospettati di irregolarità. Troppo poco per gli inquirenti.
Dell'intesa raggiunta non sono stati ancora forniti i dettagli. Il dipartimento di Stato ha parlato di un "accordo iniziale", sottolineando che "ci vorrà tempo per arrivare a un'intesa definitiva". Tuttavia, le linee direttrici sono chiare: il gigante bancario elvetico, secondo operatore nel mondo per la gestione dei patrimoni, fornirà all'Amministrazione americana i nomi di migliaia di suoi clienti sospettati di evasione fiscale e irregolarità. Dovrebbero essere 8-10.000 nomi, ma alcune fonti parlano di cinquemila. La consegna dovrebbe avvenire in tempi brevi, probabilmente dopo il 23 settembre, quando scadrà l'amnistia concessa dalle autorità statunitensi per la quale gli evasori possono autodenunciarsi con procedure semplificate e senza andare incontro ad accuse penali.
Adesso gli scenari finanziari che si aprono sono molteplici. Certamente, come rilevano numerosi analisti, l'accordo tra Washington e Ubs rappresenta un colpo durissimo alla diffusione dei "paradisi fiscali" e delle "banche off shore". Si tratta di capire cosa accadrà in Europa, dove il problema è ancora enorme e i successi nella lotta sono stati sporadici, anche a causa delle profonde collusioni del mondo politico.
Solo un anno fa lo scandalo sui 1.400 nomi di correntisti europei in Liechtenstein sembravano segnare la fine dei paradisi fiscali nella Ue (Lussemburgo, Austria, isole della Manica) o in quelli confinanti. E invece, la direttiva europea che dovrebbe parificare i sistemi dell'Unione e garantire trasparenza non è stata ancora approvata. Se l'intesa tra l'Amministrazione degli Stati Uniti e l'istituto svizzero avrà successo, il risultato potrebbe agevolare anche il già annunciato, ma ancora non concluso, accordo tra Berlino e il Liechtenstein per il rientro dei capitali nella Repubblica federale. A marzo il principato ha reso noto la volontà di recepire gli standard di trasparenza fiscale dell'Ocse. Ma non è detto: il timore degli analisti è che, senza un vero sostegno della politica e delle istituzioni finanziarie internazionali le intese non possano essere efficaci, riducendosi così a banali compromessi temporanei.
Sulla lotta all'evasione fiscale nel mondo pesano ancora notevoli incognite. Come farà la Svizzera a conciliare l'accordo con le sue antiche norme sul segreto bancario? Quali saranno le conseguenze per la finanza mondiale? E quale l'incidenza sul dibattito in corso sulle nuove regole dei mercati? L'Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) stima che nei "paradisi fiscali" dispersi in ogni angolo del pianeta vi siano ancora circa 5-7.000 miliardi di dollari. La cooperazione tra gli Stati cresce: dal 2000 a oggi sono 44 le intese bilaterali firmate. Si tratta ancora di piccoli passi che non eliminano il problema ma inducono gli evasori a spostare la destinazione dei propri soldi. Stesso discorso per la guerra al riciclaggio: secondo la Banca mondiale ogni anno tra i 1.000 e i 1.600 miliardi di dollari frutto di attività criminali arrivano nelle oasi finanziarie. E le indagini delle task force non hanno ottenuto risultati di rilievo nel cercare di bloccare i flussi.

(©L'Osservatore Romano - 14 agosto 2009)

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