giovedì 2 luglio 2009

Fede adulta, uno slogan vuoto per il "fai da te" (Volontè)


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Il Papa chiude l'Anno Paolino: La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso...E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta” (Monumentale omelia del Santo Padre)

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FEDE ADULTA, UNO SLOGAN VUOTO PER IL "FAI DA TE"

Luca Volontè

Fede adulta? ”Negli ultimi decenni è diventato uno slogan diffuso”, ha detto Benedetto XVI nell’omelia conclusiva dell’Anno Paolino,”...lo si intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non do più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol e non vuol credere”. Uno slogan vuoto di una fede ‘fai da te’.
Ha fatto bene il Papa a ribadire l’evidenza di un atteggiamento, talvolta nascosto in interpretazioni algoritmiche delle encicliche sociali, schermato altre volte dall’invocazione della ’coscienza’ e, purtroppo, tanto spesso ‘giustificato’ da sacre tonache. Fermiamoci qui, perché la meravigliosa scoperta dei resti di San Paolo ci spinge a unire provvidenzialmente le parole sulla ‘fede adulta’ di taluni ciarlatani e l’adulto nella fede Paolo. Basterebbe riflettere sulla realtà, ma purtroppo nel nostro tempo le cose più evidenti vengono di proposito schermate da ‘teorie e salvacondotti artificiali’.
L’adulto Paolo era ed è rimasto sempre indissolubilmente legato da amicizia, rispetto e sequela a Pietro. Nonostante lo straordinario incontro con Cristo della conversione, Paolo non solo frequenta la comunità originaria e apostolica di Gerusalemme, ma vive in piena comunione e costante riferimento a Pietro. Vale al pena ripetere che Paolo è adulto nella fede proprio perché ha ‘coltivato’ la vigna a partire dal Maestro in Cielo e secondo la sequela della di Pietro.Purtroppo questa evidenza naturale si dev’essere persa, annebbiata grandemente se anche nei giorni scorsi, il Papa è dovuto tornare sulla vocazione al sacerdozio. Non possiamo ingenuamente pensare che sia dovuta alla casualità, la ripresa delle polemiche sconfusionate ma appariscenti contro la ‘coerenza della Chiesa’, sulle ‘trame in vista del prossimo conclave’, sullo Ior.
Dietro ci sono interessi politici di chiara difesa o giustificazione delle incoerenze di taluni, a ciò si assommi un rigurgito di ‘esoterismo’ di taluni sparuti grembiulini rimasti al Risorgimento, ma anche una impressionante mai sopita vanagloria di mischiare la Chiesa con le peggiori depravazioni sessuali, l’ingorda cupidigia, la lotta di potere. Lo diceva già T.S.Eliot, all’inizio del secolo scorso, quanto questi tre demoni fossero la causa del ‘progredire sempre più indietro’ del secolo XX, non sono ancora sconfitti in quest’inizio del XXI.
Già Paolo VI parlava del fumo di Satana penetrato nella Chiesa, ma oggi non senti nemmeno un prete di campagna che insegni della terribile e reale presenza del Principe del Male. E’ quindi chiarissimo e logico legare la ridicola ‘fede adulta del fai da te religioso’ con la evidenza dell’indissolubile unione di Paolo con Pietro. Sì, ancora una volta dopo la sua splendida e partecipata omelia per l’apertura dell’anno per il clero, in onore del Santo Curato d’Ars e sotto la protezione speciale di Padre Pio, il Papa deve ripetere con ferma dolcezza, quanto il legame a Cristo e l’amore a lui e alla Chiesa siano la sorgente della missione sacerdotale.
Non le autorevoli (per nomina ed abito) paturnie senili sul matrimonio dei sacerdoti (solo la mala fede può far dimenticare che il matrimonio sacerdotale è uno degli obiettivi da sempre della pseudo cultura derivante dalla rivoluzione sessuale sessantottina, molte associazioni libertarie o dedite alle politiche di aborti contraccettivi hanno più volte insistito su questo punto) sta al centro del desiderio di una sacerdote, ma la domanda di come appartenere meglio, più imitare adeguatamente la figura evangelizzatrice di Paolo e la sua sequela di Pietro. “Signore fammi tuo!”, diceva il Santo curato, non certo:”Signore dammi una moglie!”.Talmente evidente che appare incomprensibile a molti, questi tali con le loro semplici richieste, vengano essi dall’Austria o dal ‘milanese’, si giudicano da soli, sono loro stessi testimoni della distanza che li separa dall’essere innamorati solo e totalmente da Cristo.
Io non voglio giudicare, loro sono i loro stessi accusatori.
Rimane stupefacente che non vengano visitati i Seminari, i luoghi laddove dovrebbe esser sostenuto, spronato, imitato l’amore fedele e appassionato a Cristo, alla sua Chiesa. Altro che nuovo Concilio, altro che nuovissime lotte per il prossimo conclave, qui è necessario che semplicemente si traggano le conseguenze, si compiano i gesti di amorevole correzione. In tanti vengono colpiti da notizie false, talune totalmente inventate e altre fatte uscire ad arte, in troppi si sentono spaesati da ‘dichiarazioni’ e gesti contrari alla genuina fede cattolica e al catechismo, oltre che alla naturale sequela di Pietro. Qui c’è chi salta fuori dal recinto delle pecorelle e invita a farlo, non può esser accettabile un tale erroneo comportamento, dopo mesi trascorsi dalla straordinaria Lettera ai Vescovi del Papa, è tempo di agire. Il ‘Buon Pastore’ conosce il tempo di ribadire la Parola incarnata e quello di usare il bastone, per riprendere le pecore ‘salterelle’, la loro fede è troppo adulta, quasi ‘episcopaliana’.

© Copyright Il Tempo, 1° luglio 2009 consultabile online anche qui.

3 commenti:

Antonio ha detto...

Quest'articolo di Luca Volontè mette a nudo le contraddizioni di certi vescovi e sacerdoti che tacciono la Verità per viltà...speriamo sia smantellata la Loggia Martini!

sam ha detto...

Davvero coraggiosi Antonio Socci e Luca Volontè a sfidare il tabù dell'Intoccabile! Questo significa farsi un sacco di nemici.
Ma Socci ha già dato testimonianza in passato di sapersi giocare tutto per amore di verità: onore al merito.
E la piantino quelli che, quando non sanno più dove arrampicarsi per difendere le esternazioni antimagisteriali del Card.Martini, estraggono la solita solfa: rispettate, non giudicate, tacete, silenzio, silenzio, silenzio!!!
Ovvero la stessa strategia usata per schermare il Sig.Beppino Englaro, le sue esternazioni e le sue opere malefiche.
Anche su questo blog abbiamo visto all'opera indignati difensori d'ufficio del Card.Martini che ci propinano le loro prediche moraliste e ci condannano per lesa maestà.
Sappiatelo: non attacca.
Afferma l'art.1861 del Catechismo della Chiesa Cattolica: "Anche se noi possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio."
E infatti chi ve lo dice che qui qualcuno voglia giudicare il Card.Martini? Cosa ne sapete voi di quanto preghiamo e digiuniamo per lui? Sieti voi, piuttosto, che ci giudicate.
Ma gli atti che creano scandalo, beh quelli sì che li giudichiamo e ne abbiamo tutto il diritto.
Il Cristiano infatti è chiamato a discernere il bene dal male e a chiamare bene il bene e male il male.
Se poi qualcuno ritiene:
- che il bene e il male siano relativi...
- che, in caso di aperto contrasto, ciascuno in materia morale possa scegliere liberamente se aderire agli insegnamenti del Papa e del Magistero della Chiesa o a quelli di Martini o di chiunque altro...
- che il Pontefice e un Cardinale siano pari...
beh, allora, chi ci critica è protestante e, con tutto il rispetto, chissenefrega!

euge ha detto...

La favola raccontata da molti sulla fede adulta, è soltanto un modo per giustificare la propria coscienza davanti al Padre Eterno, per il continuo adattamento e stravolgimento che si compie della fede appunto, per adattarla ai propri comodi ed aslle propie soddisfazioni. La Fede adulta a mio avviso ha ben altro significato: per come la vedo io, la fede si può definire adulta, solo nel momento in cui smette di essere puro sentimentalismo e diventa veramente un affidarsi completamente, alla volontà di Dio e di essere consapevoli di ciò che questo comporta.