sabato 11 luglio 2009
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Il direttore dell’Osservatore «Tra Papa e Usa feeling speciale»
«Le diversità ci sono ma colpisce la volontà di procedere assieme»
Vian: Obama ben consigliato, ora vediamo i fatti
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO
«La cosa che più colpisce, direi, è la volontà di procedere assieme, questa attenzione reciproca».
L’incontro tra Benedetto XVI e Barack Obama è finito da poco e Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, è l’ultimo a mostrarsi stupito del buon esito, «sì, in effetti mi pare sia andata molto bene... ».
Il quotidiano della Santa Sede, senza nascondersi le divergenze, è stato il primo a dissolvere le voci di «scontro» imminente tra il neoeletto presidente americano e Benedetto XVI.
«La posizione di Obama non mi sembra così radicale», diceva Vian. «È un uomo religioso...».
Eppure, direttore, c’era chi dubitava, no?
«Mah, forse lo scontro era auspicato per altri motivi, ragioni che nulla hanno a che fare con un’analisi dei fatti».
Quali fatti?
«Anzitutto, questa visita conferma i rapporti intensissimi tra Stati Uniti e Santa Sede da mezzo secolo a questa parte. Il primo incontro tra un Papa e un presidente americano fu esattamente 90 anni fa, quando Woodrow Wilson vide Benedetto XV. Poi nulla per quarant’anni. Ma dal ’59, quando si parlarono Eisenhower e Giovanni XXIII, ci sono stati 26 incontri».
Era inimmaginabile non si vedessero ora...
«Ovvio. I rapporti stanno a cuore ad entrambe le parti. Senza contare che Benedetto XVI ha nei confronti degli Usa un’attenzione simpatetica. Un feeling particolare. Ricordo la bellissima definizione che diede nel volo che lo portava in America: gli Stati Uniti sono un Paese laico per amore della religione ».
E Obama rispetta questa caratteristica?
«Parrebbe proprio di sì. Anche il dono che ha fatto al Papa è interessante: una stola di San Giovanni Neumann, nato il Boemia, il primo vescovo americano canonizzato. Lo hanno consigliato bene: una stola liturgica, e Benedetto XVI è molto attento alla liturgia».
La stessa abilità mostrata nel nominare come ambasciatore un teologo...
«Certo. Dopodiché, chiaro, speriamo seguano i fatti. Sappiamo che i punti di vista sui temi bioetici divergono, inutile nasconderlo, esistono anche diversità notevoli. L’auspicio è che l’amministrazione Usa sia aperta alle ragioni cattoliche perché sono ragioni anche laiche ».
In che senso?
«È importante che la posizione cattolica sulle questioni etiche non sia scambiata per una scelta di colore politico. È una preoccupazione per la difesa della persona umana e della vita: sostenuta da ragioni accessibili a tutti. Il terreno comune può essere dato proprio dalla vita, Benedetto XVI è convinto che basti una ragione non chiusa al trascendente, o almeno alle ragioni degli uomini di fede, perché si possa insieme difendere e promuovere la vita: non a caso, in perfetta continuità con Paolo VI e Giovanni Paolo II, ne parla anche nell’enciclica sociale: le politiche di pianificazione demografica forzata sono un freno allo sviluppo».
Del resto c’è sintonia sulla politica internazionale...
«E anche questo è evidente. Dal Medio Oriente all’Africa all’America latina, esistono interessi comuni, una convergenza notata anche da osservatori neutrali».
Morale?
«La strada è aperta, tutti speriamo di poterla percorrere assieme per il bene comune».
© Copyright Corriere della sera, 11 luglio 2009 consultabile online anche qui.
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