mercoledì 25 marzo 2009

L'Instrumentum laboris del Sinodo sull'Africa: l'impegno della Chiesa al fianco dei più poveri e le sfide del neocolonialismo (Radio Vaticana)


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L'Instrumentum laboris del Sinodo sull'Africa: l'impegno della Chiesa al fianco dei più poveri e le sfide del neocolonialismo

Dopo il viaggio del Papa in Camerun e Angola, la Chiesa è sempre più proiettata verso il Sinodo per l’Africa che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre in Vaticano.
Il Papa, il 19 marzo scorso a Yaoundé, ha consegnato ufficialmente l’Instrumentum laboris ai presidenti delle Conferenze episcopali del continente. Benedetto XVI ha auspicato che i lavori dell’Assemblea sinodale possano far crescere la speranza per i popoli africani e dare nuovo slancio evangelico e missionario al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo quanto propone il tema del Sinodo. Sui contenuti del documento di lavoro ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti.

L’Instrumentum laboris mette in evidenza le luci e le ombre dell’Africa sottolineando che “il bene che si fa è spesso più discreto ma più profondo del male bruciante e tragico riportato dai media”. Tra le evoluzioni positive segnala l’emancipazione dalle dittature e lo sviluppo “pur se timido di una cultura democratica” anche grazie all’importante e riconosciuto ruolo delle Commissioni ecclesiali giustizia e pace. C’è poi la crescita della cooperazione tra Paesi africani (Ua, Nepad, Maep) e, a livello spirituale, una grande sete di Dio che vede l’aumento dei battezzati e la crescita delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’impegno dei catechisti, lo sviluppo di movimenti e associazioni di laici cattolici, con comunità ecclesiali molto vivaci. E poi ancora la diffusione delle università cattoliche e dei mass media d’ispirazione cristiana, soprattutto le radio. Per non parlare dell’impegno della Chiesa nel campo della sanità con centri e ospedali: in particolare contro l’Aids le strutture cattoliche coprono quasi il 30% del totale.

Di contro è forte la denuncia di quelle “forze internazionali” che sfruttano l’Africa: “fomentano le guerre con la vendita delle armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici”. “Le multinazionali continuano ad invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le compagnie locali, acquistano migliaia d’ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani” causando anche gravi danni all’ambiente.

Il documento denuncia anche le modalità degli aiuti internazionali che sono accompagnati “da condizioni inaccettabili” che indeboliscono ulteriormente le economie africane e aumentano il “divario tra ricchi e poveri”. Tutto questo mentre non vengono rispettate le promesse degli aiuti allo sviluppo, che continuano a diminuire. C’è poi il capitolo agricolo con l’ingiustizia subita dai contadini che sono costretti a vendere i propri prodotti a prezzi molto bassi. Denunciata anche la vasta propaganda degli Ogm che secondo alcuni dovrebbero garantire la sicurezza alimentare: è una tecnica invece – si legge – che “rischia di rovinare i piccoli coltivatori e di sopprimere le loro semine tradizionali rendendoli dipendenti dalle società produttrici di Ogm”.

“La globalizzazione” – da una parte “tende ad emarginare il continente africano”, dall’altra sta attuando “un processo organizzato di distruzione dell’identità africana” e dei suoi tipici valori “di rispetto degli anziani, della donna come madre, della cultura della solidarietà, dell’aiuto reciproco e dell’ospitalità, dell’unità, della vita” provocando “la destrutturazione del tessuto familiare” e della coesione sociale. “L’Africa è diventata vulnerabile di fronte all’invasione dei modelli delle potenze militari ed economiche” che stanno imponendo “un unico modello culturale e la negazione della vita” mentre “le società africane constatano, impotenti, la disgregazione delle loro culture”.

La Chiesa da parte sua vuole “far sentire il grido dei poveri” schiacciati dalla “neo-colonizzazione”, lotta contro le ingiustizie, la corruzione dilagante, lo sfruttamento e la violazione dei diritti dei bambini e delle donne. Si tratta di una “missione profetica … spesso …bloccata dalla pressione dei poteri” che utilizzano anche le sette cristiane per attaccare la Chiesa cattolica. Le sette infatti predicano spesso un Vangelo disimpegnato, disinteressandosi delle questioni sociali. Invece la Chiesa vuole essere “segno di contraddizione” e “voce di chi non ha voce” “risvegliando le coscienze cristiane alla difesa dei diritti umani”. L’Instrumentum laboris – di fronte a quanti sono interessati a far tacere la voce dei cattolici - esorta ad avere “coraggio profetico” sulla scia di quanto dice Gesù che prepara i discepoli “a vivere assieme a lui la persecuzione, gli insulti e ogni sorta d’infamia” per causa sua.

Il documento si conclude con una preghiera alla “Madre di Dio, Protettrice dell’Africa” perché attraverso di Lei i cristiani possano “essere testimoni del Signore Risorto” e diventare “sempre più sale della terra e luce del mondo”.

Sull’Instrumentum laboris ascoltiamo padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore di Popoli e Missione, la rivista delle Pontificie Opere Missionarie, che ha seguito il Papa durante il suo viaggio in Africa. L’intervista è di Sergio Centofanti:

R. – Si tratta, a mio avviso, di uno strumento importantissimo, perché riesce davvero a coniugare quella che è la spiritualità cristiana, con quelle che sono le istanze della vita reale della gente. Ed è un’operazione estremamente importante, considerando - e questo il Papa lo ha sottolineato a chiare lettere - che i veri cambiamenti, prima ancora che avvenire e realizzarsi nella società in senso lato, devono avvenire nella comunità cristiana. E’ la comunità cristiana che, metabolizzando il Vangelo, attraverso l’inculturazione, poi deve essere sale della terra e luce per il mondo.

D. – Dal documento di lavoro emerge una grande vitalità della Chiesa in Africa...

R. – Sicuramente, basterebbe riflettere sulla straordinaria testimonianza sia del clero locale che di tanti religiosi e missionari che, in questi anni, soprattutto in alcuni scenari infuocati, sono stati davvero una sorta di forza di interposizione pacificatrice tra gli opposti schieramenti. Poi, poco importa che questo sia avvenuto in un contesto bellico e, o, nell’ambito di una baraccopoli alla periferia di questa o quella capitale. La Chiesa in questi anni, non ha svolto solo un’attività solidale, ma devo dire ha anche promosso la sussidiarietà, quel senso di corresponsabilità che deve essere sperimentato dai fedeli laici.

D. – Il documento è una forte denuncia di quelle potenze che sfruttano l’Africa...

R. – La percezione dei vescovi africani, ma anche di tanti missionari è che purtroppo l’Africa rappresenti ancora oggi un boccone prelibato. Sta di fatto che è un continente che galleggia sul petrolio, con immense risorse minerarie, e la questione di fondo è che l’Africa viene davvero sfruttata, è una terra di conquista. In fondo, il messaggio forte che si evince dall’Instrumentum laboris è che le Afriche – io preferirei parlare al plurale, essendo un grande continente, tre volte l’Europa – non sono povere, come dice qualcuno, ma semmai sono impoverite. Le Afriche non chiedono la beneficenza, per intenderci, la carità pelosa, ma invocano soprattutto giustizia. Di fatto, da una parte si dice “aiutiamo le Afriche ad uscire dal sottosviluppo”, ma la questione di fondo è che sono più i soldi che dalle Afriche vanno al nord del mondo, di quelli che dal nord del mondo giungono nelle Afriche.

D. – La Chiesa è impegnata per la giustizia, per la pace, al fianco dei più poveri, eppure l’Instrumentum laboris denuncia che è sottoposta a gravi attacchi. Chi è che vuol far tacere la voce della Chiesa?

R. – Diciamo che la presenza di tante comunità cristiane disseminate nel continente molte volte è una presenza scomoda. Ma per quale motivo? Perché queste comunità sostengono la gente e non è che si schierino con questo o quel potentato. Da questo punto di vista vi è una grande attenzione, proprio perché questa è insita nel magistero sociale della Chiesa, nei confronti dei diritti umani, della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. Ora, siccome, purtroppo, l’abbiamo visto in più circostanze, a dettare le regole del gioco tante volte sono le oligarchie locali, gli interessi di parte, legati soprattutto al business delle materie prime, ecco che allora tante volte la presenza dei religiosi, dei missionari, in determinati contesti geostrategici, è davvero visto, non solo con sospetto, ma sono presenze davvero scomode che, molte volte, l’abbiamo visto, hanno determinato situazioni, fatti, episodi di vero e proprio martirio.

D. – L’Instrumentum vuole rilanciare la speranza in Africa...

R. – Sì, la speranza, che poi a pensarci bene è l’ottimismo di Dio. Insomma, capire e comprendere che, comunque, con tutti i problemi, le difficoltà, le questioni aperte che l’Africa si trascina dietro - quasi fossero una sorta di pesante fardello - bisogna guardare al futuro con speranza, perché la storia del continente africano è comunque storia di salvezza. Se manca questa prospettiva teologale, se manca questa prospettiva evangelica, non andiamo da nessuna parte, e questo il Papa l’ha fatto intendere chiaramente. I gesti di carità che si realizzano nell’ambito della comunità cristiana, ma anche nella sua azione evangelizzatrice ad extra, sono davvero segni di speranza, che fanno prefigurare davvero un futuro migliore.

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