domenica 13 settembre 2009

Il Papa: «Fedeli alla Chiesa, non cerchiamo potere e prestigio per noi stessi» (Bobbio)


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Il Papa: "La fedeltà del servo di Gesù Cristo consiste proprio anche nel fatto che egli non cerca di adeguare la fede alle mode del tempo. Solo Cristo ha parole di vita eterna, e queste parole dobbiamo portare alla gente. Esse sono il bene più prezioso che ci è stato affidato. Una tale fedeltà non ha niente di sterile e di statico; è creativa...Fedeltà non è paura, ma è ispirata dall’amore e dal suo dinamismo" (Omelia Ordinazioni Episcopali)

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«Fedeli alla Chiesa, non cerchiamo potere e prestigio per noi stessi»

In San Pietro il Papa ha consacrato vescovo il bergamasco Raffaello Martinelli

Duecento persone da Villa d'Almè. Oggi l'ingresso nella diocesi di Frascati

Alberto Bobbio

Città del Vaticano

Stanno lì a terra, prostrati, davanti all'altare eretto sulla tomba di Pietro.
Cinque sacerdoti e tra poco cinque vescovi. Cinque tra i più stretti collaboratori di Benedetto XVI in vari uffici e dicasteri della Curia romana, che il Papa consacra nella successione degli Apostoli.
Uno, il bergamasco monsignor Raffaello Martinelli ha lavorato con Joseph Ratzinger per tutti gli anni in cui il Papa è stato prefetto alla Congregazione per la dottrina della fede, coordinando il lavoro del Catechismo della Chiesa cattolica e del Compendio, che da esso è nato e a luglio è stato nominato vescovo di Frascati, dove oggi farà l'ingresso, una delle diocesi suburbicarie di Roma, che hanno uno speciale legame con la Sede Apostolica.
Altri tre, monsignor Giordano Caccia, monsignor Franco Coppola e monsignor Pietro Parolin, sono pronti a partire come nunzi apostolici rispettivamente in Libano, Burundi e in Venezuela. Il quinto, monsignor Giorgio Corbellini resta in Vaticano, nominato presidente dell'Ufficio del lavoro della Sede apostolica. C'è tutta la Curia romana con il Papa, c'è il suo segretario di Stato Tarcisio Bertone, i cardinali responsabili dei vari dicasteri davanti all'altare della cattedra di Pietro. Da Bergamo è arrivato il vescovo Francesco Beschi, da Villa d'Almè (paese del quale è originario monsignor Martinelli) 200 tra parenti e amici del nuovo presule, arrivati in pullman e aereo, con il parroco don Raffaele Cuminetti e il curato don Giovanni Lombarda.
La basilica sfavilla di luci e di fiori, di canti e di allegria. Cinque sacerdoti tra poco usciranno con l'anello al dito, la mitra in capo e il pastorale in mano, insegne di fedeltà, di santità e di impegno a reggere la Chiesa di Dio. La liturgia di un'ordinazione episcopale mette in fila i simboli al servizio della Parola e della Chiesa, rafforza, e in qualche modo conferma, quella dell'ordinazione al sacerdozio. Leggono Isaia, dove il profeta ricorda che l'annunzio va portato «ai poveri», e poi la la lettera agli Ebrei, quella dove si spiega che «ogni sommo sacerdote» è «costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio» e infine il Vangelo di Luca, il racconto della designazione di altri settantadue discepoli, perché «la messe è molta, ma gli operai sono pochi».
Per Joseph Ratzinger è l'occasione per spiegare chi deve essere un vescovo e come deve comportarsi. Lo fa prima del rito dell'ordinazione, prima di interrogare i cinque candidati circa la volontà di «custodire puro e integro il deposito della fede» a servizio del mondo e della sede di Pietro, secondo la tradizione antichissima dei Padri della Chiesa, prima di imporre nel silenzio assoluto le mani e il libro del Vangelo sul loro capo.
Benedetto XVI spiega subito che si tratta di un evento divino e di preghiera: «Nessun uomo può rendere un altro sacerdote o vescovo». Ecco perché i vescovi sono «uomini nelle mani di Dio», come intitola oggi in prima pagina l'Osservatore Romano, ecco perché, aggiunge il Papa, un vescovo è innanzitutto «servo prudente», «uomo di verità» e «dalla ragione sincera».
La lezione di Ratzinger colpisce per chiarezza ed essenzialità, senza nascondere i problemi. Inchioda prima di tutto alla responsabilità personale: «In questa maniera diventiamo uomini veramente ragionevoli, che giudicano in base all'insieme e non a partire da dettagli casuali».
Benedetto XVI riprende un filo che dipana da anni, da professore, da vescovo, cardinale e da Pontefice.
Nelle sue parole riecheggiano ragionamenti che ha sviluppato nel «Sale della terra», il volume che riassume il senso della sequela del Vangelo: «Non ci lasciamo guidare dalla piccola finestra della nostra personale astuzia, ma dalla grande finestra, che Cristo ci ha aperto sull'intera verità, guardiamo il mondo e gli uomini e riconosciamo così cosa conta veramente nella vita». Indica tre caratteristiche di questo impegno. La prima è la «fedeltà» alla Chiesa di Dio: «Non leghiamo gli uomini a noi, non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi». Invece la fedeltà è «altruismo».
Precisa il Papa: «Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità». Ma la fedeltà consiste anche nel fatto di non adeguarsi «alle mode del tempo», di non aver paura, di non dedicarsi «esclusivamente ai propri affari», come ha fatto il servo della parabola dei talenti che ha restituito ciò che ha avuto «per evitare ogni rischio». La fedeltà dunque è «creativa» e la fede, che ha la stessa radice semantica, «richiede di essere trasmessa».
La seconda caratteristica è la «prudenza». E il Papa sgombra subito il campo da un malinteso: «La prudenza è cosa diversa dall'astuzia» ed esige una «ragione umile», che non lascia «abbagliare da pregiudizi» e «non giudica secondo desideri, passioni, ma cerca la verità», anche quella «scomoda». La terza caratteristica è «la bontà», cioè essere orientato profondamente «verso Dio», la «bontà in persona». Il Papa ricorda la fedeltà di Maria e le sue parole circa il suo essere «serva del Signore».
E termina con l'esortazione a cercare la luce nella storia che appare a volte un «mare buio» di una «notte impenetrabile». Benedetto XVI sottolinea che non è così, anche se «spesso può crearsi l'impressione che solo il male abbia potere e Dio sia infinitamente lontano».

© Copyright Eco di Bergamo, 13 settembre 2009

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