lunedì 1 giugno 2009

Il Papa torna bambino e si stupisce: «Non so perché Dio ha scelto me» (Tornielli)


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L’INCONTRO CON I GIOVANI

Il Papa torna bambino e si stupisce
«Non so perché Dio ha scelto me»


Non solo un teologo intransigente. Ieri Ratzinger ha mostrato il suo lato più tenero: «Sono ancora sorpreso per quel che mi è accaduto, ma lo accetto»

Andrea Tornielli

Roma «Non avrei mai pensato di diventare Papa e ancora oggi ho difficoltà a capire come il Signore abbia potuto pensare a me…». Benedetto XVI è circondato dalla rumorosa simpatia di settemila bambini dell’Opera per l’infanzia missionaria. Sono accompagnati dal cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.
Tre di loro rivolgono delle domande al Papa, che risponde a braccio, con candore e semplicità, parlando della sua vita da bambino in Baviera.
È da poco passato mezzogiorno quando Letizia rivolge a Ratzinger la domanda: «Avresti mai pensato di diventare Papa?».
«A dire la verità - risponde Benedetto XVI - non avrei mai pensato di diventare Papa, perché sono stato un ragazzo abbastanza ingenuo in un piccolo paese molto lontano dai centri, nella provincia dimenticata.
Eravamo felici di essere in questa provincia e non pensavamo ad altre cose».
«Naturalmente abbiamo conosciuto, venerato e amato il Papa - era Pio XI -ma per noi era a un’altezza irraggiungibile - spiega Ratzinger - un altro mondo quasi: un nostro padre ma tuttavia una realtà molto superiore a tutti noi».
Poi un passaggio che dice molto di come Benedetto XVI concepisca il suo ruolo: «Devo dire che ancora oggi ho difficoltà a capire come il Signore abbia potuto pensare a me, destinare me a questo ministero.
Ma lo accetto dalle sue mani, anche se è una cosa sorprendente e mi sembra molto oltre le mie forze.
Ma il Signore mi aiuta».
Parole che confermano la sensazione che si avverte quando il Papa si ritrova di fronte alle grandi folle che lo acclamano, apparendo ogni volta stupito che quelle persone siano lì per lui.
Se Joseph Ratzinger da bambino non avrebbe mai immaginato di vestire i panni del successore di Pietro, è vero che subito dopo la cresima, che gli venne impartita dal grande arcivescovo di Monaco Michael Faulhaber,pensò di fare il cardinale, pronto però a cambiare subito idea e indirizzarsi a tutt’altra professione.
Come ha raccontato il fratello del pontefice, monsignore Georg Ratzinger al Giornale nell’intervista pubblicata lo scorso settembre: «Ne era rimasto impressionato e aveva detto che sarebbe voluto diventare anche lui cardinale.
Ma, solo qualche giorno dopo quell’incontro, osservando il pittore che tinteggiava i muri di casa nostra, disse anche che da grande avrebbe voluto fare l’imbianchino…».
Un’altra domanda rivolta a Benedetto XVI è stata quella della dodicenne calabrese Anna Filippone, che gli ha chiesto come «vivere senza litigare» e di farlo «nel nome di Gesù».
Rispondendo ilPapa ha tratto anche in questo caso esempio dalla sua infanzia, raccontando di come la sua famiglia, proveniente da un altro paese della Baviera, si era bene integrata.
«Ho vissuto gli anni della scuola elementare in un piccolo paese di 400 abitanti, molto lontano dai grandi centri. Eravamo quindi un po’ ingenui e in questo paese c’erano, da una parte, agricoltori molto ricchi e anche altri meno ricchi ma benestanti, e, dall'altra, poveri impiegati, artigiani. La nostra famiglia poco prima dell’inizio della scuola elementare era arrivata in questo paese daunaltro paese quindi eravamo un po’ stranieri per loro, anche il dialetto era diverso. In questa scuola, quindi, si riflettevano situazioni sociali molto diverse. Vi era tuttavia una bella comunione tra di noi. Mi hanno insegnato il loro dialetto, che io non conoscevo ancora».
Poi Benedetto XVI parla delle liti tra ragazzi. «Abbiamo collaborato bene e, devo dire, qualche volta naturalmente anche litigato, ma dopo ci siamo riconciliati e abbiamo dimenticato quanto era avvenuto.
Questo mi sembra importante.
Qualche volta nella vita umana sembra inevitabile litigare; ma importante resta, comunque, l'arte di riconciliarsi, il perdono, il ricominciare di nuovo e non lasciare amarezza nell’anima».
«Non eravamo santi - ha concluso il pontefice -abbiamo avuto i nostri litigi, ma tuttavia c'era una bella comunione, dove le distinzioni tra ricchi e poveri, tra intelligenti e meno intelligenti non contavano. Era la comunione con Gesù nel cammino della fede comune e nella responsabilità comune, nei giochi, nel lavoro comune. Abbiamo trovato la capacità di vivere insieme, di essere amici, e benché dal 1937, cioè da più di settant’anni, non sia più stato in quel paese, siamo restati ancora amici.
Quindi abbiamo imparato ad accettarci l’un l’altro, a portare il peso l’uno dell’altro.
Questo mi sembra importante: nonostante le nostre debolezze ci accettiamo e con Gesù Cristo, con la Chiesa troviamo insieme la strada della pace e impariamo a vivere bene».

© Copyright Il Giornale, 31 maggio 2009

Bellissimo commento :-))
R.

1 commento:

euge ha detto...

GRAZIE ANDREA TORNIELLI :-))