venerdì 3 luglio 2009

Il vescovo di Assisi deve per forza essere masochista? (Lucetta Scaraffia)


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Il vescovo di Assisi deve per forza essere masochista?

di Lucetta Scaraffia

Il comico Nobel si inventa uno scandalo che non esiste sugli affreschi di Giotto. Bisognava proprio dargli come piedistallo il sagrato della Basilica per attaccare la Chiesa?

La decisione del vescovo di Assisi di non permettere a Dario Fo di tenere sul sagrato della basilica di San Francesco il suo spettacolo "Giotto o non Giotto?" - definito, tanto per cambiare, «dissacrante» - non mi sembra sbagliata, né tanto meno esempio di «retrivo conservatorismo culturale» come ha sentenziato il premio Nobel.
Nessuno vuol mettere in dubbio che la questione dell'attribuzione degli affreschi è aperta, e proprio i lavori per il restauro dopo il terremoto hanno portato a nuove ipotesi, nonostante l'indubbio valore storico dell'attribuzione a Giotto del Vasari. La storia dell'arte e la storia sono discipline scientifiche, che avanzano nella ricerca e possono portare a nuove verità che, in ogni modo, non sono da temersi: né la bellezza e l'importanza degli affreschi, né lo spessore della vicenda umana che viene narrata, la vita di Francesco, sono in dubbio, e tanto meno il suo straordinario modello di santità.
Non solo la tradizione francescana non ha nulla da temere, ma neppure l'azienda del turismo di Assisi, e il vescovo lo sa benissimo. Però può ragionevolmente infastidire le autorità religiose che un vecchio commediante costruisca uno scandalo inesistente sulla questione, ancora aperta e dibattuta, dell'attribuzione giottesca, e lo usi come arma contro la Chiesa cattolica, per dipingerla come al solito oscurantista e retriva. Inventarsi che l'istituzione ecclesiastica tiene nascosto il problema dell'attribuzione per continuare a esercitare potere e accumulare guadagni - sono sempre queste le accuse - è veramente ridicolo: sono usciti libri, si è parlato sui media specializzati del problema, e la ricerca è ancora in corso. I turisti che vogliono appassionarsi alla vicenda possono farlo, per gli altri può essere più piacevole e facile pensare che l'autore è Giotto, senza fare troppe storie. Questo non impedirà certo loro di godere della bellezza dell'opera e di riflettere sul santo di Assisi, che è il vero motivo per cui si sono recati lì.
Ma perché dare, proprio lì, un piedistallo a un comico che cerca solo di fare notizia contundendo la Chiesa, come del resto ha sempre fatto?
Perché proprio il vescovo gli doveva aprire porte e fare ponti d'oro? Non sarebbe stato veramente masochista un simile comportamento?
Piuttosto, il caso di Dario Fo solleva un problema vero, che non è quello dell'attribuzione giottesca, ma piuttosto quello di una deriva culturale che mi sembra soprattutto italiana: quella della moda culturale dello "smascheramento" di istituzioni o persone cui si attribuisce un immenso potere, naturalmente gestito male, solo per poterglielo contestare con rozze ma spesso efficaci accuse.
Non solo i nostri autori ora più venduti sono due smascheratori di professione, Saviano e Travaglio, ma a questo mito dello smascheramento sono dedicati a getto continuo pamphlet spesso fortunati, tanto da essere diventati un vero e proprio genere, appetito dagli editori.
Lo vediamo perfino negli autogrill: dove, fra il bar e la cassa, troviamo spesso un espositore di libri - si suppone di largo consumo, cioè passibili di essere acquistati da persone che non sono certo entrate per comprarsi un libro - in cui questo tipo di testi è dominante.
Qui i libri tendenti allo scandalistico prevalgono, alternati al solito Dan Brown: almeno quattro o cinque (tra l'altro con titoli molto simili), naturalmente, sono dedicati alla Chiesa cattolica, come "Vaticano SPA"; "Il libro che la tua Chiesa non ti farebbe mai leggere"; "La santa casta della Chiesa"; "Il Vangelo che la tua Chiesa non ti farebbe mai leggere". Spesso in copertina appaiono brani di recensioni favorevoli di grandi "dissacratori" anticlericali come Augias, e comunque il messaggio è sempre lo stesso: la Chiesa, avida di denaro e potere, ti inganna, e noi ti riveliamo la verità, esattamente come Dario Fo. È curioso che, davanti a questa "coraggiosa" serie di libelli, svaniscano dubbi e relativismi, cautele culturali e bisogno di verifiche: l'unica cosa che conta è attaccare il cattolicesimo, ed è il fine che pretende di nobilitare il genere, non certo l'accuratezza o la veridicità del contenuto.
Fa riflettere che un Paese come il nostro continui a considerare testi di divulgazione culturale dei prodotti grossolanamente anticlericali, che confondono la cultura con il mito dello smascheramento a tutti i costi, per di più ammantato di finto coraggio. E questo in tempi non facili, quando vorremmo riflettere sui nostri problemi con profondità e attenzione vera, e magari ammirare in pace gli affreschi di Assisi, senza trasformarli in un finto scandalo per poterli consumare mediaticamente. Il meraviglioso blu in cui si muove il fraticello di Assisi non ha bisogno certo di questo per parlare alla nostra mente e al nostro cuore, ed è proprio questa la vera cultura.

© Copyright Il Riformista, 2 luglio 2009

Concordo al cento per cento con Lucetta Scaraffia!
E' la stessa storia: Prometeo ed Epimeteo...

R.

2 commenti:

don Marco (letterato) ha detto...

a quel signore han dato il premio Nobel per la letteratura, mi domando quale??
Onestamente non me lo immagino accanto a Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Pirandello ecc. ecc.
Qualcuno dice che dovremmo essere orgogliosi, ma de che? Di un giullare di ultima categoria?
Lo siano pure, io me ne vergogno, ma si sa l'Italia produce questo, non è colpa sua.

gemma ha detto...

è risaputo che quando in un contesto culturale domina una data "casta" tutti i premi è più facile che vadano in quella direzione (probabilmente se li danno fra loro). Oggi in Europa sappiamo benissimo quale sia l'orientamento culturale dominante, lo stesso che conferisce i nobel, e non ruota attorno al mondo cattolico e nemmeno attorno alla "casta" vaticana, che invece troviamo "esposta" solo per i ptesunti vizi e mai per eventuali virtù, su tutti i banchetti di tutte le librerie. Come il Gesù: la parola d'ordine pare quella di divulgare al massimo quello di Augias, giammai quello di Ratzinger, il Gesù del "potere forte", che non si trova mai esposto, nemmeno in unica copia. Strano potere...
Peccato che le colpe della chiesa paiano ricadere tutte su questo pontificato, ancora così breve e...mi fermo qui