giovedì 23 luglio 2009

Don Bux e Don Vitiello: Sacerdoti o “funzionari”? (Fides)


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Sacerdoti o “funzionari”?

Città del Vaticano (Agenzia Fides)

In questo inizio dell’Anno Sacerdotale, inaugurato lo scorso 19 giugno in San Pietro, il Santo Padre Benedetto XVI, con l’affezione alla verità e la pacatezza piena d’amore che Gli sono proprie, sta indicando alcuni “fuochi” attorno ai quali deve concentrarsi l’attenzione dei sacerdoti e della dottrina.
Gli interventi di particolare rilievo, che sarebbe doveroso riprendere per entrare nello spirito autentico dell’Anno Sacerdotale (oltre all’Indizione risalente all’Allocuzione alla Plenaria del Clero, del 16 marzo 2009) sono la bellissima Lettera ai Sacerdoti, commovente per spirito, fede e bellezza, oltre che per la straordinaria affezione alla Chiesa che vi traspare, l’Omelia ai Vespri del 19 giugno e le due Catechesi durante le Udienze del mercoledì, del 24 giugno ed del 1 luglio.
In questo tempo, nel quale per molti sarà possibile dedicare qualche giorno al riposo, sarebbe interessante approfondire la lettura, almeno, di questi testi, per comprendere a che cosa siamo invitati dal Successore di Pietro, e dove il Suo sguardo è rivolto, in modo da poter anche noi, “guardare dove Lui guarda”.
Due sottolineature, per stimolare la lettura, paiono di straordinaria attualità ed efficacia. La prima riguarda l’immedesimazione del Sacerdote con il proprio ministero: in un tempo nel quale sembra di dover “soccombere” alla “frenesia pastorale”, che non di rado colpisce anche l’agire dei Sacerdoti, è proposto a modello San Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars, il quale si identificò totalmente con il proprio ministero, non vivendolo mai come una “sottrazione” a se stesso, ma come “l’altare del sacrificio di sé”, cioè il luogo dell’offerta della propria vita a Cristo, in obbedienza umile alle circostanze che il Signore stesso permette per la nostra santificazione.
È la vita dell’uomo nuovo, il quale, abbandonata ogni cosa per la perla trovata, è dimentico del passato, proteso verso il futuro, nella lieta speranza, che è certezza, che il Signore compirà il suo umano, nella misura in cui la libertà aderirà totalmente e rinnoverà il “sì” del primo istante. Tutta la promessa di Dio all’uomo e tutta la fecondità del ministero sacerdotale è, infatti, contenuta nel primo “sì!”.
Un'altra sottolineatura del Magistero in questo inizio di Anno Sacerdotale, è data dalla correzione, che, di fatto, il Santo Padre intenderebbe suggerire, alla contrapposizione “teologico-pastorale” tra sacerdozio ontologicamente inteso e servizio funzionalmente interpretato.
Molte volte ricorre, nei vari interventi pontifici, la terminologia classica di “configurazione ontologica” a Cristo. Pare di risentire verità di fede troppo spesso trascurate nei recenti trattati di sacramentaria o, come troppo spesso accade, di ecclesiologia; quasi che l’Ordine Sacro fosse non un sacramento, tra i Sette, ma un “super-ministero” all’interno di una Chiesa “tutta ministeriale”. Se tutto è grazia, nulla è grazia, e se tutto è “ministero” nulla è ministero.
La prospettiva ontologica, certamente, ha ricordato Benedetto XVI, non esclude quella del servizio, ma ne indica oggettivamente la causa: il Sacerdote è radicalmente al servizio degli uomini, perché è al servizio di Dio, ed è tale “cambiamento ontologico”, che riguarda quindi l’essere del ministro, che ne garantisce l’efficacia dell’agire, la fecondità del ministero e, dato non indifferente, la realizzazione umana, se docilmente accolta, consapevolmente assunta e, nell’umiltà di chi sa di dover custodire un tesoro affidato, fieramente difesa. Poniamoci, in questo tempo estivo, in attento ascolto del Magistero di Benedetto XVI, che guarda lontano e invita, nella semplicità, a guardare con lui a Cristo.

© Copyright (Agenzia Fides 23/7/2009; righe 40, parole 559)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo che vada chiarito il senso della "configurazione ontologica" dei sacerdoti a Cristo Sommo ed eterno Sacerdote. Tale configurazione non consiste soprattuto nel celibato. Altrimenti i confratelli sacerdoti uxorati cattolici di rito bizantino sarebbero dicriminati, quasi apparterrebbero ad un sacerdozio di serie B, che non esprime la "configurazione ontologica". Ed è lungi dalla mente di Benedetto XVI, credo, dare questa impressone. Ma la "configurazione ontologica" consiste soprattutto nella regina delle virtù "che non avrà mai fine": la carità; o come viene chiamata per noi presbiteri: la carità pastorale. "Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi".
d. Pietro Taffari.