domenica 12 luglio 2009

"Benedetto Barack": L'incontro con il Papa (Aldo Maria Valli)


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Benedetto Barack

L'incontro con il Papa

Aldo Maria Valli

Quando la cadillac con le bandierine della Santa Sede e degli Usa arriva nel cortile di San Damaso è il prefetto della casa pontificia, il monsignore americano James Harvey, a dare il primo benvenuto al presidente. Aria di casa per Barack Obama che per la prima volta entra nei sacri palazzi.
Ma il Vaticano è un mondo a parte, e mr president se ne rende conto subito, quando il cerimoniale gli impone di stringere la mano a un nutrito gruppo di gentiluomini di sua santità schierati lungo il tappeto rosso.
Prima di vedere il papa, Obama incontra il segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone.
Quindici minuti di colloquio, nella sala d’angolo al terzo piano del palazzo apostolico, poi il trasferimento nella biblioteca privata del pontefice, e finalmente la stretta di mano, immortalata dai fotografi che accompagnano con il crepitare delle loro macchine le prime parole fra i due.
«Santità, è un grande onore per me», dice Obama, che porta in dono al papa una stola liturgica appartenuta al primo vescovo americano diventato santo, Giovanni Nepomuceno Neumann di Filadelfia (proclamato santo nel 1977 da Paolo VI), e riceve in cambio da Benedetto una copia autografata dell’enciclica Caritas in veritate. L’esercito dei fotografi è tale da creare qualche grattacapo ad Angelo Scelzo, il funzionario vaticano incaricato di tenerli a bada.
«Sono sicuro che anche lei è abituato a farsi fotografare », dice il presidente per sciogliere la tensione. Il papa gli chiede subito notizie del G8 appena concluso all’Aquila e Obama lo rassicura: è stato «molto proficuo», specie per i «progressi concreti» tra i leader e «per i venti miliardi di dollari stanziati per i paesi poveri».
Africa, povertà nel mondo, ingiustizie sociali, Medio Oriente, Iran, tutela ambientale, bioetica, libertà religiosa, immigrazione. L’elenco dei temi al centro del colloquio è lungo. La scaletta è dettata dalla stessa enciclica del papa, accolta con grande interesse da Obama per i richiami alla necessità di dare una base morale a economia e finanza e per l’esortazione a fare di più nei confronti dei poveri, perché la globalizzazione non può equivalere a una giungla in mano ai più forti ma va governata da un’autorità politica centrale guidata dal diritto.
È stato Obama a chiedere questa udienza, inserita in uno strano orario pomeridiano per inserirla nel programma dei G8. La prima volta richiede sempre qualche difficoltà di contatto, ma la sintonia fra i due non deve essere un problema.
Se Obama ha apprezzato la Caritas in veritate, diversi esponenti vaticani di prestigio e anche l’Osservatore romano hanno espresso giudizi positivi sulle riflessioni e gli impegni del presidente per quanto riguarda gli squilibri sociali mondiali, il dialogo con l’Islam e il processo di pace nel Medio Oriente, «in particolare – dice il direttore della sala stampa del Vaticano Lombardi – sulla soluzione dei due popoli e due stati e sugli insediamenti».
E anche se il presidente durante il colloquio «ha affermato il suo impegno per diminuire il numero degli aborti negli Usa», le maggiori distanze si registrano sui temi della bioetica. Ma proprio per questo l’incontro personale è stato importante e il rapporto si farà ancora più intenso quando a Roma arriverà il nuovo ambasciatore americano presso la Santa Sede, il teologo cattolico Miguel Diaz, di origini cubane, padre di famiglia esemplare e dichiaratamente pro life.
Da quando ha rotto i rapporti con il reverendo Jeremiah Wright della Trinity United Church of Christ di Chicago, dove fu battezzato, Barack Hussein Obama è uno “sradicato”, così come la moglie Michelle. Figlio di madre cristiana e papà musulmano di nascita ma ateo di fatto, lettore appassionato di sant’Agostino, Nietzsche e Graham Green, il presidente americano è un interlocutore ideale per il teologo Ratzinger, ma è assai improbabile che nei sessanta minuti a loro disposizione abbiano potuto entrare in questioni di ordine spirituale. Di certo si sa che per Obama l’esperienza religiosa ha sempre avuto un ruolo centrale nella sua formazione e anche nell’impegno politico. Proprio in seno alla sua Chiesa, quando era un ragazzo di vent’anni, capì, come ha raccontato lui stesso, «il potere della tradizione religiosa afroamericana nello spronare ai cambiamenti sociali».
«Santità, mi aspetto un rapporto molto forte fra Stati Uniti e Santa Sede», dice il presidente al termine del colloquio.
Quando Benedetto gli dona la copia dell’enciclica, la risposta è cortese e scherzosa al tempo stesso: «Avrò qualcosa da leggere in aereo».
«Nessuno lavora quanto lei», aggiunge il presidente rivolto a un Ratzinger sorridente e disteso che saluta l’ospite dicendo «prego per lei e per il suo lavoro» e gli regala, fuori programma, anche l’istruzione della congregazione per la dottrina della fede Dignitas personae, che riassume le posizioni della Chiesa cattolica su aborto, eutanasia, cellule staminali embrionali e altre temi caldi di bioetica.
«Sono proprio i problemi di cui abbiamo parlato», esclama Obama. Poco prima erano state presentate al pontefice anche una emozionatissima Michelle e, lontane dalle telecamere, le figlie Malia e Sasha e la suocera di Obama, Marian Robinson.
Il presidente lascia Roma e parte per il Ghana.
Barack e Benedetto sembrano entrati in sintonia. La lunghezza del colloquio, ben oltre la mezzora canonica, fa capire che fra i due il confronto è stato appassionato. C’era voglia di conoscersi e adesso il mondo sa che tra la Casa Bianca e la Santa Sede il rapporto può essere considerato forte. La giornata è stata importante non solo per i cattolici americani, un terzo della popolazione Usa, ma per l’umanità intera.

© Copyright Europa, 11 luglio 2009 consultabile online anche qui.

2 commenti:

Fabiola ha detto...

Due piccole note a margine, leggere ma nonn troppo.
Il titolo dell'articolo: irritante, almeno per me. Tra l'altro rieccheggia quello del Manifesto di oggi, "Benedetto Obama".
Mi chiedo quali commenti ci sarebbe toccato di leggere se la risposta "scherzosa": "la leggerò in aereo" (quasi il Papa gli avesse allungato un romanzetto"passatempo" anziché due testi del magistero della Chiesa) l'avesse data un altro leader, meno perfetto di Obama, magari con un cognomee che inizia per B.

euge ha detto...

La tua osservazione fabiola è giustissima. Ma Valli non può scrivere diversamente è più forte di lui. Lascia perdere.