giovedì 3 dicembre 2009

La libertà di religione non c’entra nulla. A proposito del voto svizzero sui minareti e del commento di alcuni vescovi cattolici (Giuseppe Reguzzoni)


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Riceviamo e con piacere pubblichiamo:

La libertà di religione non c’entra nulla. A proposito del voto svizzero sui minareti e del commento di alcuni vescovi cattolici

Di Giuseppe Reguzzoni, per La Padania 1 dicembre 2009

La democrazia? Quella cosa che è buona finché la maggioranza vota come vogliono Lorsignori. E infatti in Svizzera già si parla di ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, vista anche la disponibilità dimostrata dalla Corte alle venerabili volontà delle Logge con la recente sentenza sui crocefissi nelle nostre scuole.
Come dire, l’ormai consueta e innaturale alleanza tra poteri forti massonici e islam, con l’unico scopo di demolire l’Europa e la sua storia cristiana. Grazie al cielo se c’è un popolo amante della democrazia e, allo stesso tempo, geloso della propria sovranità questi sono proprio gli Svizzeri, come hanno già in passato dimostrato mandando più volte a quel paese l’Unione Sovietica Europea. Speriamo che tengano duro e procedano per la loro strada, difendendo la loro sovranità e, in qualche modo, anche la nostra.
Ma, qui, a far pensare e preoccupare è un’altra presa di posizione, quella dei vescovi svizzeri, o, magari, di qualcuno di essi, seguiti a ruota da quelli italiani, o, più probabilmente, da un paio di essi. Una minaccia alla libertà religiosa. Hanno detto proprio così, commentando l’esito del recente referendum; ed è uno choc mica da ridere, se si tien conto che la “libertà religiosa” e la sua giusta definizione sono il punto dolente del conflitto con le parti più dure del tradizionalismo cattolico che, proprio in Svizzera, hanno i loro capisaldi e che vedono con il fumo negli occhi la Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa. Proprio per stemperare queste tensioni la Santa Sede sta sostenendo che tale Dichiarazione non possa essere interpretata che alla luce di tutta la tradizione, dell’insegnamento di tutti i pontefici e di tutti i concili precedenti. Ora, per la tradizione dogmatica della Chiesa Cattolica la libertà religiosa non può essere confusa con il relativismo e nemmeno con l’incoraggiamento ad altre fedi. Inoltre, tutelare la libertà religiosa è un compito che spetta alle autorità civili, non alla gerarchia cattolica che, invece, dovrebbe occuparsi del proprio “gregge” e della sua salvezza spirituale. La confusione, evidentemente, è tanta. Spiace per questi vescovi, ma a essere inquietante non è l’esito del referendum, atto sovrano e democratico per eccellenza, ma l’apologia dell’indifferentismo religioso che essi spacciano per libertà religiosa, idea che da Pio IX a Benedetto XVI è stata unanimemente condannata, anche se negli ultimi decenni il politicamente corretto dominante anche nella Chiesa a portato a troppi silenzi su questo argomento. Una cosa è rispettare la libertà religiosa sul piano soggettivo (quel che fa il singolo con coscienza retta), altra è essere indifferenti a quel che accade a livello storico e oggettivo, dunque anche a livello politico-sociale. Anche un papa “liberale” come Paolo VI scrisse nella sua “Dignitatis humanae” che «la libertà religiosa, che gli esseri umani esigono nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunità dalla coercizione nella società civile», ma che «essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo». È evidente che il divieto dei minareti non è una forma di coercizione, ma solo la limitazione di un aspetto architettonico simbolico e, dunque, carico di significati ostili alla nostra cultura (e alla nostra democrazia), se non apertamente in conflitto con essa. È altrettanto evidente che certi vescovi dovrebbero essere preoccupati di lasciare «intatta la dottrina tradizionale cattolica» circa il dovere «delle società verso la vera religione». Toccherà poi a queste società rispondere, affermativamente o negativamente. Certi vescovi siano piuttosto preoccupati di difendere il patrimonio divino che è stato loro affidato. Diversamente la loro non sarà che una semplice politica umana, alleata con le idee di moda in certi ambienti, rispetto alla quale, per parte nostra non dimenticheremo certo che «bisogna ubbidire a Dio, piuttosto che agli uomini». Tanto più - e chi difende il Vaticano II non può che trarne piacere - che il voto di domenica in Svizzera è stato ampiamente “ecumenico”, dal momento che a votare contro i minareti sono stati tanto gli Svizzeri cristiano cattolici che quelli cristiano riformati.

© Copyright La Padania, 1° dicembre 2009

1 commento:

Michele ha detto...

Reguzzoni confonde Nostra Aetate con Dignitatis Humanae, la quale viene fatta passare per un testo di Paolo VI.
Nonostante questo piccolo appunto, l'articolo è chiarissimo nello spiegare la libertà religiosa dal punto di vista cattolico, che non va confuso, come fanno tanti cattolici, con quello liberale, secondo il quale ognuno ha il diritto di scegliere la credenza che più gli aggrada. Fossero anche i Vescovi così chiari quando si parla di quest'argomento...