sabato 4 luglio 2009
L'anticipazione dell'enciclica di Benedetto XVI nel Foglio in edicola oggi
Su segnalazione di Mariateresa apprendiamo che oggi vale davvero la pena di acquistare la copia de "Il Foglio" del sabato :-)
R.
Non tutto è mercato, la parola al Papa
L'anticipazione dell'enciclica di B-XVI nel Foglio in edicola
Carità e verità sono doni. Il libero scambio ok, ma non basta
La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza [...]
Due paragrafi della Caritas in Veritate anticipati nel Foglio in edicola
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3 commenti:
Comprato Il Foglio. Come sempre. Lette le anticipazioni.
Per temperamento e studi non sono appassionatissima di encicliche sociali; da questo primo assaggio mi sento di dire che, come al solito, Benedetto non ci deluderà. Splendido il n.34.
Anticipazioni/1
Anticipiamo due paragrafi dell’Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate”. Il testo integrale sarà reso pubblico martedì 7 luglio.
34. La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Talvolta, l’uomo moderno, è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società.
E’ questa una presunzione, conseguente alla chiusura egoistica in se stessi, che discende – per dirla in termini di fede – dal peccato delle origini. La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente il peccato originale anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società: “Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi”85. All’elenco dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto ormai da molto tempo anche quello dell’economia. Ne abbiamo una prova evidente anche in questi periodi. La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale.
La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano. Come ho affermato nella mia Enciclica Spe salvi, in questo modo si toglie dalla storia la speranza cristiana,86 che è invece una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo umano integrale, cercato nella libertà e nella giustizia. La speranza incoraggia la ragione e le dà la forza di orientare la volontà.87 E’ già presente nella fede, da cui anzi è suscitata. La carità nella verità se ne nutre e, nello stesso tempo, la manifesta. Essendo dono di Dio assolutamente gratuito, irrompe nella nostra vita come qualcosa di non dovuto, che trascende ogni legge di giustizia. Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza. Esso ci precede nella nostra stessa anima quale segno della presenza di Dio in noi e della sua attesa nei nostri confronti. La verità, che al pari della carità è dono, è più grande di noi, come insegna sant’Agostino.88 Anche la verità di noi stessi, della nostra coscienza personale, ci è prima di tutto “data”. In ogni processo conoscitivo, in effetti, la verità non è prodotta da noi ma sempre trovata o, meglio, ricevuta. Essa, come l’amore, “non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo si impone all’essere umano”.89
Perché dono ricevuto da tutti, la carità nella verità è una forza che costituisce la comunità, unifica gli uomini secondo modalità in cui non ci sono barriere né confini.
La comunità degli uomini può essere costituita da noi stessi, ma non potrà mai con le sole sue forze essere una comunità pienamente fraterna né essere spinta oltre ogni confine, ossia diventare una comunità veramente universale: l’unità del genere umano, una comunione fraterna ogni oltre divisione, nasce dalla con-vocazione della parola di Dio-Amore. Nell’affrontare questa decisiva questione, dobbiamo precisare, da un lato, che la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno e, dall’altro, che lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità.
BXVI
Anticipazioni/2 (con note)
35. Il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri. Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l’importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza. Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave.
Opportunamente Paolo VI nella Populorum progressio sottolineava il fatto che lo stesso sistema economico avrebbe tratto vantaggio da pratiche generalizzate di giustizia, in quanto i primi a trarre beneficio dallo sviluppo dei Paesi poveri sarebbero stati quelli ricchi.90 Non si trattava solo di correggere delle disfunzioni mediante l’assistenza.
I poveri non sono da considerarsi un “fardello”,91 bensì una risorsa anche dal punto di vista strettamente economico. E’ tuttavia da ritenersi errata la visione di quanti pensano che l’economia di mercato abbia strutturalmente bisogno di una quota di povertà e di sottosviluppo per poter funzionare al meglio. E’ interesse del mercato promuovere emancipazione, ma per farlo veramente non può contare solo su se stesso, perché non è in grado di produrre da sé ciò che va oltre le sue possibilità. Esso deve attingere energie morali da altri soggetti, che sono capaci di generarle.
BENEDICTUS PP. XVI
85 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 407; cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25: l.c., 822-824.
86 Cfr n. 17: AAS 99 (2007), 1000.
87 Cfr ibid., 23: l.c., 1004-1005.
88 Sant’Agostino espone in modo dettagliato questo insegnamento nel dialogo sul libero arbitrio (De libero arbitrio II 3,8,27 sgg.). Egli indica l’esistenza dentro l’anima umana di un “senso interno”. Questo senso consiste in un atto che si compie al di fuori delle normali funzioni della ragione, atto irriflesso e quasi istintivo, per cui la ragione, rendendosi conto della sua condizione transeunte e fallibile, ammette al di sopra di sé l’esistenza di qualcosa di eterno, assolutamente vero e certo. Il nome che sant’Agostino dà a questa verità interiore è talora quello di Dio (Confessioni 10,24,35; 12,25,35; De libero arbitrio II 3,8,27), più spesso quello di Cristo (De magistro 11,38; Confessioni 7,18,24; 11,2,4).
89 Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, 3: l.c., 219.
90 Cfr n. 49: l.c., 281.
91 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 28: l.c., 827-828.
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