giovedì 24 settembre 2009

A Praga un piccolo gregge accoglie un grande pastore (Osservatore Romano)


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A Praga un piccolo gregge accoglie un grande pastore

di Miloslav Vlk
Cardinale arcivescovo di Praga

La visita del Papa a una Chiesa locale è sempre un evento grande, straordinario e unico per tutti i fedeli.
La comunione con il Papa, che quotidianamente si realizza nella preghiera eucaristica, ricordando il suo nome, nel momento della visita, diventa concreta, tangibile. I fedeli del nostro Paese hanno potuto accogliere tre volte il Papa Giovanni Paolo II dalla caduta del comunismo. Sono stati momenti vissuti da tutti con grande gioia.
Durante il comunismo, la figura del Papa era vista dal regime con disprezzo.
Il Papa, "nemico del popolo", era calunniato, attaccato, umiliato dai comunisti. Il Vaticano era considerato il collaboratore dell'imperialismo capitalista. Forse proprio per questo motivo il Papa è diventato per i fedeli semplicemente il "padre". Le nostre diocesi erano senza vescovi, perché erano costretti al confine o messi in prigione. La Chiesa, i sacerdoti e i fedeli laici erano perseguitati. Su questo sfondo doloroso era quasi scontato che il Papa per noi diventasse "il vescovo", "il padre" di tutti.
Facile capire quale significato abbia assunto la visita di Giovanni Paolo II dopo la caduta del comunismo, nel 1990. Il passato duro aveva fatto fiorire un amore specialissimo del popolo verso il Papa. Un amore che è rimasto intatto sino ai nostri giorni in molti fedeli.
Attendiamo la visita di Benedetto XVI dal 2005, cioè dalla prima volta che lo invitammo. Si attendeva solo il momento opportuno. L'anno scorso, nel ricevere il nuovo ambasciatore Ceco presso la Santa Sede, Pavel Vosalík, il Papa ha accennato al desiderio di visitare il nostro Paese. Era proprio l'anno giubilare di san Venceslao, per i 1100 anni dalla sua nascita.
San Venceslao, martire, occupa un posto speciale nella storia spirituale della nostra terra: è il santo, il martire e allo stesso tempo è il principe, il regnante, il patrono principale della Chiesa nel nostro Paese.
La nonna di san Venceslao, santa Ludmila, fu battezzata da san Metodio nell' Ottocento. È stata lei a trasmettere la fede al nipote Venceslao, a educarlo, a crescerlo. Quando Venceslao era al governo, il cristianesimo era strettamente e indissolubilmente legato alla vita della nazione. Fonti storiche descrivono Venceslao come un governante molto attento alle necessità del prossimo, soprattutto verso quelle dei poveri, degli emarginati, di quanti erano minacciati. Sapeva donarsi pienamente, servire senza badare al suo stato di governante. Così dava testimonianza del suo essere cristiano ai contemporanei pagani. Il suo modo di vivere era ispirazione per gli altri. È stato lui, "principe eterno", che ha lasciato in eredità la sua preziosa corona, simbolo della sua stessa fede, a tutti i re che lo hanno seguito. Ma lui è stato e resta l'iniziatore, colui che ha portato i valori cristiani nelle radici della nostra nazione.
Nell'inno sacro a san Venceslao, che fino all'Ottocento era adottato come inno nazionale, si canta: "Tu sei l'erede della terra Ceca". San Venceslao è simbolo della nazione e della Chiesa, che in lui trovano il loro legame. Sono molto felice che il Papa si troverà nella nostra diocesi proprio nel giorno della festa di san Venceslao, il 28 settembre, festa nazionale.
Vorrei ricordare, a questo proposito, che nella basilica di San Pietro a Roma, nella parte destra del transetto, si trova l'altare dedicato a san Venceslao, accompagnato dai santi Cirillo e Metodio, apostoli della nostra fede. Ecco, come la nostra nazione piccola, ma ricca di santi, è legata con la Chiesa di Roma.
L'attesa della visita di Papa Benedetto la viviamo in stretta comunione con tutte le nove diocesi, specialmente poi in quelle, dove il Papa si fermerà. Anche alla preparazione del programma abbiamo lavorato tutti insieme.
Il cammino proposto per la preparazione spirituale dei fedeli si è basato su tre pilastri della nostra fede: la fede, la speranza e la carità. Ognuno di noi vescovi ha preparato lettere pastorali che sono state poi lette durante la liturgia domenicale. I temi centrali sono stati appunto: la fede, la speranza e la carità. I sacerdoti, poi, hanno approfondito le tematiche nelle loro omelie quotidiane.
Per ogni fedele è stata messa a disposizione una brochure titolata "Prepariamoci alla visita del Santo Padre Benedetto XVI nella Repubblica Ceca - Invito e sfida alla preparazione per l'incontro". Ci sono preghiere, pensieri e ispirazioni per la riflessione individuale, nelle famiglie, e comunitaria.
Inoltre in tutte le diocesi sono state distribuite piccole immagini del Papa con una preghiera per vivere in un clima di grazia la visita, nell'auspicio che possa portare frutti abbondanti alla Chiesa e alla società.
Negli ultimi giorni di preparazione si è svolta una novena in tutte le chiese del Paese. Per tutta la durata della novena nella cappella dell'arcivescovado a mezzogiorno si sono riuniti molti impiegati per pregare insieme per il Papa.
I mezzi di comunicazione della Conferenza episcopale, i mezzi di comunicazione delle diocesi, la radio cattolica Proglas e la televisione cattolica Noe si sono adoperati per accompagnare la preparazione e favorirne la partecipazione anche di chi fisicamente non ha potuto farlo.
Anche i media, sia radio che quotidiani nazionali, hanno diffuso numerose informazioni sulla visita. La venuta del Papa è, senz'altro, il più grande evento dell'anno. Dunque c'è molta attenzione in ogni ambiente.
Certo quella che si presenterà al Papa come comunità ecclesiale farà veramente la parte del "piccolo gregge". Nel censimento dell'anno 2001, circa il 29 per cento degli oltre 10 milioni di abitanti, si sono dichiarati cattolici; circa il 5 per cento appartenenti alle altre Chiese. Il rimanente 66 per cento non sono atei nel vero senso della parola, come a volte si dice del nostro Paese. Sono piuttosto "deisti": vuol dire che ammettono l'esistenza di un Dio, ma secondo loro non si occupa di noi uomini. Ha lasciato la terra agli uomini che ora ne sono i padroni. È una mentalità difficile da scardinare.
Dopo la caduta del comunismo la Chiesa gode della piena libertà. Ci sono, però, ancora molti problemi rimasti dal periodo totalitario. Per esempio lo Stato non ha risolto finora le ingiustizie compiute dal regime comunista, soprattutto non ha restituito i beni ecclesiastici rubati dai comunisti. Questi continuano a rimanere nelle mani dello Stato. La Chiesa dipende economicamente dallo Stato: paga i salari dei sacerdoti, contribuisce al mantenimento degli uffici diocesani, in piccola misura aiuta anche al mantenimento degli edifici ecclesiastici. Solo che questi finanziamenti sono il frutto dei beni della Chiesa nelle mani dello Stato.
Qualche anno fa due commissioni, una per parte, stilarono un accordo tra Santa Sede e il Governo della Repubblica Ceca. Entrambe le parti firmarono l'accordo ma il Parlamento non lo ha mai ratificato. Viviamo, quindi, ancora oggi in uno stato di provvisorietà, quasi di precariato. Ma ormai siamo abituati a vivere così. Almeno la vita di questo "piccolo gregge" va avanti. Mentre nel periodo della dominazione comunista non era certo così. I fedeli laici non potevano partecipare attivamente alla vita della Chiesa; oggi invece collaborano sempre più attivamente nelle parrocchie. Tanti si impegnano, per esempio, nella Caritas, che è "il volto della Chiesa rivolto verso la società". Ogni anno accogliamo molti nuovi catecumeni. Tra di loro ci sono molti giovani, e tanti adulti convertiti.
Tuttavia in larghi strati della società civile il rapporto con la Chiesa è vissuto con un certo distacco. Nei confronti della Chiesa si avverte sostanzialmente un'opinione negativa. Si ritrova un po'al margine della società, vista piuttosto come un'associazione privata, praticamente insignificante.
Ecco perché per noi la visita del Papa assume un grande significato. Tanto più oggi dopo che la bellissima enciclica Caritas in veritate è stata già pubblicata in ceco e ampiamente diffusa. Il nostro è un Paese piccolo, dal punto di vista ecclesiale numericamente non tanto significativo. Sino a oggi il Papa ha visitato Paesi ben più significativi in questo senso. Un motivo di più per fare della sua visita alla nostra nazione, alla nostra piccola Chiesa, una visita di grande valore. Noi, piccolo gregge, accanto a lui saremo considerati e ci sentiremo, parte integrale della Chiesa universale.
Noi vogliamo accogliere il Papa come Cristo stesso, il quale ha detto agli apostoli: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Luca, 10,16) e "chi accoglie colui che avrò mandato, accoglie me" (Giovanni, 13,20). Il Papa viene con la forza della parola di Cristo, che ha detto a Pietro: "E tu... conferma i tuoi fratelli..." (Luca, 22,32).

(©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2009)

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