mercoledì 23 settembre 2009

Bagnasco alza la voce e rilancia il progetto di Ruini. Politica e faide ecclesiali, Bagnasco su due fronti (Casotto)


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Bagnasco alza la voce e rilancia il progetto di Ruini - Politica e faide ecclesiali Bagnasco su due fronti

Il presidente della Cei: con Boffo colpiti tutti noi. Politici: vi valuteremo per l'efficacia, ma la «sobrietà» è dovere costituzionale.
Chiesa italiana: avanti col progetto culturale di Ruini.


di Ubaldo Casotto

Dopo settimane di una soap opera giornalistica con al centro la Chiesa cattolica il cui titolo potrebbe essere: Non c'è più la realtà, solo interpretazioni, arrivano le parole del cardinale Angelo Bagnasco, che potrebbero (ma dubitiamo) metterle fine.
Nella sua lunga prolusione al Consiglio permanente della Cei l'arcivescovo di Genova e presidente dell'episcopato italiano ha detto molto chiaramente alcune cose. Cerchiamo di riassumerle.

Caso Boffo.
E stato un «passaggio amaro», «ingiustamente diretto a una persona impegnata a dar voce pubblica alla nostra comunità» ma che ha «finito per colpire un po' tutti noi» e che è segno di un «allarmante degrado del buon vivere civile».
Poi una significativa precisazione sulla «telefonata del Santo Padre», sulla quale si erano sprecate le interpretazioni, compresa una ricostruzione con tanto di virgolettati del lungo botta e risposta tra Benedetto XVI e Bagnasco.

Ieri, a tutti coloro che riferirono di quella conversazione scrivendo che era la documentazione dell'allarme del Papa che telefonava per chiedere «chiarimenti», il presidente della Cei ha ricordato sia la richiesta di «notizie e valutazioni» da parte di Benedetto XVI, sia le «parole di grande benevolenza che egli ha riservato al nostro impegno», con un significativo plurale rivolto a tutti i vescovi, a nome dei quali lui espresse la solidarietà all'allora direttore di Avvenire.
Infine, respingendo «interpretazioni estranee alla logica della Chiesa» ha ribadito che in Italia la Chiesa è una «presenza costantemente leale e costruttiva» (quasi una rassicurazione alle istituzioni che governano il Paese», ma che «non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere».
Dottrina sociale. L'enciclica Caritas in veritate e il suo collegamento con la Populorum progressio di Paolo VI non ingenerino «categorie di interpretazione spuria», al centro dell'«unico insegnamento, coerente e sempre nuovo» della dottrina sociale della Chiesa c'è la «persona umana», e da questa centralità discende «l'apertura alla vita» e «l'integrità della famiglia». I credenti dunque sappiano che «la socialità, e dunque l'etica, non potranno più essere lasciate in seconda fila rispetto alla politica o all'economia quali optional marginali».
Da questa premessa il cardinal Bagnasco ha fatto discendere, in sostanza ribadendoli, tutti i giudizi che l'episcopato italiano, sotta la guida del cardinal Ruini prima e sua adesso, ha via via espresso sui temi dell'agenda etico-politica del nostro Paese.
Insegnamento di religione. Il pronunciamento del Tar del Lazio contro la sostanziale parità di questo insegnamento con gli altri adduce «motivazioni speciose», bene ha fatto il ministro Gelmini a ricorrere al Consiglio di Stato. La posizione italiana sull'argomento, d'altronde, non configura un privilegio per la Chiesa chiede, ma «è sintonia con i più avanzati sistemi scolastici nazionali (e qui Bagnasco cita una lettera della congregazione vaticana per l'Educazione che li ha messi a confronto rilevando la sempre maggior richiesta di conoscenza "religiosa" anche negli altri Paesi europei). E a proposito del Concordato va notata una stilettata allo storico Ernesto galli della Loggia, non citato, ma facilmente riconoscibile come il bersaglio di questa frase: «Ma è sullo stesso strumento concordatario che di tanto in tanto si riversano riserve e vellitarismi anche da settori insospettabili dell'opinione pubblica».

Progetto culturale.

Dovrà ricredersi chi pensava che l'affidamento al cardinal Ruini della responsabilità dell'organismo incaricato di portare avanti quella che è stata una delle sue principali intuizioni - definita dal rettore dell'Università Cattolica Lorenzo Ornaghi, «uno sforzo gigantesco di trasformare il messaggio cristiano in cultura popolare» - fosse una sine cura per occuparlo in questi anni di pensione. Bagnasco ha fatto totalmente sua «la stagione fervida di incontri e impegni annunciati nel seno della sinergia intellettuale rispetto a sensibilità diverse dalla propria» che la «nostra comunità ecclesiale ha davanti a sé». Un piccolo elenco: è già in libreria, e verrà presentato oggi (Camillo Ruini, Emma Marcegaglia, Mariastella Gelmini) il volume di Laterza "La sfida educativa" curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei; ha preso l'avvio il 15 settembre a Venezia, con un congresso internazionale dal titolo "La società plurale" (Massimo Cacciari, David Novak, Ottfried Höffe, Cesare Mirabelli, Ignazio Musu, Steve Schneck) un nuovo centro di studi denominato "Alta Scuola Società Economia Teologia" (ASSET), fortemente voluto dal Patriarca, cardinale Angelo Scola, che ha la finalità di far interagire le diverse discipline, teologia compresa, nell'affrontare le questioni cruciali di un mondo culturalmente plurale; il 10 dicembre a Roma avrà luogo il convegno "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto", a parlare di quella che Joseph Ratzinger ha indicato come la "priorità" del suo pontificato: «rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l'accesso a Dio» sarà uno dei filosofi più vicini all'attuale pontefice, il tedesco Robert Spaemann. I molteplici riferimenti, nella prolusione del cardinal Bagnasco, al «nichilismo» come tema catalizzante il dibattito culturale contemporaneo, al bisogno di una «fede pensata», alle «sfide antropologiche» fanno pensare che il "ruinismo" - che ha guidato la Chiesa italiana per quindici in sintonia con due Pontefici, ma ormai "superato", secondo molte interessate e ispirate interpretazioni delle vicende ecclesiali - sia duro da far morire.

Politica: efficacia ed etica.

Il criterio con cui la Chiesa giudica i politici è quello «della reale efficacia di ogni azione politica rispetto ai problemi concreti del Paese». Detto questo - chi governa sarà valutato dai risultati - nemmeno mezzo passo indietro rispetto alla parola pronuciata dallo stesso Bagnasco, e che ispirò la linea dell'Avvenire sulle licenziosità della vita privata del presidente del Consiglio: «sobrietà». Sobrietà, disciplina e onore, ricorda il presule, che vengono richiesti non dalla morale cattolica, ma dalla «nostra Costituzione». Il duplice messaggio, a Berlusconi e a chi vorrebbe vedere la Chiesa in campo aperto contro il Governo, viene rafforzato nelle parole seguenti: «la comunità cristiana mai potrà esimersi dal dire - sulla base di un costume di libertà che sarebbe ben strano fosse proprio a lei inibito - ciò che davanti a Dio ritiene sia giusto dire. Peraltro, anche quando annuncia una verità scomoda, la Chiesa resta con chiunque amica».
Quattro gli esempi del cardinale sulle questioni della vita socio-politica nazionale che «non possono non interessare il nostro ministero», con l'avvertenza che non possono essere oggetto di «logica mercantile» (sabato scorso il ministro Renato Brunetta aveva detto che «mai la Chiesa ha ricevuto tanto dallo Stato come in questi anni dall'8 per mille»): la pillola Ru486, sulla quale Bagnasco auspica un «dibattito parlamentare» che consenta di «arrivare a una maggiore verità sul farmaco stesso»; il fine-vita, sul quale, apprezzando il «prezioso» lavoro compiuto dal Senato i vescovi attendono «una legge» che possa «essere varata quanto prima; l'immigrazione, per la quale si ribadisce l'esigenza di un equilibrio tra sicurezza e diritti umani indicando «dispositivi meglio calibrati, come opportunamente è stato fatto per le badanti»; infine un messaggio alla Lega, i 150 anni dell'unità d'Italia siano occasione per riflettere sulla «sua naturale vocazione unitaria».

Una nota finale.

Il cardinale Bagnasco ha insistito in un lungo passaggio della sua prolusione sulla questione educativa, come la vera emergenza nella quale dovrebbe innanzitutto impegnarsi la comunità ecclesiale, non ha nascosto che riguarda la Chiesa stessa. Molti fedeli ritengono che abbia ragione e questo li interessa e appassiona di più delle concordanze o dei litigi tra vertici, quando questi non abbiano incidenza sulla vita reale della Chiesa, sul suo essere un'istituzione e una realtà di popolo che ha come scopo l'educazione alla fede e la testimonianza della novità di vita, di cultura e di socialità che essa genera. In questo senso, e solo in questo senso, molti si preoccupano del «mordersi e divorarsi» tra uomini di Chiesa accusato dal Papa e ricordato ieri dal presidente dei vescovi. Il prevalere ai vertici alla Cei, a capo delle istituzioni culturali cattoliche e alla guida delle più importanti diocesi presbiteri e laici che «non lavorano per se stessi» non può avere come scopo la collocazione politica della Chiesa italiana, ma la sua identità e la fedeltà al suo pastore e primate.

© Copyright Il Riformista, 22 settembre 2009 consultabile online anche qui.

"fedeltà al suo pastore e primate".

Ecco il punto!
R.

1 commento:

Fabiola ha detto...

Questo è l'articolo di un laico cattolico. Senza ulteriori aggettivi.
Deo gratias.