venerdì 3 luglio 2009

Mons. Bruguès sulla pastorale delle vocazioni: Il sacerdozio esige senso del dovere e spirito di sacrificio (Osservatore Romano)


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L'arcivescovo Bruguès sulla pastorale delle vocazioni

Il sacerdozio esige senso del dovere e spirito di sacrificio

di Gianluca Biccini

"Le società moderne sono diventate allergiche ai concetti di dovere e spirito di sacrificio", due nozioni che invece da sempre "appartengono al patrimonio comune di tutte le grandi religioni".
Hanno preso spunto da questa premessa le riflessioni che l'arcivescovo Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, ha offerto giovedì sera, 2 luglio, ai partecipanti all'incontro annuale del Servizio europeo per le vocazioni, in corso a Roma.
All'appuntamento, che culmina sabato 4 con l'udienza di Benedetto XVI, intervengono i responsabili per le vocazioni delle Conferenze episcopali d'Europa, coordinati dal vescovo polacco Wojciech Polak. L'organismo - che esiste a livello informale da una ventina d'anni e ha la propria magna charta nel documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, svoltosi a Roma nel 1997 - è stato approvato nel 1999.
Le giornate, scandite da momenti di preghiera e da celebrazioni comuni, hanno per tema ""Seminatori del Vangelo della vocazione": una Parola che chiama e che invia". E proprio all'icona biblica del seminatore, che consente di tracciare itinerari concreti di pastorale vocazionale, ha fatto riferimento monsignor Bruguès durante la messa a chiusura della prima sessione. Un'omelia incentrata su tre idee-guida: il richiamo, nel contesto generale delle vocazioni del popolo di Dio, al fatto che ogni vocazione è sempre particolare e personalizzata. Ciò significa - ha spiegato - che gli animatori del settore devono sottolineare la dignità personale di ogni vocazione. "Abramo è solo Abramo e nessun altro quando viene chiamato da Dio".
Per il secondo aspetto il presule francese ha parlato dell'episodio evangelico della guarigione del paralitico. "Cristo - ha puntualizzato - gli restituisce un'integrità esteriore, ma anche interiore". Ciò significa che le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono "chiamate a essere veramente noi stessi. Il Signore ci conosce meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi - ha suggerito il vescovo domenicano - e ci invita a trovare i veri e autentici noi stessi".
Infine: "Non si può realizzare il piano di Dio se non attraverso il sacrificio". In un tempo che tende a rimuovere questo termine, se non a considerarlo "sospetto", il sacrificio diviene "luogo di scambio dove avviene l'incontro tra il divino e l'umano. Il sacrificio è il mezzo particolare per il quale offriamo al Signore la nostra libertà personale e riceviamo in cambio tutta la forza di Dio".
Da qui la conclusione: "Non è un caso che il Papa abbia scelto per iniziare l'Anno sacerdotale la festa più sacrificale che c'è: quella del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Ora auspichiamo che da questo anno il Popolo di Dio possa riscoprire il gusto, il sapore e anche il posto giusto del sacerdozio". Quindi, richiamando la propria appartenenza all'Ordine dei predicatori, ha confidato ai presenti un sogno: quello che dopo l'Anno sacerdotale venga indetto un Anno della vita consacrata.
Stamane, venerdì 3, è stato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Mariano Crociata, a presiedere l'Eucaristia.
"L'incontro con la nostra personale chiamata - ha detto - non avviene in uno spazio disincarnato e spiritualistico, come di fronte a un Dio solamente interiore". Al contrario "si compie nell'orizzonte di fede delineato dalla vita e dalla esperienza della Chiesa". Per il presule infatti c'è sempre "una mutua implicazione tra vocazione e Chiesa". Per questo "vocazione ed esperienza ecclesiale non si possono confondere e tuttavia si richiedono l'una con l'altra".
Relazioni e testimonianze di taglio biblico e pedagogico-pastorale stanno caratterizzando i lavori, apertisi con l'intervento della biblista Rosanna Virgili su "Vangelo della vocazione e le dinamiche della chiamata e della risposta". Da questi primi interventi emerge come la nuova situazione culturale dell'Europa richieda un nuovo modo di pensare alle vocazioni: Gesù, per esempio, all'inizio del proprio ministero scelse i suoi discepoli non tra i dottori della legge ma tra semplici pescatori, che divennero "pescatori di uomini".

(©L'Osservatore Romano - 4 luglio 2009)

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