sabato 5 settembre 2009

C'è una sproporzione tra la povertà culturale dell'era delle veline e la grandezza culturale di Benedetto XVI (Osservatore Romano)


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A Bagnoregio per venerare il Dottore della Chiesa cui il giovane teologo Joseph Ratzinger dedicò studi e passione

Nel paese di san Bonaventura

di Claudio Gentili

Papa Ratzinger sarà a Bagnoregio.
Un fatto straordinario. Altrettanto straordinario è il rapporto tra il teologo Joseph Ratzinger (oggi Papa) e san Bonaventura da Bagnoregio.
Nel 1957 il giovane teologo Ratzinger scrive la sua tesi per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento e la dedica a san Bonaventura e alla sua teologia della storia (Joseph Ratzinger, San Bonaventura. La teologia della storia, ed. Porziuncola, 2008). Il tema è quello della storia della salvezza.
È sant'Agostino a porlo con radicalità e san Bonaventura ad approfondirlo nell'interpretazione ortodossa di un pensiero, quello dell'abate calabrese Gioacchino Da Fiore (1130-1202), il quale proiettava la fede cristiana nella Trinità della storia e si aspettava una linea storica ascendente dall'epoca del Padre (Antico Testamento) oltre il tempo del Figlio (Nuovo Testamento) fino all'epoca dello Spirito Santo. Passando per Hegel e poi per Marx la prospettiva dell'abate calabrese è diventata un modo per interpretare la storia.
Viviamo in un'epoca di profonde trasformazioni, in una società frammentata dove i punti di riferimento tradizionali sono venuti meno, una società fatta più di individui che di persone, dove domina il relativismo sotto la spinta di una cultura decadente che si esprime nella povertà culturale dei mezzi di comunicazione sociale.
Nella interpretazione della storia che Ratzinger deriva da san Bonaventura, vi è il senso del peccato originale. Noi cristiani sappiamo che non è possibile costruire una società perfetta. Una società definitivamente salva dentro la storia non esiste.
L'idea di progresso nasce con il cristianesimo. Ma l'idea di una salvezza collettiva e programmabile non è cristiana ed è propria di quei sogni ideologici che in nome della giustizia e della società perfetta chiudono nei lager o deportano in Siberia. Naturalmente il cristiano non è neppure l'uomo dell'accettazione dell'ingiustizia.
Cosa fare? Da dove ricominciare? In alcuni casi ci viene spontaneo rispondere che ci conviene continuare a vivere in mezzo alle rovine e ai ruderi. È questa la più grande tentazione che si presenta oggi di fronte ai cristiani.
Paura e ricerca di sicurezza sembrano la cifra del tempo che viviamo, un tempo lambito da una vera e propria crisi di speranza. E al tema della speranza Papa Ratzinger ha dedicato la sua seconda Enciclica, la Spe salvi.
Mai come oggi dobbiamo dire che cambiare il mondo significa toglier agli uomini le loro paure, ridurre le aggressività, dare una patria in cui ci si senta sicuri, a tutti ma soprattutto a bambini, stranieri, moribondi, malati, ridurre il divario tra il Nord e il Sud.
In questo senso mettere il bavaglio alla Dottrina Sociale della Chiesa sarebbe un gesto contro i poveri. Se poi sono i cattolici a privilegiare una presenza pubblica low profile, in cui il silenzio sui temi politicamente più sensibili sia ritenuto saggio e opportuno, allora siamo all'autogoal. Ma un'agorà senza lo spirito del Vangelo è più povera per tutti.
Ecco è questo il punto più interessante della riflessione di Ratzinger sul pensiero di san Bonaventura. Mettere insieme ragione e fede. Non rinunciare al ruolo pubblico della fede. La fede in Dio d'altro canto non ci rende tranquilli, non ha come scopo di farci dimenticare i problemi sociali del nostro tempo. Cristo, con le beatitudini, turba la nostra tranquillità.
La Dottrina sociale della Chiesa ci offre le coordinate per essere fermento di ecologia umana. La signoria di Dio non ci permette di offrire l'incenso ad alcun altro assoluto, ideologico, politico, scientifico. La riserva escatologica ci impedisce di identificare una qualche realizzazione storica con il Regno di Dio. La memoria dell'incarnazione, morte e risurrezione di Cristo, ci incalza e mette in questione il nostro presente.
Benedetto XVI, nel suo straordinario discorso agli intellettuali, a Parigi, al collegio dei Bernardini, il 12 settembre 2008, ci ha ricordato la profonda relazione che esiste tra desiderio di Dio e sviluppo umano.
Con il loro quaerere Deum i monaci benedettini hanno fatto cultura e sviluppato ricerca, hanno dato dignità al lavoro umano, coltivato le lettere. Con la musica traducevano l'adesione dell'uomo al mistero di Dio. Con il lavoro partecipavano alla creazione. L'esempio dei monaci, vale anche per noi. Nella confusione dei tempi che viviamo, piuttosto che diventare "cattoconfusi", cercare, custodire, tramandare ciò che vale. Dietro le cose provvisorie cercare le cose definitive. È un messaggio che vale anche per noi e per il nostro tempo e che ci invita alla serietà e alla fatica dello studio e del discernimento.
Uno studio e un discernimento che è faticoso ma inevitabile se non vogliamo ridurci a spettatori del "Grande Fratello".
Essere nati a Bagnoregio significa in qualche modo essere segnati da questo grande santo che ha voluto mettere insieme, fin dagli anni del suo insegnamento a Parigi, una acuta percezione dell'intelligenza con un altrettanto forte senso mistico.
E in questo senso Papa Ratzinger assomiglia molto a san Bonaventura.
C'è una sproporzione tra la povertà culturale dell'era delle veline e la grandezza culturale del Pontefice che lo Spirito Santo ha suggerito per il nostro tempo.
E se lo Spirito ha portato alla elezione di un Papa professore, forse l'invito che ci viene è quello di rimetterci a studiare. A studiare prima di tutto la Parola di Dio e i grandi padri della Chiesa che ce l'hanno così bene illustrata.
E poi a studiare i maestri sconosciuti del cristianesimo moderno. Ad alcuni di questi maestri ha attinto anche Papa Ratzinger, da Romano Guardini a Henry De Lubac, a Balthasar.
Prepararsi a una visita del Papa a Bagnoregio, dunque, significa innanzitutto porsi in un atteggiamento di preghiera. E significa anche studiare il percorso culturale del Pontefice e i suoi testi più recenti.
Consiglio in particolare per la semplicità e la chiarezza, le catechesi che il Papa ha dedicato ai padri della Chiesa.
Benedetto XVI, la sua storia culturale e il suo magistero, costituiscono per tutto il popolo bagnorese una grande occasione di rigenerazione e rinnovamento culturale.
La cultura positivista oggi, vuole rimuovere nel campo soggettivo, come non scientifica la domanda su Dio. Ma questa sarebbe la capitolazione della ragione e il tracollo dell'umanesimo.

(©L'Osservatore Romano - 6 settembre 2009)

3 commenti:

laura ha detto...

Mi permetto di consigliare la lettura del ibro: La teologia nella storia di J. Ratzinger. E' un testo illuminante sul concetto di rivelazione secondo San Bonaventura e secondo Ratzinger.
E' un testo impegnativo, ma vale la pena impegnarsi un po'. Grazie

Anonimo ha detto...

In questo articolo ho ritrovato il vero Ratzinger, grande papa Benedetto XVI che la Provvidenza Divina ha affiancato a noi uomini del nostro tempo per superare l'Anticristo di oggi, che si presenta con il vessillo del relativismo.
Chi ha scritto l'articolo mostra di aver capito la vera identità del nostro Pontefice.

Concilio Vaticano II ha detto...

Benedetto XVI gran estimatore Vaticano secondo.
Guardini, propugnatore del “Movimento liturgico” e del rinnovamento della liturgia.
Henri-Marie de Lubac che con i suoi scritti ha giocati un ruolo chiave nello sviluppo di quella che sarà la dottrina del Concilio Vaticano II.
Hans Urs von Balthasar precursor del Concilio Vaticano II, anche se non vi partecipò.

Grande Benedetto XVI.