mercoledì 18 novembre 2009

Alla scoperta della Cappella Sistina: Il codice primario di un capolavoro (Antonio Paolucci)


Alla scoperta della Cappella Sistina

Il codice primario di un capolavoro

Il 17 novembre è stata presentata presso i Musei Vaticani la collana curata da monsignor Roberto Zagnoli "La parola dipinta. La Bibbia nella Cappella Sistina", quattro volumi editi dai Musei Vaticani in collaborazione con "Il Sole 24 Ore" che saranno distribuiti insieme al quotidiano milanese a partire dal 20 novembre. Pubblichiamo un articolo di presentazione del direttore dei Musei Vaticani.

di Antonio Paolucci

Tutto è stato detto e tutto ancora si potrà dire sulla Cappella Sistina perché le grandi opere d'arte sono polisense, scoprono a ogni generazione nuovi significati, ci catturano con inedite suggestioni. Per questo rileggiamo, trovandoli ogni volta nuovi, Dante e Cervantes, Tolstoi e Flaubert.
Esiste però, per ogni capolavoro della letteratura o delle arti figurative, un significato primario sul quale tutti gli altri si appoggiano e che bisogna comunque conoscere prima di ogni interpretazione critica o lettura estetica. Per la Divina Commedia sarà la conoscenza della dottrina cattolica e della teologia tomistica, per Guerra e Pace quella di Napoleone, dell'Europa e della società russa all'inizio del XIX secolo. Se non si conosce o si conosce in maniera vaga e imprecisa il codice primario, sarà impossibile elaborare, su quello, tutti gli altri.
La ragione che giustifica la collana intitolata "La Parola Dipinta" - collana nata dalla felice alleanza fra i Musei Vaticani e "Il Sole 24 Ore" e dunque destinata a larga distribuzione presso una vasta élite di pubblico colto - è proprio questa. Spiegare il significato primario, decodificare in termini di letteratura scritturale e di iconografia giudaico-cristiana, quella immane sciarada teologica che è la Sistina. Dagli affreschi quattrocenteschi delle pareti che vedono all'opera, regnando Sisto IV, Ghirlandaio e Botticelli, Perugino e Signorelli, ai capitoli della Genesi affrescati da Michelangelo nella volta, al Giudizio Universale della parete di fondo inaugurato alla vigilia di Ognissanti del 1541.
Il mio pensiero va alle circa ventimila persone che ogni giorno entrano in Sistina, attrazione fatale, obiettivo irrinunciabile per chiunque visiti i Musei Vaticani. È gente di ogni provenienza, di ogni lingua, di ogni religione o, come sempre più spesso accade, di nessuna religione. È gente che, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha cultura storico-artistica e neppure genericamente umanistica.
A questo genere di visitatori l'ingresso in Sistina provoca una specie di sgomento. Non è la "sindrome di Stendhal". È confusione ed è smarrimento, è un vorticoso tumulto interpretativo. Chi sono, cosa vogliono rappresentare quelle figure innumerevoli, quei grovigli di nudi, quelle immagini antiche e solenni?
Molti, specie i più anziani provenienti da Paesi di cultura cattolica, vedranno aggallare, in quegli affreschi, disarticolati frammenti del catechismo dell'infanzia. Molti troveranno in essi conferma di suggestioni pubblicitarie assorbite dai giornali e dalla televisione. Per esempio nella scossa elettrica che unisce il dito di Adamo a quello di Dio creatore.
Per tutti prevarrà il clamore mediatico che, farcito di mitografie e di leggende, alona il nome di Michelangelo.
In effetti solo una piccola minoranza, fra i molti che entrano in Sistina, sa decodificare correttamente i soggetti rappresentati, sa disporli in ordine storico-scritturale, collegarli al testo biblico di riferimento. Costoro si rendono conto, ed è una esperienza emozionante e coinvolgente, che la Sistina nel suo complesso è la "historia salutis" messa in figura. È il destino di tutti e di ognuno affidato ad immagini che hanno nella Scrittura la loro giustificazione e il loro fondamento. C'è l'alfa e l'omega, nella Sistina, c'è l'origine del mondo e la sua fine, ci sono i profeti e le Sibille che annunciano, dagli abissi dei secoli, la venuta del Salvatore. C'è Cristo che porta la sua legge a completare e a superare quella di Mosè.
Tutte queste cose fanno il sistema di significati primari che innervano e sostengono i cicli pittorici della Sistina. Era opportuno che delle iconografie e dei relativi riferimenti scritturali qualcuno rendesse conto. Non agli studiosi specialisti che già posseggono per ragioni professionali questo tipo di informazioni, ma al pubblico, anche colto, che desidera essere informato e guidato in un settore a molti incognito.
Monsignor Roberto Zagnoli si è assunto il compito di commentare e di spiegare, in stile piano da tutti comprensibile, il significato religioso della Sistina restituita nella magnifica documentazione fotografica a colori che i Musei Vaticani hanno messo a disposizione.
Tutto il resto e cioè la lettura ermeneutica ed estetica, iconologica e storico-artistica, verrà dopo. Partendo però da quella decodificazione primaria e fondamentale.
Potremo meglio capire allora la grandezza di Michelangelo il quale inaugura, nella volta della Sistina, la "maniera grande" che esalta e trasfigura l'iconografia tradizionale offrendo all'immaginario delle generazioni future gli archetipi sublimi della "Creazione dell'Uomo" e del "Peccato Originale".
Potremo meglio capire il corpo a corpo con la Divinità, con l'Assoluto e con la Storia, ingaggiato da Michelangelo in quei quattro anni (1508-1512) che lo vedono solitario e infaticabile protagonista sui ponteggi della Sistina.
"Io ho già fatto un gozzo in questo stento / come fa l'acqua a' gatti in Lombardia / aver d'altro paese che si sia / c'a forza 'l ventre apicha sotto 'l mento. / La barba al cielo e la memoria sento / in sullo scrigno e 'l petto fo d'arpia / e 'l pennel sopra 'l viso tuttavia / mel fa gocciando, un ricco pavimento".
Questi versi, autografi di Michelangelo, si leggono in un foglio conservato negli archivi della Casa Buonarroti a Firenze. Accanto ai versi c'è il disegno di un piccolo uomo che, coricato sulla schiena, alza il braccio per dipingere.
"E 'l pennel sopra 'l viso tuttavia mel fa gocciando un ricco pavimento". I colori della Sistina imbrattano e accecano il volto del genio solitario. Nessuno ha saputo entrare nella carne viva del mestiere artistico che è fatica e passione infinite, con brutalità ed efficacia paragonabili.

(©L'Osservatore Romano - 18 novembre 2009)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessanti le elucubrazioni paolucciane. Il mio professore di storia dell'arte, guidando noi giovani studenti liceali ci ha spiegato la Cappella Sistina nel sintetico modo seguente:
Guardando l'altare, sulla parete di sinistra, c'è la vita di Mosè, cioè la vita sotto la legge; sulla parete di destra, c'è la vita di Cristo, Nuovo Mosè, cioè la vita sotto la grazie. Il soffitto, la vita prima della legge e delle grazia. Giona, in alto tra il soffitto e la parete del giudizio universale è la "figura" di Cristo ed il raccordo tra la "prima" creazione del vecchio Adamo, con la nuova creazione: Cristo, il nuovo Adamo. I risorti che escono alla sua destra, man mano che si elevano verso di Lui,hanno il corpo che si "ricompatta", il contrario a sinistra. La Madonna accanto a Cristo è il segno della misericordia.
In alto, nelle lunette ci sono i profeti biblici e le sibille pagane pagane per dire che tutta l'umanità anela a Cristo. In grigio ci sono gli antenati carnali di Cristo, vero Dio e vero Uomo.
A partire da questa chiara, semplice sintesi, si possono poi contemplare i "dettagli" nel loro splendore, che un uomo di grande fede ed arte sotto le indicazioni della Chiesa ha saputo donarci
Ci sarebbe da dire poi sull'arte come emozione e sull'arte come giudizio e partecipazione all'esperienza di verità. Ma non voglio essere noioso
Pietro

mariateresa ha detto...

grazie, Piero.