lunedì 14 settembre 2009

Ru486, il Vaticano: l'obiezione di coscienza è un diritto ed un dovere (Izzo)


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Questa e' professionalita'!
Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:


RU486: VATICANO, OBIEZIONE COSCIENZA E' DIRITTO E DOVERE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 set.

Nel caso dei farmaci abortivi come la RU486 l'obiezione di coscienza da parte del farmacista cattolico e' un dovere e lo Stato deve riconoscere tale diritto.
Lo ha affermato l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, durante il Congresso Mondiale della Federazione Internazionale Farmacisti Cattolici, in corso a Poznan, in Polonia, sul tema: ''La sicurezza del medicinale: etica e coscienza per il farmacista''. ''Nella distribuzione delle medicine - ha affermato il presule citando l'Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II - il farmacista non puo' rinunciare alle esigenze della sua coscienza in nome delle leggi del mercato, ne' in nome di compiacenti legislazioni''.
In proposito mons. Zimowskis ha ricordato l'insegnamento sul rispetto della vita e della dignita' della persona umana, sin dal suo concepimento fino ai suoi ultimi momenti. Si tratta, ha spiegato, di ''un insegnamento di natura etica e morale che non puo' essere sottoposto alle variazioni di opinioni o applicato secondo opzioni fluttuanti come ribadito - ha ricordato - da Benedetto XVI allorche' dice che 'non e' possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole che hanno come fine quello di evitare l'annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona'''.
Secondo la Chiesa, dunque, ha spiegato il ministro vaticano della salute, ''il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita', affinche' ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e i farmaci svolgano veramente il ruolo terapeutico''.

© Copyright (AGI)

4 commenti:

Marco Lombardi ha detto...

La vera obiezione di coscienza agisce solo su chi la pratica, altrimenti si fa della propria coscienza un assoluto che s'impone anche a chi vede le cose diversamente. Se io obietto al servizio militare e faccio ul servizio civile alternativov mi faccio carico di unamia scelta ma non privo lo stato di un servizio: se io non vendo la pillola a una persona che me la chiede impongo a lei la mia coscenza e faccio un'azione oggettivamente violenta.
Ma a parte tutto questo, quando ascolteremo del dovere di fare obiezione di coscienza per chi lavora e commercia nelle aziende che producono armi. O ancora una volta la vita si tutela solo parzialmente?

Michele ha detto...

Anche il servizio civile priva lo stato di un servizio: quello di difendere la patria (dovere di ogni cittadino, per inciso), anche in armi. Per quanto riguarda la pillola, il farmacista che, pur riluttante, la prescrive finirebbe per fare violenza alla propria coscienza: e così non si esce dalla logica dell'imposizione "violenta" (a sé o agli altri). Infine, cos'è il codice penale se non l'imposizione violenta di norme al dissidente?

Marco Lombardi ha detto...

Il servizio civile non priva lo stato di un servizio! Ne fornisce uno di tipo diverso che contiene questo monito: "Guarda, stato, che io non disubbidisco a te perché non riconosco la tua giurisdizione, ma disobbedisco alla parte di te che mette in gioco la vita". Quindi, per fare vera obiezione, il farmacista dovrebbe poter rifutarsi di somministrare la pillola, ma nel contempo sapere indirizzare la persona a qualcuno che gliela possa somministrare. Solo così i diritti di tutti (anche della coscienza invincibilmente erronea) sarebbero rispettati.

Michele ha detto...

Il servizio civile priva lo stato del servizio di leva, sostituendolo con un servizio di altro tipo: quantitativamente non cambia nulla, ma ciò priva lo stato di un militare in caso, ad es., di aggressione. Allo stesso modo il servizio di leva ormai abolito privava lo stato di persone che sarebbero potute tornar utile nell'assistenza ai disabili, ecc. Questo era il senso del mio intervento.
Tornando al problema dell'obiezione, non vedo la grossa differenza tra la vendita della pillola e la non-vendita accompagnata dall'indicazione di una farmacia disponibile. Dal punto di vista dell'utente la situazione cambia, ma i diritti di coscienza del farmacista rimarrebbero comunque lesi, visto che dovrebbe, col proprio consiglio, rendersi "complice" di una pratica da lui ritenuta un delitto.