domenica 15 marzo 2009

La mano tesa di Benedetto XVI (Bianchi)


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La mano tesa di Benedetto XVI

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ENZO BIANCHI

Il grande padre della chiesa, Basilio di Cesarea, in un testo dal titolo significativo - Il giudizio di Dio - stigmatizza in modo molto severo le divisioni, le lotte e l’inimicizia presenti nella comunità ecclesiale del suo tempo: «Vedo nella chiesa di Dio grandissimo disaccordo... e i capi, che con giudizi contrapposti lacerano le chiese, turbano il gregge».
Questo scritto è ben conosciuto da Benedetto XVI che lo ha già citato in altre occasioni, ma ora sembra quasi il testo ispiratore della sua lettera indirizzata ai suoi confratelli nell’episcopato, una lettera resa pubblica affinché possa aiutare a fare chiarezza dentro e fuori la chiesa sulla «disavventura imprevedibile» occorsa con il sovrapporsi del caso Williamson alla vicenda della remissione della scomunica ai quattro vescovi del movimento di Lefebvre: aspetti per un verso intimamente legati, che è tuttavia importante mantenere distinti se si vuole guardare con lucidità al cammino della chiesa nel mondo contemporaneo, un cammino da percorrere sulle tracce del Vangelo e seguendo la «bussola» del Vaticano II.

Nella lettera - un testo in cui il papa narra la sua misericordia, la sua pazienza di pastore, la sua ricerca operosa della comunione ecclesiale - Benedetto XVI confessa anche il turbamento provocato in lui da questa crisi, dall’incomprensione del progetto, dalla cattiva comunicazione tra vertice e chiese locali, e manifesta con sofferenza la conoscenza di accuse astiose nei suoi confronti. Il papa vuole consegnare alla chiesa una «parola chiarificatrice» che aiuti a comprendere le sue intenzioni e «contribuire alla pace nella chiesa». Non si può non cogliere la straordinarietà di una simile lettera, lo stile e il linguaggio inediti nel magistero papale, l’umiltà della chiarificazione e la sofferenza di chi vede il proprio ministero di comunione compreso come causa di divisione. Sì, va confessato con parresia: la chiesa è oggi lacerata da divisioni e contrapposizioni, sovente si registra anche una confusione che non permette alla comunità ecclesiale di pervenire pur con fatica a quell’unanimità possibile, mai piena ma sempre da ricercarsi, in modo da essere reale comunione animata dall’amore ed essere segno e profezia per il mondo.

Ora, nella lettera del papa ai vescovi c’è una parola che ritorna con insistenza e che anima non solo il contenuto della missiva ma anche le intenzioni che hanno mosso il comportamento di Benedetto XVI durante tutta questa vicenda.

Questa parola è «riconciliazione», una parola che il papa riconduce alla «priorità suprema, l’amore». È stata una precisa volontà di «riconciliazione con un gruppo ecclesiale implicato in un processo di separazione» che ha ispirato «il sommesso gesto di una mano tesa»; così il malaugurato irrompere della polemica negazionista ha finito per apparire come una «smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei». Riconciliazione, unità, pace all’interno della chiesa si rincorrono nelle accorate parole di Benedetto XVI che non esita a fare chiarezza anche sulle questioni al cuore della disputa: il concilio nel suo rapporto con la tradizione è definito come evento che «porta in sé l'intera storia dottrinale della chiesa»; l’impegno per l’unità dei cristiani, l’ecumenismo «è incluso nella priorità suprema» del suo pontificato; il dialogo interreligioso è definito non come semplice confronto sul piano culturale bensì come «la necessità che tutti coloro che credono in Dio cerchino insieme la pace, tentino di avvicinarsi gli uni agli altri, per andare insieme, pur nella diversità delle loro immagini di Dio, verso la fonte della Luce».

Ma «riconciliazione» è anche la parola che meglio esprime il desiderio prioritario del papa, della chiesa, dei cristiani: «rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio», perché proprio così avviene la riconciliazione tra Dio e l’umanità, si avanza su vie di umanizzazione e ci si apre alla «nuova creazione». Riconciliare gli uomini con Dio è il compito del ministero apostolico ed è responsabilità che ricade anche sui cristiani: nessuna ostilità, nessuna inimicizia verso l’umanità di oggi, ma il desiderio di impegnarsi giorno dopo giorno per migliorare la convivenza civile, combattere l’idolatria sempre rinascente, fonte di alienazione per tutti gli uomini, frenare il decadimento nella barbarie, favorire la pace e la giustizia, promuovere la dignità e i diritti di ogni persona, lavorare per una più equa distribuzione delle risorse naturali e dei frutti del lavoro umano...

Ma l’accorato appello del papa non andrebbe colto solo come inerente alla vicenda della remissione della scomunica, ma come esortazione alla chiesa intera. In quest’ultimo decennio, infatti, soprattutto nella chiesa che è in Italia, abbiamo assistito a una trasposizione anche a livello intraecclesiale di metodi di lotta già condannabili in ambito mondano: calunnie fantasiose, interpretazioni false, denigrazioni, ricostruzioni accomodate di eventi fatte circolare con l’aiuto di qualche giornalista compiacente per attaccare o screditare ora un cardinale, ora un vescovo, ora uomini di chiesa. Si lanciano dubbi o accuse di non appartenenza alla comunione ecclesiale, si etichettano persone come antipapa, pericolose per la fede della comunità cristiana, le si censura, si arriva persino a condurre sotterranee guerre per bande e lobbies. E quanti usano questi mezzi squallidi sanno che chi è etichettato come avversario non userà le stesse armi per difendersi perché non acconsentirà mai a una lotta fraterna manifestamente contraria al vangelo e allo stile del cristiano. Eppure non ci si dovrebbe dimenticare che, come ricorda il papa, «la discordia dei cristiani, la loro contrapposizione interna mette in dubbio la loro credibilità nel parlare di Dio».

Sì, la pace ecclesiale è stata ed è contraddetta, e per tutti coloro cui sta a cuore l’unità dei discepoli di Gesù questa situazione è fonte di sofferenza: come fa Benedetto XVI in questa lettera, ci si deve rifiutare di reagire con risentimenti e aggressività, ben sapendo che non solo si soffre per la chiesa, ma che a volte sono anche gli uomini di chiesa che fanno soffrire. Ma un vero discepolo di Gesù sa che impara ad amare la chiesa del Signore nell’acconsentire a soffrire per essa, fosse anche ricevendo sofferenze dagli uomini che la rappresentano.

© Copyright La Stampa, 15 marzo 2009 consultabile online anche qui.

Mah...condivido quasi tutto il contenuto di questo editoriale anche se mi leggo una polemica nella parte sul dialogo interreligioso. Ne parleremo commentando l'articolo di Melloni, oggi o domani.
Non sono per niente d'accordo con questa frase
:

Si lanciano dubbi o accuse di non appartenenza alla comunione ecclesiale, si etichettano persone come antipapa, pericolose per la fede della comunità cristiana, le si censura, si arriva persino a condurre sotterranee guerre per bande e lobbies.

Semmai sono coloro che amano in modo disinteressato il Papa a venire spesso e volentieri censurati dai mass media, che invece vanno a cercare il viceparroco di vattelapesca pur di attaccare il Santo Padre.
Comunione si', amore si', carita' si', ma sempre nel rispetto dei fatti e della verita'
.
R.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Non dimentichiamo pero' che le divisioni non sono sempre anonime e neutre. E non si tratta di ricucirle in un modo o nell'altro, ma solo sulla base del retto magistero della Chiesa. E dove esse sono causate da chi vorrebbe la rottura con la Tradizione, da un cattivo 'spirito del Concilio', in gioco vi e' l'ortodossia. Che non si puo' certo perdere in nome di riconciliazioni che a quel punto sarebbero anche false. Tra rottura e continuita' con la Tradizione non si tratta di andare d'accordo, perche' solo nella seconda vi e' la vera strada da seguire, la prima va rigettata.
E non mi sembra affatto che l'autore di questo articolo abbia una corretta impostazione a riguardo.

Anonimo ha detto...

E bravo Enzo Bianchi!! Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Con i tuoi molteplici ritiri spirituali sei riuscito a lavare perfino il cervello anche al nostro parroco frequentatore da anni del tuo monastero di Bose. Da buon prete ricco della tradizione (indossa ancora il tricorno), si è trasformato in un prete acido, veementemente contrario al Motu Proprio Summorum Pontificum, incattivito nelle sue omelie ove dichiara apertamente la sua contrarietà alla tradizione ed al sacro. Ad una nostra richiesta per la messa straordinaria in parrocchia ci ha risposto con un deciso ”NO, ne io ne altri”, ma allora l’ubbidienza al Santo Padre?, “Il Santo Padre è un furbacchione!”, e lo Spirito Santo che secondo il nostro credo ha concorso alla sua elezione?, “Lo Spirito Santo è un furbo anche lui!”.
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Dopo che il nostro vescovo ci ha concesso la Santa Messa Tradizionale in latino, ci ha definiti in una intervista di un giornale locale dei “nostalgici scic”. Ecco cosa hai prodotto Fra Enzo in questi anni, e chissà quanti altri preti, religiosi e laici hai plagiato il cervello. Ma adesso è tutto cambiato. Lo sbaglio che avete fatto in questi anni è quello che non avete anticipato la rete web, tramite la quale abbiamo incominciato a comprendere il pensiero del nostro ed anche tuo Papa Benedetto XVI. Perciò ti prego, rifletti, inginocchiati anche tu nel silenzio del tuo monastero e preghiamo tutti insieme per la nostra conversione.
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Aiutiamo questo nostro grande Papa Benedetto XVI. La nostra grande paura che abbiamo avuto in questi quarant’anni di esodo, è stata di essere abbandonati per sempre da Dio per le nostre infedeltà verso suo figlio Gesù Cristo (leggi la dichiarazione DOMINUSU IESUS). Adesso con fiducia e speranza preghiamo il Signore che ci faccia ricuperare la nostra “Tradizione nella Continuità” e converti tutti i lupi che hanno e continuano a tradire e a disubbidire il Vicario di Cristo.
Pace e bene.

euge ha detto...

Caro PaoloD io conosco persone che sono state letteralmente frastornate dai ragionamenti e come tu li definisci dai suoi ritiri, talmente frastornati da non riuscire a vedere al di là del proprio naso e contrari a qualsiasi tipo di confronto.

“Il Santo Padre è un furbacchione!”, e lo Spirito Santo che secondo il nostro credo ha concorso alla sua elezione?, “Lo Spirito Santo è un furbo anche lui!”.

Penso che questa l'inea di pensiero sia la stessa adottata dal mio parroco purtroppo...... Il caro e tanto indaffarato Don Francesco un vero manager di DIO che in tre anni non ha mai dico mai organizzato per la nostra parrocchia" Maria Stella dell'Evangelizzazione" per giunta dedicata proprio da Sua Santità nel Dicembre 2006, zona di Roma Eur Torrino, una visita al S. Padre in udienza oppure una visita la domenica per l'Angelus ........ un vero schifo. Evidentemente, entrambi appartengono alla stessa scuola di pensiero che ama definire la non solo lo Spirito Santo ma, anche il Padre ed il Figlio, dei furbacchioni!
VERGOGNA! - QUESTI SONO I PRETI CHE ROVINANO LA CHIESA.

euge ha detto...

scusate mi è scappato un apostrofo dove non ci voleva ......

volevo scrivere linea.

Anonimo ha detto...

La riconciliazione deve avvenire e avverrà nella verità. Chi ha professato impunemente eresie per quarantanni dovrà pur renderne conto. I danni provocati da questi innovatori sono incalcolabili. L'Europa sta perdendo la fede. Ce ne rendiamo conto?
Il Vaticano II deve essere interprepato alla luce della Tradizione. Sine Traditione nulla Veritas.

euge ha detto...

A mio modesto parere, il Concilio VaticanoII è stato travisato nel suo contenuto proprio perchè ognuno, per il proprio tornaconto, ne ha dato una interpretazione personale. Credo che per entrare nel vero spirito del Concilio, basterebbe limitarsi a leggere ed applicare i suoi atti.
Ma, il problema è: Chi è che per il bene della chiesa universale è disposto a studiare veramente e seriamente il Concilio?
Mi sembra che fino ad ora l'unico in grado di farlo, sia proprio Benedetto XVI e pochissimi altri.

Anonimo ha detto...

Agli inizi degli anni 80 , il rpiore Bianchi, fu invitato dal parroco di allora, per una "specie" di catechesi sul Concilio vaticano II, cove incominciò ad indottrinarci come il Concilio rappresentava la "rottura" con la Chiesa precedente fatta di formulari, preghiere, novene. Portò come esempio la preghiera di Leone XIII, in onore di S. Giuseppe "A te o beato Giuseppe" dicendo che personalmente non capiva che cosa significassero tutte quelle parole messe ammucchiate e che si ripetevano a memoria senza capirne il senso. Una settimana dopo il nostro parroco, cambiò la preghiera a S. Giuseppe, mettendo dietro il tradizionale santino, una preghiera di M. Quoist , con rispetto per il poeta , "Padre mi abbandono a te" più consona allo spirito Conciliare. Ee a dire che Roncalli aveva messo sotto la protezione del patriarca S. giuseppe il Concilio. Fu per bianchi una santo da defenestrare e da marginalizzare.
Dopo , qualche hanno per ovvie ragioni, dal santino scomparve sia la vecchia preghiera di Leone XIII che quella di M. Quoist, per buona pace della comunità. Oggi il Santino recita " simulacro di San giuseppe che si venera nella chiesa madre di..........." di dietro solo un bianco candido. A ciascuno di noi è lasciata la scelta di recitare una preghiera.

Caterina63 ha detto...

La faccia tosta di Enzo Bianchi non conosce la virtù del senso del pudore?

Questo scrisse su repubblica nel Luglio 2007 CONTRO il MP del Papa Summorum Pontificum, le parentesi sono le mie:

"Noi cattolici, per la convinzione profonda che il vescovo di Roma è servo della comunione ecclesiale (!!??sic!), obbediamo a prezzo di enorme fatica, di sofferenza e di NON PIENA COMPRENSIONE a ciò che egli ci chiede, del resto non siamo obbligati a fare quella Messa (!!??sic!)...
(...)
I giovani che non sono nati nell'epoca tridentina (!!??) perchè mai dovrebbero volere un messale INSIGNIFICANTE e a loro sconosciuto? Cercano forse UN MESSALE LONTANO DAL CUORE MAI PRATICATO CON LE LABBRA?
(!!??farneticante!sic!)

Alla faccia dell'obbedienza professata verso il servo dei servi di Cristo quando poi si scrivono corbellerie come queste dimenticando cosa disse Giovanni Paolo II proprio su questo Messale:

" Nel Messale Romano, detto di San Pio V, come in diverse Liturgie orientali, vi sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di qualsiasi Liturgia."

LETTERA DI S. S. GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI 21.9.2001

ma per Bianchi è INSIGNIFICANTE....
e naturalmente si premunì di sottolineare che nella sua comunità MAI E POI MAI la Messa san Pio V avrebbe trovato uno spazio suo...

Lui è uno di quelli che ha rifiutato la mano tesa del Santo Padre....e si premunisce esclusivamente di coltivare il suo orticello...

Anonimo ha detto...

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