martedì 30 giugno 2009

In attesa della “Caritas in veritate” (Stefano Fontana)


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ENCICLICA - Sostenibilità evangelica

In attesa della “Caritas in veritate”

Stefano Fontana

Lunedì 29 giugno Benedetto XVI ha firmato la nuova enciclica sociale – la terza del suo pontificato – dal titolo “Caritas in veritate”.
Si rimane in attesa della presentazione dell’enciclica in Sala Stampa nei prossimi giorni, da parte del Presidente e del Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, rispettivamente il cardinale Martino e il vescovo Crepaldi, che hanno particolarmente coadiuvato il papa per la stesura di questo importante documento.
Parlando ai fedeli all’Angelus di lunedì scorso, il papa stesso ha ricordato l’evento della firma della nuova enciclica, invitando a pregare perché essa possa suscitare energie nuove a sostegno, ha detto, dello “sviluppo sostenibile”.
E’ probabile che questo aggettivo adoperato da Benedetto XVI – “sostenibile” – possa venire frainteso e suscitare così false aspettative sull’enciclica.
La sostenibilità di cui parla Benedetto XVI non è solo - né in primo luogo – quella ambientale, come spesso oggi si intende dire quando si adopera il termine sostenibilità. Egli nell’enciclica parlerà soprattutto della sostenibilità umana dello sviluppo e, anche, della sostenibilità evangelica. Anche nelle parole pronunciate all’Angelus di lunedì, Benedetto XVI ha ripetuto quello che dice da sempre: non c’è sviluppo se non umano e non c’è sviluppo umano senza la luce del Vangelo. Parlando infatti della chiusura dell’anno paolino, Benedetto XVI ha esortato a «rimanere fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma -, ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio (cfr Rm 12,2)». Gli organi di stampa aspettano l’uscita dell’enciclica per soppesare come il papa valuterà la crisi finanziaria in corso, ma il vero senso dell’enciclica sarà di riproporre la necessità pubblica della luce evangelica per capire e promuovere il vero sviluppo. Sviluppo “sostenibile” dall’uomo, quindi sviluppo umano. Lo sviluppo, infatti, o è umano o non è sviluppo.
Da questa luce il papa trarrà, come ha detto sempre all’Angelus di lunedì, alcune riflessioni in ricordo della Populorum Progresso di Paolo VI, scritta nel lontano 1967. La “Caritas in veritate”, infatti, era originariamente stata concepita come commemorativa dei 40 anni della Populorum progressio, ossia dell’enciclica che per prima parlò dello sviluppo dei popoli, dilatando la “questione sociale” a livello mondiale. La elaborazione del testo della nuova enciclica ha richiesto più tempo del previsto, per cui essa non è potuta uscire nel 2007.
Mantiene però ugualmente la struttura della commemorazione e dell’aggiornamento della Populorum progressio. E che criteri adopererà per realizzare questa attualizzazione? Sempre all’Angelus di lunedì scorso il papa ci ha detto che lo farà “alla luce della carità nella verità”, come del resto dice anche il titolo della nuova enciclica.
Si noti che la prospettiva è piuttosto originale. Nella Lettera agli Efesini, Paolo dice che si deve fare la “verità nella carità” (anche se nella prima ai Corinti dice che la carità “si compiace della verità”). Il papa invece ha qui scambiato i termini. Egli non vuole certo negare l’importanza della carità – ha scritto un’enciclica per dire che Deus caritas est – ma richiamarci al fatto che l’amore del prossimo è autentico amore quando lo rispetta nel suo essere, nelle sue profonde esigenze umane e dentro il progetto di Dio. Viceversa l’amore si riduce a sentimento, la carità a interessata assistenza e gli aiuti a chi è nel bisogno diventano preda di logiche scorrette e scomposte. Questo vale anche nelle varie forme di aiuto a chi è ancora indietro nel progresso: di fatto non si aiutano i paesi poveri se non si rispetta la verità delle regole economiche, se non si tiene conto di come vengono gestiti gli aiuti, se non si promuove lo sviluppo in tutta la verità delle sue forme e non solo in quelle materiali. Del resto la verità dello sviluppo pone molte domande inquietanti anche ai paesi ricchi e progrediti, perché il loro “supersviluppo” spesso non è vero sviluppo.
Non deve passare inosservato che se la carità è autentica solo nella verità, allora la carità cristiana può vantare una pretesa pubblica, in quanto promuove la vera umanità, rispetta le esigenze della ragione comune a tutti gli uomini, non si qualifica come un atteggiamento sentimentale ma come una proposta di umanizzazione delle relazioni sociali. Se la carità è radicata nella verità, allora può essere comunicata e fatta oggetto di dibattito razionale pubblico. Il titolo è quindi molto “ratzingeriano” ed esprime ancora una volta la convinzione che il cristianesimo è la religione “dal volto umano”.
Credo che la nuova enciclica di Benedetto XVI, proprio perché proporrà una carità dentro la verità, eliminerà molti luoghi comuni sullo sviluppo, metterà in evidenza le molte nuove ideologie che pesano anche oggi sullo sviluppo – dal terzomondismo che rimane ancora legato alla obsoleta contrapposizione Nord-Sud, all’ecologismo che condanna le “colpe” contro la natura e parla di “diritti della natura” mentre sia le colpe che i diritti riguardano solo l’uomo, alla decrescita che testimonia una scarsa fiducia nell’uomo - e proporrà la sapienza che deriva dal realismo cristiano. Alla Chiesa sta a cuore l’uomo, l’uomo concreto, peccatore e giusto, ossia l’uomo vero.

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