giovedì 8 ottobre 2009

Appello per la pace in Congo dal Sinodo per l'Africa (Radio Vaticana)


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SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Appello per la pace in Congo dal Sinodo per l'Africa

Sesta Congregazione generale, stamani, per il Sinodo del Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, la giustizia e la pace. Dopo il suffragio per l’elezione dei membri della Commissione per il Messaggio, la discussione è proseguita sui alcuni temi. Tra i principali, “la teoria del genere”, l’operato delle Commissioni Giustizia e Pace, i rischi rappresentati dai gruppi neo-pentecostali. In chiusura di Congregazione, poi, l’appello alla pace nella Repubblica Democratica del Congo. Il servizio di Isabella Piro:

L’Africa si racconta, nell’Aula del Sinodo, racconta le sue difficoltà, ma anche le sue speranze, i suoi rapporti con il mondo Occidentale. Rapporti difficili, a volte, come nel caso del “pensiero unico” che vuole imporre all’Africa ciò che non le appartiene. Un esempio su tutti: la “teoria del genere” che nega il disegno di Dio, separando il sesso biologico dall’identità maschile o femminile. In questo modo, si è detto in Aula, si distrugge il senso della famiglia e si mira ad introdurre delle leggi favorevoli all’aborto e alla contraccezione.

Di scena anche la Guinea Conakry, devastata, nei giorni scorsi, da violenze e disordini politici. I Padri Sinodali hanno quindi ringraziato il Papa per il suo appello alla pace nel Paese, lanciato domenica scorsa all’Angelus. E un secondo appello è giunto al termine della Congregazione, quando è stata letta una lettera a firma di alcuni Padri Sinodali. Nel testo, si esprime solidarietà nei confronti della Repubblica Democratica del Congo, in cui i cristiani hanno subito violenze negli ultimi giorni, e si auspica la pace per l’intero continente africano.

Poi, spazio all’operato delle Commissioni Giustizia e Pace, per le quali si è raccomandato il rafforzamento dei legami con le Conferenze episcopali di competenza, per evitare strumentalizzazioni politiche. A questo proposito, suggerita l’istituzione di Osservatori regionali sulla politica nazionale per far sì che le istituzioni guardino sempre al bene comune.

E ancora, i Padri Sinodali hanno riflettuto sul problema dei gruppi neo-pentecostali, che tanta presa hanno sui giovani. Per questo, si è detto in Aula, le parrocchie devono diventare un punto di riferimento per tutti i ragazzi, in modo che nessuno si senta anonimo, diventando preda delle sètte.

Quindi,l’Aula ha guardato al grande esempio dei Santi, definiti “vero tesoro della Chiesa locale”, capaci di evangelizzare, inculturare e riconciliare.

Ieri pomeriggio, invece, l’Aula del Sinodo ha affrontato il tema della corruzione, ribadendo un “no” fermo contro questa piaga, che a volte coinvolge anche politici cattolici, dimostrando che occorre una seria formazione sulla Dottrina sociale della Chiesa. Poi, spazio ai bambini, definiti “artigiani di pace” perché insegnano ai genitori che la violenza in famiglia è intollerabile. Ribadita, inoltre, l’importanza della comunicazione ecclesiale con l’auspicio che tutte le strutture della Chiesa dispongano di mezzi di comunicazione appropriati, così da inculturare l’educazione civica e favorire l’evangelizzazione.

Infine, la riflessione sì è fermata anche sugli Ogm che offrono, sì, grandi possibilità di sviluppo, si è detto, ma il cui utilizzo richiede ancora uno studio accurato degli impatti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.

Come abbiamo sentito particolarmente difficile la situazione per la comunità cristiana nella Repubblica Democratica del Congo: ascoltiamo in proposito la testimonianza di mons. Fridolin Ambongo Besungu, vescovo di Bokungu Ikela, al microfono di Paolo Ondarza:

D. – Quali sono le aspettative di questo secondo Sinodo dei vescovi che si svolge a 15 anni di distanza dal primo dedicato all’Africa?

R. – Ci aspettiamo tanto da questo Sinodo. Il nostro Paese, la Repubblica Democratica del Congo, ha molto sofferto in questi ultimi 10, 15 anni. Io non sono solo vescovo e pastore in Congo ma sono anche presidente della Commissione Giustizia e Pace. Abbiamo vissuto delle realtà dolorose e allora noi da questo Sinodo ci aspettiamo proprio che la Chiesa in Africa parli con voce forte per porre fine alla sofferenza del popolo africano, in particolare del popolo dei Grandi Laghi, cioè del Congo, del Rwanda e del Burundi, questi tre popoli hanno molto sofferto. Vogliamo anche sensibilizzare le altre Chiese a questa dimensione internazionale del conflitto che stiamo vivendo. Io penso in particolare allo sfruttamento delle risorse naturali di cui si approfittano tutti ma non i popoli che vivono lì.

D. – Come il resto del mondo guarda a voi? Che percezione avete? Come la stampa parla di voi?

R. – Non parlano di noi molto. Parecchi non dicono la verità sulla nostra realtà. Ognuno ha il suo punto di vista. Noi non abbiamo i mezzi di comunicazione come qui in Europa e per questo tramite questo Sinodo vogliamo che la verità esca fuori. Poi le altre Chiese possono anche aiutarci per far capire la realtà della nostra situazione in Africa.

D. – Quali sono le difficoltà della Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo?

R. - Noi condividiamo la sofferenza del nostro popolo: se il popolo soffre anche la Chiesa cattolica soffre. Ma la più grande difficoltà è che a volte abbiamo l’impressione di predicare nel deserto, con tutti questi capi che ammazzano i popoli: noi parliamo ma la nostre voce non è influente.

D. - In rapporto alle altre religioni come si pone la Chiesa cattolica?

R. – C’è una buona collaborazione fra noi e le altre Chiese. Ma ci sono anche nuove Chiese e sètte che lavorano e che sono nate proprio dalla volontà di diminuire la forza della Chiesa cattolica, perché alcune di queste Chiese sono fondate dai politici proprio per…

D. - …togliere consensi alla Chiesa…

R. – Sì, e poi anche per indebolire la Chiesa cattolica.

D. – E’ un problema che voi come cercate di arginare?

R. – Noi cerchiamo di aiutare i fedeli cristiani a vivere la loro fede in profondità e anche a vivere le conseguenze della loro fede in pratica nella realtà sociale.

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