sabato 18 luglio 2009

Il vescovo di Ivrea: Un'attesa di preghiera a Romano Canavese (Osservatore Romano)


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Un'attesa di preghiera a Romano Canavese

di Nicola Gori

"Siamo rimasti in ansia e soprattutto molto dispiaciuti per il piccolo incidente occorso ieri al Papa. Così abbiamo intensificato la preghiera che già da una settimana stava scandendo la preparazione del paese e di tutta la diocesi alla sua visita". L'imprevisto della vigilia ha reso l'attesa più incerta e movimentata: ma alla fine la conferma della presenza di Benedetto XVI domenica 19 luglio per la recita dell'Angelus è stata una gioia in più per la piccola comunità di Romano Canavese e per l'intera Chiesa di Ivrea.
Del resto, la visita del Papa a una comunità è sempre un evento che lascia il segno nella storia e nella vita ecclesiale locale. E non fa eccezione quella - pur breve - che Benedetto XVI compie nel paese che nel 1934 ha dato i natali al suo più stretto collaboratore, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Mentre fervono i preparativi e si ritoccano gli ultimi dettagli del programma in vista dell'arrivo del Pontefice, il vescovo di Ivrea, monsignor Arrigo Miglio, spiega in questa intervista al nostro giornale il significato della visita e la inserisce nel contesto delle problematiche e delle speranze che interessano l'intera diocesi e il territorio del canavese.

Dunque, Benedetto XVI ha confermato la sua presenza a Romano Canavese nonostante il piccolo infortunio capitatogli ieri.

Naturalmente siamo molto contenti e abbiamo pregato per questo: tutta la settimana appena trascorsa è stata dedicata alla preghiera per il Papa, sia a Romano Canavese sia nelle altre parrocchie della diocesi di Ivrea. Da parte nostra c'è grande ammirazione per la prontezza di spirito e la disponibilità del Pontefice, anche considerando che questa visita rappresenta comunque una piccola fatica per lui. Questa generosa disponibilità conferma quanto già sappiamo: Benedetto XVI è un Papa che davvero si spende per tutte le persone che incontra, in ogni occasione in cui è chiamato a svolgere il suo ministero.

La gente si aspettava l'arrivo del Pontefice a Romano Canavese?

Come avviene in simili circostanze, all'inizio sembrava un'ipotesi molto lontana. Poi è divenuta una probabilità più vicina e infine si è trasformata in realtà. Devo dire che, in fondo, tra la gente di Romano Canavese c'era la segreta speranza di poter vedere Benedetto XVI accanto al suo più illustre concittadino, il cardinale Tarcisio Bertone, che da molti anni - fin da quando era segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede - offre la sua fedele collaborazione al Papa. Ora l'attesa è piena di riconoscenza e di commozione per il fatto che il Pontefice abbia confermato l'invito a visitare questo piccolo centro e a condividere un po' della sua vita semplice. La mobilitazione è generale, con in testa la parrocchia e l'amministrazione comunale, sia quella precedente alle elezioni del 7 giugno sia quella insediatasi dopo il risultato elettorale. Più volte ho seguito da vicino la preparazione e mi ha colpito vedere che, mentre nella chiesa parrocchiale e nella piazza fervevano i preparativi, nelle due chiesette più piccole si alternavano le persone per l'adorazione eucaristica.

Quali sono gli aspetti storici e umani caratteristici del vostro paese?

Il nostro è un paese di salde tradizioni religiose, ha dato alla Chiesa vocazioni religiose maschili e femminili e risponde prontamente alle iniziative della Chiesa. È un tipico centro che ben rappresenta la storia vissuta da tutto il territorio nel corso del xx secolo: l'agricoltura di piccoli proprietari e di mezzadri, l'emigrazione di molti oltreoceano, una prima stagione industriale con lo sviluppo del tessile, gli inizi e poi l'affermazione della Olivetti. Proprio sul territorio di Romano Canavese e dei comuni confinanti è sorto negli anni Cinquanta e Sessanta uno dei maggiori complessi olivettiani, visitato da Giovanni Paolo ii il 19 marzo del 1990.

Com'è la situazione dal punto di vista religioso?

Ci sono realtà e problemi simili a quelli di tutta la regione: la frequenza ai sacramenti per molti è saltuaria e ci sono le derive etiche che conosciamo. Vedo però che la tradizione conta: è un punto di riferimento anche per gruppi di giovani e aiuta a colmare, in parte, lacune che si sono create nella formazione religiosa. Il segno più bello sono i nuovi gruppi e l'impegno di catechiste e catechisti, con gli animatori dell'oratorio, che condividono con il parroco il servizio pastorale nelle parrocchie.

E per quanto riguarda la realtà sociale ed economica del territorio?

Ora siamo in una nuova fase industriale e postindustriale: la grande industria ha lasciato il posto a numerose iniziative minori, che cercano di valorizzare una cultura tecnologica e informatica ancora largamente presente. Oggi è per tutti tempo di crisi, di precarietà e di cassa integrazione. La gente cerca di sopravvivere con proprie iniziative, valorizzando maggiormente l'agricoltura. Il Canavese è divenuto nel frattempo terra di immigrazione: ci sono rumeni, maghrebini e altri, che in genere svolgono lavori non ambìti dai residenti locali. L'integrazione dei nuovi immigrati è lenta ma costante e senza grossi traumi. Ho visitato molte scuole e ho colto un bel clima di accoglienza verso i bambini delle famiglie immigrate.

A proposito della crisi economica, quali sono le difficoltà più avvertite dalla gente e quali iniziative avete preso a livello diocesano per aiutare le persone in difficoltà?

La crisi economica si fa sentire nel nostro territorio, con molte famiglie che vivono la precarietà dei cassaintegrati e dei lavori a termine breve o brevissimo. È in crescita anche la disoccupazione vera e propria. La Caritas si è attivata già da tempo per aiutare le famiglie più in difficoltà attraverso l'iniziativa del prestito di solidarietà promossa dalla Conferenza episcopale italiana. Le parrocchie e la diocesi in questo periodo si sono impegnate specialmente a favore dei ragazzi e dei giovani, facendo in modo che nessuno resti escluso dalle iniziative parrocchiali e diocesane - estate ragazzi e campi scuola - per motivi economici: molte rette sono state integrate o interamente pagate dalle parrocchie e dalla diocesi. Inoltre la diocesi partecipa attivamente a un'iniziativa interdiocesana di sostegno alle piccole imprese, iniziativa che vede uniti Caritas, conferenza di San Vincenzo de' Paoli e uffici per la pastorale sociale.

Lei è membro della commissione episcopale della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace: qual è la strada che la nuova enciclica Caritas in veritate indica per uscire dalla crisi?

Riassumere in poche battute la strada che ci indica la Caritas in veritate non è certo facile. Intanto bisogna precisare che l'enciclica non vuole indicare solo la strada per uscire da questa crisi ma vuole indicarci la direzione per uno sviluppo diverso, vero. "La verità dello sviluppo consiste nella sua integralità: se non è di tutto l'uomo e di ogni uomo lo sviluppo non è vero sviluppo" scrive al numero 18 Benedetto XVI richiamando la Populorum progressio. Occorre dunque in primo luogo riconoscere umilmente quanto non è stato fatto in questa direzione, allorché si è costruito su fondamenti precari uno sviluppo destinato a non essere duraturo. Per cercare la terapia bisogna prima fare una diagnosi corretta. Due indicazioni mi sembrano particolarmente importanti.
La prima è l'invito a non perdere di vista il collegamento tra etica della vita e etica sociale, nella consapevolezza che non può "avere solide basi una società che - mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace - si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata" afferma il Papa al numero 15 citando ancora l'enciclica montiniana. La seconda indicazione che vorrei richiamare è quella relativa alla fraternità. L'enciclica parla, per esempio al numero 36, della "grande sfida che abbiamo davanti a noi (...) nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un'esigenza dell'uomo nel momento attuale ma anche un'esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di un'esigenza a un tempo della carità e della verità".
Come commissione della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali ci siamo già attivati per coinvolgere diocesi, parrocchie e associazioni nello studio e nella diffusione della Caritas in veritate. Un appuntamento importante a livello europeo saranno le giornate sociali in programma a Gdansk dall'8 all'11 ottobre prossimo.

È confermato il programma della visita che era stato preparato prima dell'incidente di ieri?

La situazione è tuttora in evoluzione e i dettagli verranno definiti in queste ore. Pur nella brevità del tempo disponibile, noi speriamo che il Pontefice possa incontrare alcune delle realtà rappresentative della parrocchia e della diocesi, in particolare ammalati, bambini, giovani, famiglie con situazioni di sofferenza. E riteniamo possa anche visitare la casa natale del cardinale Bertone, come previsto dal programma iniziale. Una visita che vuole essere un gesto di sensibilità umana non solo verso la famiglia del segretario di Stato ma verso tutte le famiglie del Paese. La casa natale del cardinale Bertone è rimasta la casa semplice di un tempo, di una famiglia di agricoltori numerosa e laboriosa, molto legata alla vita parrocchiale. Il papà era organista e maestro di canto della parrocchia e di molte parrocchie vicine: le raggiungeva in bicicletta la sera, dopo il lavoro, per la scuola di canto. La mamma, pur con una famiglia numerosa da seguire, riusciva a svolgere con solerzia e competenza il compito di segretaria della scuola materna e di altre istituzioni locali, sotto la guida del parroco, una figura mitica che ha retto la parrocchia per mezzo secolo.

(©L'Osservatore Romano - 19 luglio 2009)

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