martedì 17 marzo 2009

L'attesa dell'Angola. Un popolo che ha bisogno di parole di verità (Osservatore Romano)


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L'attesa dell'Angola

Un popolo che ha bisogno di parole di verità

di Angelo Becciu
Nunzio apostolico in Angola

Il popolo angolano è pronto ad accogliere con gioia esuberante e grande calore umano colui che viene nel nome del Signore.
Giorni fa, sull'uscio della nunziatura, due operai, nell'osservare lo stemma pontificio sulla facciata, commentavano: "Questa è la casa del tribunale di Dio!".
Ho subito precisato: "No, questa è la casa di Dio". Ed essi di rimando: "La casa degli uomini di Dio! Qui verrà ad abitare l'uomo di Dio, colui che ci porterà la benedizione del cielo! Seremos abençoados!". A parlare così è l'anima semplice degli angolani per niente scalfita dai dubbi cartesiani della cultura occidentale o dalla massiccia propaganda marxista-atea degli anni passati. La gente nella sua innata profonda religiosità vede nel Papa l'uomo di Dio che porta la benedizione del cielo.
Ben a proposito la Conferenza episcopale, per il grande evento ormai alle porte, ha scelto come motto: "Bento XVI abençoa a nossa terra".
La sua benedizione cadrà propizia su questo popolo segnato da sofferenze. Su un territorio vasto quattro volte l'Italia, vive una popolazione di circa 20 milioni di abitanti. Differenti etnie lo compongono, ma non lo dividono, seppure ciascuna di essa desideri rispetto e considerazione. Essi vivono in una terra benedetta da Dio: terre fertilissime, sottosuolo ricco di ogni materia, oceano traboccante di petrolio (in pochi anni si è passati dai settecentomila barili al giorno ai due milioni), territori del nord-est percorsi da vasti giacimenti diamantiferi.
Una terra però devastata dagli uomini! Le sue ricchezze sono state causa dei suoi mali. Esse hanno alimentato la cupidigia di potere degli uomini e per trent'anni la guerra ha devastato l'Angola provocando quasi un milione di morti, migliaia di mutilati, di sfollati, di rifugiati, di orfani e di vedove.
Un barlume di luce e di speranza fu la visita di Giovanni Paolo II, nel 1992, quando la pace appena raggiunta si sperava fosse duratura. Il suo grido "Mai più la guerra" non fu ascoltato e nel giro di pochi mesi il Paese cadde nuovamente nel baratro della lotta fratricida, ancor più devastante e feroce della prima.
Ora questo popolo, dopo decenni di tante e indicibili sofferenze, assapora da sette anni i benefici della pace. Come non attendersi dalla venuta di Benedetto XVI un incoraggiante impulso a continuare con determinazione ed entusiasmo il cammino intrapreso?
Il Papa viene a onorare una delle Chiese più antiche del sub-Sahara. Tra i Paesi neri dell'Africa australe è in Angola che fu dato il primo battesimo. Avvenne nel 1491, un anno prima della scoperta dell'America!
Lungo i secoli, la fede, grazie all'apporto dei missionari portoghesi e non solo, si diffuse progressivamente e la Chiesa si consolidò nelle sue fondamentali strutture rimanendo tuttavia dipendente dalla chiesa madre del Portogallo. Negli ultimi 40 anni la grande svolta storica. Con la proclamazione dell'indipendenza, nel 1975, caddero remore e ostacoli cosicché le diocesi si ritrovarono guidate da validi vescovi nativi. L'illusione però che con l'indipendenza si fossero raggiunti ormai i traguardi della libertà, della pace e del progresso civile durò poco. La comunità dei credenti si ritrovò nel mezzo di una bufera ideologica, ispirantesi ai dogmi marxisti, che mise a dura prova la sua fede. Seminari, missioni, istituti religiosi furono chiusi e confiscati dallo Stato; sacerdoti, suore, vescovi subirono umiliazioni e restrizioni; molti laici non poterono manifestare pubblicamente il proprio credo. Alcuni pagarono il coraggio della propria fedeltà e coerenza evangelica con la propria vita, scrivendo pagine gloriose per gli annali della Chiesa angolana.
A peggiorare la situazione si aggiunse la ripresa della guerra civile che per quasi tre decenni avrebbe infuriato sul Paese. L'azione di soccorso, di vicinanza, di condivisione con la popolazione sofferente, senza distinzione di colore politico, fu costante ed efficace da parte della Chiesa cattolica. Tutti gliene rendono atto, compresi gli avversari ideologici. Finita l'epoca del colonialismo, scomparse le ideologie accecanti, assopitesi le armi, con la pace imperante, è scoccata per la Chiesa angolana l'ora di dare il meglio di se stessa.
Dinamismo e freschezza di vedute sono garantiti dalla presenza di alcuni movimenti ecclesiali. La prestigiosa università cattolica, al suo ottavo anno di esistenza, è lì a manifestare la passione della Chiesa angolana per il progresso culturale della società civile. Le speranze del futuro sono riposte sull'alto numero di seminaristi frequentanti i vari seminari presenti in quasi tutte le diocesi.
A questa Chiesa ricca di storia e palpitante di forze fresche, il Papa offrirà la sua benedizione per stimolarla ad affrontare con determinazione e arditezza le sfide della modernità affacciatasi anche qui e dell'impellenza dell'evangelizzazione di territori ancora inesplorati.
Gli angolani hanno bisogno di parole di verità, indicanti valori certi e perenni. Si trovano a un bivio della loro storia: o si imbocca la strada giusta della ricostruzione basandola sui principi solidi della giustizia sociale e della solidarietà oppure si corre il rischio di rimanere impantanati nella palude dell'instabilità politico-sociale. Le parole del Papa aiuteranno i governanti a porre al di sopra di qualsiasi interesse di parte il bene comune e a moltiplicare gli sforzi per eliminare l'abissale divario tra i pochi privilegiati ammessi alla vasta mensa delle ricchezze e la maggioranza della popolazione immersa nella miseria più nera. I bambini angolani, tutti, non solo la minoranza, hanno il diritto di sorridere e guardare avanti con ottimismo.
Hanno bisogno di sentire dal Papa parole di speranza i giovani: i 30.000 che si assieperanno allo stadio "Os Coqueiros" per incontrarlo e tutti gli altri sparsi per il Paese. Sono giovani esuberanti, ma preoccupati per le precarie o inesistenti condizioni di impiego e a rischio di smarrimento per la caduta dei valori tradizionali. Hanno bisogno di sentirsi rassicurati sul loro futuro e di trovare la strada vera della felicità, che non può ridursi alla ricerca del denaro facile, del piacere effimero e sregolato.
Le parole del Papa saranno balsamo per i cuori delle "mamàs" angolane. A una loro rappresentanza è riservato l'incontro nella chiesa di Sant'Antonio. Su di loro ricade il peso della famiglia, del sostentamento economico e dell'educazione dei figli. Le vediamo passare per le strade con carichi pesanti sulla testa e con neonati aggrappati alle loro spalle o nei mercati di quartiere, in mezzo al fango e alla sporcizia, intente alle vendite che permettano un minimo di sussistenza per sé e per i loro figli. Spesso sono sole, abbandonate, sfruttate, invecchiate prima del tempo. Hanno bisogno di essere valorizzate e il Papa le aiuterà. Tutti attendono la parola confortatrice del Papa. Nessuno rimarrà deluso.

(©L'Osservatore Romano - 16 - 17 marzo 2009)

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