mercoledì 11 marzo 2009

Ecco la lettera con cui Benedetto XVI spiega tutto sui Lefebvriani (anticipazione de "Il Foglio")


Vedi anche:

Prima della lettura dell'anticipazione del Foglio...

Lefebvriani, lettera del Papa ai vescovi di tutto il mondo (Agi)

Caso Williamson, in arrivo una lettera umile e forte del Papa (Tornielli e Rodari)

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Conferenza stampa di presentazione della visita del Papa in Africa (Sir)

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Clamoroso dietrofront del nunzio in Svizzera (che aveva deplorato gli errori della curia romana)

Mauro Gagliardi: La centralità del Crocifisso nella celebrazione liturgica (Osservatore Romano)

Il Papa: "Vivendo a Roma da tantissimi anni, ormai sono diventato un po’ romano; ma più romano mi sento come vostro Vescovo"

Editoriale dell'Abbé Alain Lorans (Lefebvriani): traduzione in italiano

BENEDETTO XVI REVOCA LA SCOMUNICA AI VESCOVI LEFEBVRIANI: LO SPECIALE DEL BLOG

Ringraziamo di cuore "Il Foglio", edizione online, per avere pubblicato per esteso il testo dell'anticipazione della lettera del Santo Padre.
Leggiamo, prendiamoci un po' di tempo (c'e' anche l'udienza) e poi riflettiamo:


Contrattacco Benedetto

Ecco la lettera con cui B-XVI spiega tutto sui lefebvriani

Le parole del Papa sulle “stonature” e gli “sbagli” nella revoca della scomunica

Con una mossa a sorpresa, umile e allo stesso tempo forte, Benedetto XVI ha deciso di spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani che ha suscitato non poche polemiche.
Lo ha fatto con una lettera autografa rivolta a tutti i vescovi del mondo che verrà resa nota presto, forse già domani.
Una lettera accorata e ferma in cui il Pontefice spiega il vero significato del suo gesto, ne ribadisce la necessità e l’urgenza inquadrandola nella priorità “suprema e fondamentale” della sua missione di successore di Pietro, non senza ammettere gli errori commessi nella gestione di tutta l’affaire. Una “parola chiarificatrice”, insomma, che ha come obiettivo dichiarato quello di “contribuire in questo modo alla pace nella chiesa”.

Cominciamo dagli “sbagli” riconosciuti.

Sono essenzialmente due: la Santa Sede non si è accorta che tramite “Internet” si poteva venire a conoscenza delle dichiarazioni negazioniste di Williamson che invece si sono sovrapposte in modo “imprevedibile” alla remissione della scomunica, provocando un corto circuito mediatico che ha fatto travisare l’intera vicenda.

D’ora in poi, è la conclusione, il Vaticano dovrà prestare più attenzione a Internet come fonte di informazioni. Il secondo “sbaglio” nella gestione della vicenda è stato quello di un modo “non sufficientemente chiaro” di illustrare la remissione della scomunica.

Benedetto XVI spiega che la revoca della scomunica è personale, riguarda i quattro vescovi, e non implica il riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X che potrà avvenire solo dopo un suo riallineamento dottrinale, con tanto di accettazione del Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.

A questo proposito il Papa fa un annuncio importante.

Siccome la questione è dottrinale, la pontificia Commissione Ecclesia Dei, che segue le pratiche dei lefebvriani che vogliono rientrare pienamente in comunione con Roma, sarà collegata alla Congregazione per la dottrina della fede, in modo tale che per queste pratiche ci sia anche un coinvolgimento dei prefetti delle altre Congregazioni vaticane e dei rappresentanti dell’episcopato mondiale che partecipano al lavoro collegiale dell’ex Sant’Uffizio.
Riguardo al Vaticano II Papa Ratzinger è chiaro: i lefebvriani non possono pretendere di “congelare” l’autorità magisteriale della chiesa al 1962, ma d’altra parte coloro che si proclamano “grandi difensori del Concilio” devono comprendere che il Vaticano II porta con sé “l’intera storia dottrinale della chiesa”.

A questo punto il Papa nella sua lettera affronta forse la domanda più delicata: ma era proprio necessaria questa revoca? Era una priorità reale?

Su questo punto Benedetto XVI non mostra tentennamenti. Il Pontefice sa bene che una certa pubblicistica era interessata a suggerire che la questione lefebvriana fosse una sua maniacale fissazione personale. Ma il Papa non vuole polemizzare e ribadisce, con assoluta disinvoltura, che fin dagli inizi il suo pontificato ha voluto avere come priorità assoluta quella stabilita da Gesù per il Successore di Pietro, e cioè “rendere Dio presente a questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”, in un mondo in cui “Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini”.
Questa “priorità suprema” per Benedetto XVI ha come logica conseguenza che si debba “avere a cuore l’unità dei credenti”, e quindi anche l’ecumenismo. E’ alla luce di questa vera priorità che – spiega il Papa – trovano posto anche “le riconciliazioni piccole e medie” come quella in corso d’opera con i lefebvriani.

Un tentativo di riconciliazione che riguarda una realtà – ricorda il Papa – estesa a migliaia di fedeli e soprattutto a 491 sacerdoti: “Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità?”. Benedetto XVI si mostra cosciente che dai lefebvriani si sono sentite “molte cose stonate”, frutto di superbia e fissazioni unilateraliste; ma allo stesso tempo ammette che “qualche stonatura” si è sentita anche dentro la chiesa: “A volte – conclude con una punta di amarezza – si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

© Copyright Il Foglio, 11 marzo 2009 consultabile online anche qui.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Aggiornamento sul Blog di Tornielli:
Caso Williamson, la lettera umile e forte di Benedetto XVI
Alessia

Anonimo ha detto...

A volte – conclude con una punta di amarezza – si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

Questa cosa è verissima e io l'ho sempre pensata indipendentemente da questa vicenda.

Antonio

Syriacus ha detto...

Segnalo: http://cathcon.blogspot.com/2009/03/important-interview-with-cardinal.html


Molto interessante.

Anonimo ha detto...

“Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco"
"... in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

Il Santo Padre è capace di dire cose tremende con una dolcezza straordinaria.
Ma noi ci stiamo rendendo conto di cosa sta confermando pubblicamente il Santo Padre?

che
"anche cattolici hanno pensato di doverlo colpire"
"con un'ostilità pronta all'attacco"
"senza tolleranza"
"con odio"
"senza timore e riserbo".

Esiste un precedente nei tempi moderni di un attacco infraecclesiale al Pontefice di tale portata da dover intervenire lui stesso a denunciarlo e a difendersi pubblicamente?

E' un momento terribile per la Santa Chiesa di Dio. Preghiamo, preghiamo, preghiamo e stiamo sempre più stretti al Papa che significa stare stretti a Cristo, che, come ci ha ricordato stamattina il Santo Padre, resta sempre con noi.
Non prevalebunt.

Buona Quaresima a tutti. Offriamo anche queste croci.

Raffaella ha detto...

Credo che sia la prima volta che un Papa apre cosi' il suo cuore.
L'aveva gia' fatto in un certo modo nella lettera di accompagnamento al motu proprio Summorum Pontificum, ma qui siamo di fronte ad un documento storico di portata universale.
La frase del Papa che Sam ha ricordato mi colpisce in modo molto duro.
Mi colpisce pero' anche il fatto che il Santo Padre prende atto della situazione senza scagliarsi contro questo o quel vescovo.
Il suo compito e' unire, non dividere, ma questa unita' si realizza dicendo la verita'.
Per questo gli siamo tutti profondamente grati.
R.

Anonimo ha detto...

Scusa Raffaella, non lo trovavo più e visto che prima lo avevo tagliato e incollato l'ho copiato nell'altro post.Se non l'hai ancora messo, ignoralo.

Concordo con te Raffaella cara.
Il Santo Padre dice le cose che ha subito con sincerità totale e tuttavia il suo tono è pieno di tristezza e di misericordia, che invita all'unità e all'amore e spazza via nel cuore di chi lo ascolta ogni rabbia, anche se non ogni preoccupazione.

euge ha detto...

Carissimi amici del blog, leggendo questo stralcio di lettera, anch'io mi sono sentita colpita nel profondo da queste parole che sinceramente non nascondono l'amarezza di aver verificato che tra cristiani ci siano ancora molti che non riescono a guardare più il la del loro egoismo e dei loro pregiudizi.
Mi rattrista anche il fatto, che sia dovuto intervenire il Papa personalmente, per giustificare ancora una volta, coloro che hanno trattato in maniera pedestre tutta la complicata faccenda deella revoca della scomunica; mentre, se avessero avuto veramente fegato e rispetto per il Pontefice al quale hanno giurato di essere fedeli, avrebbero dovuto loro metterci la faccia in prima persona e prendersi la loro parte di responsabilità.
E' avvilente lavorare con certe cariole ogni giorno ma, noi sappiamo che Benedetto XVI, sa affrontare tutto con coraggio, fermezza e preparazione. Tutte qualità che i suoi collaboratori si sognano soltanto di avere.

Anonimo ha detto...

Il problema sta nella Chiesa, o meglio in certe "comunità ecclesiali".
Anch'io a volte mi sono trovato in disaccordo con certe posizioni, magari di Conferenze Episcopali o di singoli vescovi, ma mi sono imposto una regola: "ubi Petrus, ibi ecclesia".
Il Papa non si tocca.
E una volta ancora questo Papa ha dimostrato la sua saggezza, indicando la presenza dell'errore in più direzioni: l'errore di chi rifiuta il Vaticano II in nome della Tradizione (in cui è radicato dal momento in cui i documenti sono stati promulgati [ma da chi? guarda un po': dal Papa di allora]), e quello opposto di chi in nome del Concilio vorrebbe scaricare la Tradizione (ma è meglio chiamarla depositum fidei, che forse rende meglio l'idea di un tesoro che si accumula di generazione in generazione, lasciando qualcosa di più e di nuovo).
Come diceva l'antica preghiera, che più di uno ha ricordato in questo ottimo blog:
"Oremus pro Pontifice nostro... Dominus conservet eum... et non tradat eum in animam inimicorum eius".
I nemici purtroppo ci sono, fuori e dentro la Chiesa.
Preghiamo tanto, come anche il Papa stesso chiede con insistenza.