venerdì 16 ottobre 2009

Strumenti d'epoca per il concerto in onore di Benedetto XVI presso l'Aula Paolo VI (Osservatore Romano)


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Il pianoforte di Bach e il transatlantico di Colombo

di Marcello Filotei

Se Cristoforo Colombo avesse avuto un transatlantico avrebbe seguito un'altra rotta, sarebbe arrivato prima e magari avrebbe anche capito dove aveva gettato realmente l'ancora.
Ciò non toglie nulla alla sua impresa che, anzi, acquista un sapore epico proprio grazie alla precarietà delle caravelle con le quali è stata realizzata e che può essere compresa appieno solamente se commisurata ai mezzi a disposizione del grande navigatore.
Gli strumenti influenzano direttamente il pensiero e l'azione di chi li usa, nella nautica come nella scienza e anche nell'arte. E allora ascoltare il Preludio numero 1 da Il clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach o la Sonata in do maggiore K 159 di Domenico Scarlatti su un fortepiano a tavolo Wood Small dei primi dell'Ottocento può aiutare a comprendere meglio il carattere intimo e casalingo, lontano dai fasti e dai clamori delle sale da concerto, di due icone di semplicità ed essenzialità. L'occasione, non frequente, è garantita dal concerto in onore di Benedetto XVI che l'Accademia pianistica internazionale "Incontro col maestro" di Imola offre sabato 17 ottobre alle 18 presso l'Aula Paolo VI. Pianoforti e fortepiano per le dita di Jin Ju, virtuosa cinese dalla carriera fulminante che a Imola si è perfezionata sotto la guida di Franco Scala, fondatore e spina dorsale dell'accademia, così come molti dei giovani pianisti che ultimamente vanno per la maggiore. Da quando è stata fondata, nel 1989, questa piccola realtà ha sfornato i vincitori di oltre cinquanta premi internazionali. La selezione per entrare è durissima, il premio per chi la supera è la possibilità di lavorare direttamente con un maestro, maturando con lui aspetti estetici, storici e tecnici dell'interpretazione.
La strada è segnata per Jin Ju, chiamata a mostrare come al variare delle epoche si modifichi il pensiero del compositore, lo strumento utilizzato e anche le modalità di esecuzione. Dopo Bach e Scarlatti sarà la volta di Mozart e delle sue Variazioni K 500 affidate a un altro fortepiano, quello costruito da Johann Schantz a Vienna negli ultimi anni del Settecento. Un suono argentino e trasparente scelto per condurre l'ascoltatore su un immaginario palcoscenico d'opera, disegnato da dodici variazioni con armoniose proporzioni. Diverso il fortepiano che lo stesso costruttore portò a termine una ventina d'anni dopo, con caratteristiche sonore protoromantiche, adatte alle Variazioni su "La ricordanza" opera 33 di Czerny, specchio delle multiformi caratteristiche stilistiche e del brillante virtuosismo dell'autore.
Unicuique suum, dunque, a ciascuno il suo strumento e a Beethoven non poteva che toccare un fortepiano, il numero 1041, del celebre Conrad Graf, tra i più famosi costruttori viennesi della prima metà dell'Ottocento, capace di mettere a punto esemplari dal suono equilibrato che soprattutto per questo furono apprezzati dai maggiori musicisti dell'epoca. Il supporto ideale per la Sonata quasi una Fantasia opera 27 numero 2, meglio conosciuta come "Al chiaro di Luna", dedicata alla contessina Giulietta Guicciardi in un creativo slancio sentimentale.
Con un balzo in avanti nel tempo, si approderà finalmente all'epoca del pianoforte, in questo caso un Erard parigino di fine Ottocento particolarmente adatto alla Quarta Ballata di Chopin, selvaggio e struggente esempio di romanticismo maturo. Ma sulla macchina del tempo musicale in un attimo anche il XIX secolo volge al termine grazie a due Steinway & Sons, il primo, del 1885, in grado di passare dalla malinconica e amara melodia di Ottobre al turbinio di Agosto, brani tratti da Le stagioni opera 37 di Cajkovskji; il secondo, del 1900, capace di sostenere brillantemente la Parafrasi sul Rigoletto di Giuseppe Verdi di Liszt, che conclude il programma rimandando costantemente al tema del celebre quartetto "Bella figlia dell'amore", sviluppato attraverso un virtuosismo che diventa sempre più audace con il passare delle battute.
Un viaggio attraverso la storia dell'evoluzione del pianoforte, dunque, al fianco di compositori che hanno contribuito con la loro creatività a valorizzare le varie fasi di sviluppo dello strumento e con le loro crescenti necessità a stimolare i costruttori a migliorarne le prestazioni. È anche grazie a loro se piccole zattere dal suono apprezzabile quasi solo nei salotti aristocratici si sono trasformate in possenti corazzate capaci di incrociare in enormi e democratiche sale da concerto. Buon vento.

(©L'Osservatore Romano - 17 ottobre 2009)

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