domenica 21 dicembre 2008

Giovanni XXIII e quello scoop (di Repubblica) che non esiste (Marco Roncalli)


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A proposito della Dichiarazione su diritti umani orientamento sessuale e identità di genere: Difesa dei diritti e ideologia (Osservatore Romano)

Elisabetta ci invia e noi volentieri pubblichiamo questo articolo sullo "scoop" di Repubblica:

Giovanni XXIII e quello scoop che non esiste

Su «Repubblica» la Preghiera per gli ebrei, «scritta dal Pontefice in agonia». Ma non è di Papa Roncalli

Marco Roncalli

La «Preghiera per gli ebrei» che sarebbe stata scritta durante l'agonia da Giovanni XXIII e alla quale ieri il quotidiano La Repubblica ha dedicato una pagina presentandola come un «documento finora sostanzialmente inedito in Italia», riapparso «dopo circa 45 anni di sostanziale e inspiegabile oblio», è un falso.
Gira in internet con diverse varianti da parecchi anni, ed è già stata smentita da decenni. «Non è di Giovanni XXIII la preghiera per gli ebrei. Non occorreva un testo apocrifo per dimostrare l'amore del compianto Pontefice verso gli israeliti», titolava già il 27 settembre 1966 L'Avvenire d'Italia .
Già, basterebbe vedere la documentazione prodotta dalla Fondazione Wallenberg. Ma se, come si leggeva ieri, questo testo, che oggi sarà letto al monastero di Santa Cecilia a Roma «costituirà, inevitabilmente, il momento clou dell'incontro», è bene sapere che la sua attendibilità è nulla. E che quelle quindici righe dove si chiede perdono al Signore «per non aver capito la bellezza del popolo eletto», oltre che per altre «colpe» commesse da cristiani con in fronte «il marchio di Caino», non hanno la paternità del papa bergamasco. Insomma, la storia non è un recital.
Negli Archivi della Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo non solo non c'è traccia di questo testo, ma c'è un faldone colmo di scambi epistolari e di ritagli di giornale che smentiscono ogni autenticità.
Note redatte da collaboratori di papa Giovanni, in primis il segretario monsignor Loris Francesco Capovilla, ma anche prelati della Segreteria di Stato, oppure corrispondenti stranieri interessati al dialogo interreligioso (come Susanna Kolbel).
Una sintesi della vicenda è poi stata fatta, già nel 1983, sulla Civiltà Cattolica dal gesuita Giovanni Caprile (quaderno 3192). Primo a divulgare la «preghiera» – e solo nel gennaio 1965, senza citare fonti – fu l'American Commentary , organo dell'American Jewish Committee a firma F. E. Cartus (pseudonimo dell'ex gesuita irlandese Malachy Martin, che secondo la successiva testimonianza di p. Stephan Schmidt, segretario del cardinale Agostino Bea, fu anche l'autore).
Di lì a poco furono pronti a rilanciarla alcuni centri ecumenici basandosi sul fatto che era stata resa pubblica a Chicago in un raduno interconfessionale da un prelato, monsignor John S. Quinn, che l'aveva considerata erroneamente autentica. Nel frattempo il 18 marzo '65 la preghiera era apparsa in Olanda sul De Tijd , il 6 giugno '65 in Austria sul Passauer Bistumsblatt, arrivando poi da noi su Questitalia .
Presero la cantonata anche in Francia, alla prestigiosa testata La Documentation Catholique : «[…] Fa pena vedere che non abbiano subito "fiutato" a Parigi che era un falso. Comunque una smentita da parte Sua sarà tanto autorevole», scrisse il 7 ottobre '66 a Capovilla monsignor Jacques Martin.
L'ex segretario di Giovanni XXIII, che anche ieri ha smentito l'autenticità della preghiera, l'ha fatto spiegando che tutte le preghiere del papa (autenticate dalla Penitenzeria apostolica o dette a conclusione di scritti e discorsi) sono nei volumi dei «Discorsi messaggi colloqui» (1958-1963, Edizione Poliglotta Vaticana). Non solo, in una sua nota su questo tema, custodita alla Fondazione, ha scritto da tempo: «Dall'esame interno del testo si rileva che essa non risponde né allo spirito, né alla lettera di Giovanni XXIII, il quale per dire pensieri buoni in riferimento agli Ebrei non avrebbe gratificato col titolo di Caino tutti i cristiani! […] L'atteggiamento di papa Giovanni verso gli ebrei fu del massimo rispetto, verbis et opere , lungo tutto il corso di sua vita, senza manifestazioni clamorose.
Gli resta il merito di aver obbedito all'ispirazione del Signore di avviare la correzione dei testi liturgici per chiarire il pensiero cristiano e il senso delle preghiere della settimana santa; gli resta il merito di aver disposto che il Concilio si occupasse della questione ebraica».

© Copyright Eco di Bergamo, 21 dicembre 2008

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