lunedì 16 marzo 2009
L'indulgenza di Papa Ratzinger dettata dall'amore (Grillo)
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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
Il punto
di GIROLAMO GRILLO *
L'indulgenza di Ratzinger dettata dall'amore
È già stato scritto, su questo quotidiano, della lettera indirizzata da Benedetto XVI ai suoi Confratelli Vescovi circa la remissione della scomunica ai quattro presuli consacrati dall'arcivescovo Lefebvre.
Nessuna meraviglia, pertanto, se un confratello vescovo si riferisca allo stesso argomento dopo un'attenta lettura della missiva in parola.
La parafrasi "nihil novi sub sole" (niente di nuovo sotto il sole) certamente si addice a un vescovo che, in gioventù ha avuto la fortuna di stare accanto a grandi pontefici del Concilio e dell'immediato post-Concilio Vaticano II e specialmente per tutto il pontificato di Paolo VI, nell'immediata vicinanza dell'indimenticabile Sostituto della Segreteria di Stato, Monsignor Benelli, conoscendo così, da dentro, anche le miserie della vita della Chiesa.
Benedetto XVI, con il suo impareggiabile stile ha voluto con grande umiltà rivolgersi ai suoi confratelli, alla pari del "Padre misericordioso" della parabola evangelica, facendo loro presente quanto, per realizzare con la dovuta cautela l'"ut unum sint" voluto dal Cristo per la sua Chiesa, Egli ha ritenuto opportuno di dare inizio al recupero di un gruppo piuttosto nutrito di "pecore smarrite". Nulla di strano, quindi, in tutto questo; anzi, al contrario, si è di fronte a un atto di grande apertura, conseguente al desiderio che la Chiesa sia veramente una famiglia in cui ci si dovrebbe sforzare di far vivere tutti i membri in pace.
Non sempre, però, tutti i "fratelli maggiori" riescono a liberarsi dalle proprie idee, fino al punto da rendersi di ostacolo alla comprensione di un'altra posizione, che comunque, con il tempo e la pazienza, potrebbe essere appianata.
Si è giunti così anche a sostenere, da parte di presunti teologi laici, che il Papa dovrebbe usare lo stessa comprensione nei confronti di tanti altri fratelli cattolici che non sempre sono in sintonia con lui, permettendo la cosiddetta "parresìa", in maniera di fare della Chiesa non «un solo gregge sotto un solo pastore», ma una libera "agorà". Né più né meno quanto si voleva, da più parti, anche da Paolo VI, nei momenti drammatici da lui vissuti in molte circostanze: "Humanae vitae", divorzio, aborto e in tante altre vicende.
La storia, purtroppo, si ripete; anche se il più delle volte gli stessi fratelli dimenticano che l'amore che nutre pure nei loro confronti è benefico, a patto che si riesca a comprendere che soltanto con la docilità al Magistero di Pietro si potrà fare della Chiesa un vero focolare domestico: caldo per i cristiani e attraente per i non credenti.
Con questo non si vuol dire che sia necessario mettere a tacere le nostre discordie, pur accettando fin dove è possibile le diversità dei punti di vista, ma scegliendo sempre ciò che ci unisce e seppellendo possibilmente nel silenzio ciò che divide, facendo della schiettezza d'animo, dell'indulgenza e soprattutto dell'umiltà, la strada dell'amore, sublime caratteristica di questo Pontificato.
* Vescovo emerito di Civitavecchia-Tarquinia
© Copyright Il Tempo, 15 marzo 2009 consultabile online anche qui.
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1 commento:
Avevo sperato che fosse Andrea...
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