domenica 30 novembre 2008

Segnali concreti di disgelo fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa Russa (Romano)


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IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

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Dialogo La restituzione a Mosca del complesso russo di San Nicola

Finisce la guerra cattolici-ortodossi. A Bari

Le aperture di Ratzinger dopo le speranze di Wojtyla

di SERGIO ROMANO

Insieme all’inaugurazione del teatro Petruzzelli, risorto dalle ceneri dell’incendio, il 6 dicembre andrà in scena a Bari un altro grande evento operistico, politico e religioso. I registi sono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente della Federazione russa Dmitrij Medvedev.
Il libretto è stato scritto da Silvio Berlusconi, Romano Prodi e Vladimir Putin. Gli attori, gli orchestrali, i coristi e le comparse sono i sacerdoti e i monaci della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa.
E il teatro, in questo caso, è il grande complesso ortodosso di San Nicola: ottomila metri quadrati di cui la Russia zarista fu proprietaria dal 1913, quando cominciò la sua costruzione, fino alla rivoluzione bolscevica del 1917. Incamerato dal governo italiano e trasferito al comune di Bari nel 1937, il complesso (una chiesa e un ostello per i pellegrini di Terra Santa) è stato acquistato dal governo italiano con la concessione di una caserma, desiderata dalla città, e verrà formalmente consegnato da Napolitano a Medvedev.
Nel 1913 la prima pietra fu posata dopo due avvenimenti che avevano creato, fra Italia e Russia, una «intesa cordiale»: il tempestivo intervento di una nave russa a Messina dopo il terremoto del 1908 e l’incontro dello zar Nicola II con Vittorio Emanuele III a Racconigi nel 1909. Oggi la restituzione avviene durante una nuova intesa cordiale avviata da Berlusconi, proseguita da Prodi, ripresa in mano da Berlusconi e rafforzata dalla posizione della diplomazia italiana durante la guerra georgiana della scorsa estate. La restituzione era desiderata da Putin, che ne parlò con il Papa e pregò devotamente qualche mese fa di fronte alle reliquie del santo nella basilica cattolica di Bari. A coloro che si stupiscono della conversione di un colonnello del Kgb ricordo che il complesso ortodosso fu costruito su un progetto di Aleksej Shusev, grande architetto della Russia zarista, ma anche autore dei due mausolei (quello provvisorio in legno e quello definitivo in porfido e granito) destinati a ospitare la mummia di Lenin. Le ideologie cambiano, ma gli uomini sono spesso gli stessi.
Oltre a essere un evento politico e culturale nella storia dei rapporti dei due Paesi, la restituzione di Bari potrebbe passare alla storia come la felice conclusione di una guerra fredda cominciata mentre il mondo salutava con entusiasmo la fine di quella fra l’Unione Sovietica e l’Occidente. La nuova guerra fredda scoppiò perché Giovanni Paolo II credette che la morte del comunismo avrebbe aperto le porte della Russia al cattolicesimo latino.
Era già accaduto immediatamente dopo la Grande guerra, quando Benedetto XV sperò che il regime bolscevico sarebbe stato più conciliante della Russia imperiale e dette istruzioni a monsignor Ratti di attendere a Varsavia l’apertura delle frontiere. Per un breve periodo la speranza di papa Wojtyla sembrò più realistica di quella del suo lontano predecessore. Ottenne la restituzione dei beni confiscati dopo la Seconda guerra mondiale agli Uniati (i cattolici di rito greco dell’Ucraina occidentale) e l’apertura di quattro diocesi. Ma commise l’errore di permettere che la presenza della Chiesa di Roma nella Santa Russia venisse assicurata da uno stuolo di sacerdoti, suore e vescovi polacchi. E questi, a loro volta, credettero che la Chiesa ortodossa, screditata dalla sua collaborazione con il regime comunista, avesse perduto la sua autorevolezza e non sarebbe stata in grado di opporsi alla riconquista cattolica delle anime scismatiche del grande popolo russo.
Al clero ortodosso questi nuovi «guerrieri» polacchi parvero gli eredi di quelli che avevano invaso il Granducato di Moscovia prima dell’avvento al trono del primo Romanov.
Il risultato fu un altro sipario di ferro, più discreto e trasparente di quello che era calato sull’Europa nel 1946, ma non meno efficace. Le istituzioni cattoliche rimasero in Russia, ma in un clima di sospetto e diffidenza che non giovò al loro prestigio. I viaggi che Giovanni Paolo II fece nei Paesi ortodossi furono resi più difficili, e quello che sognava di fare a Mosca fu apertamente boicottato.
Quando venivano interpellati, i russi rispondevano che nulla impediva al Papa di visitare il loro Paese nella sua veste di capo di Stato: un modo per lasciare comprendere che non sarebbe stato accolto come un pastore e non avrebbe avuto il diritto di officiare riti religiosi.
La situazione è cambiata con l’inizio del papato di Benedetto XVI. Papa Ratzinger punta sulla riconciliazione fra le due Chiese, è andato in Turchia per incontrare il patriarca di Costantinopoli, spera di incontrare a Mosca il patriarca russo Alessio II, ha affidato messaggi fraterni al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Il nunzio a Mosca Antonio Mennini ha frenato il proselitismo del clero polacco e lavora da qualche anno a ricucire il rapporto con il patriarcato. Come nei quadri medioevali e rinascimentali, in cui alti prelati portano sul palmo della mano il modello di una chiesa, così i cardinali in visita a Mosca portano in dono una chiesa della loro città che potrà essere destinata al culto ortodosso. L’ultimo dei «re magi» è il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, che ha portato in dono la chiesa di Nostra Signora del Buon Morire. Questo non significa che la visita di Benedetto XVI in Russia sia ormai questione di date.
Il patriarca di Mosca esita perché, a differenza del vescovo di Roma, governa una Chiesa divisa e turbolenta in cui alcune province (l’Ucraina, l’Estonia, la Bessarabia) sono diventate in tutto o in parte autocefale e alcuni vescovi temono che Roma abbia, nonostante tutto, ambizioni annessioniste.
Ma la guerra fredda è finita e i libri di storia sosterranno che la pace è stata conclusa a Bari il 6 dicembre 2008, nel giorno della festa di San Nicola.

© Copyright Corriere della sera, 30 novembre 2008 consultabile online anche qui.

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Roma San Lorenzo fuori le Mura oggi accoglie Ratzinger

L’evento di stamani, culmine delle iniziative per il 1750° del martirio del diacono Il Papa celebrerà la Messa nella comunità parrocchiale affidata ai Cappuccini e pregherà davanti alle tombe di Pio IX e De Gasperi

DA ROMA GIULIA ROCCHI

Anno 258: Lorenzo, ar­cidiacono e ammini­­stratore dei beni della Chiesa, rifiuta di consegnare al prefetto imperiale il denaro destinato ai poveri. Il gesto porterà alla sua condanna a morte: verrà martirizzato sul­la graticola, per ordine del­l’imperatore Valeriano. Il suo corpo sarà poi sepolto nell’A­gro Verano. Proprio sulla sua tomba sorge la chiesa di San Lorenzo fuori le Mura che oggi – a conclu­sione delle celebrazioni per i 1750 anni dal martirio del san­to – accoglierà Benedetto XVI. Il Pontefice presiederà la Mes­sa alle 9,45. Si fermerà, inoltre, in raccoglimento davanti al sepolcro dello statista Alcide De Gasperi, nel porticato al­l’ingresso della basilica papa­le, e pregherà davanti alle spo­glie di Pio IX, conservate nella cripta. Daranno il benvenuto a Papa Ratzinger il cardinale A­gostino Vallini, vicario per la diocesi di Roma; il vice geren­te Luigi Moretti, abate com­mendatario di San Lorenzo; il vescovo ausiliare per il Setto­re nord Enzo Dieci; il parroco padre Bruno Mustacchio e di­versi rappresentanti dell’Ordi­ne Francescano dei Frati Mi­nori Cappuccini, a cui è affi­data la parrocchia.
Da mesi i frati si preparano al­l’avvenimento. Al termine del­la celebrazione Benedetto XVI rivolgerà loro un saluto spe­ciale, nel convento attiguo al­la basilica.
«Lo accoglieremo nel Salone Pio IX, rimesso a nuovo per l’occasione – anti­cipa padre Frumenzio De Do­nato, viceparroco e assistente regionale dell’Ordine France­scano Secolare – e gli conse­gneremo i doni che abbiamo preparato per lui: un’icona e una statua d’argento raffigu­rante san Lorenzo » . Ci tengo­no davvero, i cappuccini, al­l’incontro di oggi. Hanno pas­sato giorni frenetici, a pulire e sistemare ogni cosa. « Abbia­mo fatto rimbiancare la sacre­stia e restaurare la cappella del Santissimo » , ricorda il religio­so. Questa mattina tutto è per­fetto, dal giardino all’illumi­nazione delle navate. « Siamo onorati che sia il Santo Padre a concludere l’Anno Lauren­ziano – osserva ancora padre De Donato –. La sua visita ci ha dato lo slancio non solo per rinnovare la nostra chiesa, ma soprattutto per un rinnova­mento spirituale » . Aperto il primo gennaio con una Messa dell’allora cardina­le vicario Camillo Ruini, l’an­no giubilare ha visto pregare sulla tomba di Lorenzo grup­pi provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, mentre la basilica ha ospitato incontri e conferenze. Impegnati nel­l’organizzazione degli eventi, accanto ai frati, numerosi lai­ci, che si sono riuniti nel Coa­gil, « Comitato organizzatore del giubileo laurenziano». Non un gruppo di parrocchiani ve­ri e propri, perché il territorio di San Lorenzo fuori le Mura – una delle chiese più antiche della capitale, costruita sotto Costantino ed eretta a parroc­chia secoli più tardi, nel 1709 – è limitato al piazzale anti­stante la basilica, e accoglie non più di una decina di fami­glie. Del comitato fanno parte «persone che abitano nelle zo­ne vicine ma che frequentano abitualmente questa parroc­chia » , spiega Loredana Roma­no, responsabile del Coagil e animatrice liturgica. « Per pre­pararci alla visita del nostro Pontefice – racconta – abbia­mo organizzato l’adorazione eucaristica, che si è tenuta o­gni giorno durante la scorsa settimana » .
È emozionato Massimiliano, che fino a ieri ha dato una ma­no a pulire navate e sagrestia. « Collaboro da sempre con la parrocchia – spiega – e per questo considero un onore ri­cevere la vista del Papa. Non è un evento quotidiano, anzi » . Dal Tiburtino arriva Nando, da sempre vicino alla comunità dei frati francescani: « Spero che questo incontro con il Santo Padre ci porti più ani­mazione, più accoglienza e più ascolto » .

© Copyright Avvenire, 30 novembre 2008

Il Papa: "Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno..."

Clicca qui per leggere le parole del Papa alla recita dell'Angelus.

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Dio tocchi cuore di chi si illude che problemi si risolvono così

Città del Vaticano, 30 nov. (Apcom)

Il Papa esprime "orrore" e "deplorazione" per i "brutali attacchi terroristici" a Mumbai, in India, e gli scontri a Jos, in Nigeria, e invoca Dio perché tocchi il cuore "di coloro che si illudono che questa sia la via per risolvere i problemi".
"Vorrei invitarvi a unirvi nella preghiera per le numerose vittime sia dei brutali attacchi terroristici di Mumbai, in India, sia degli scontri scoppiati a Jos, in Nigeria, come pure per i feriti e quanti, in qualsiasi modo, sono stati colpiti", ha detto il Papa a conclusione dell'Angelus recitato dalle finestre del suo studio, nel palazzo apostolico vaticano. "Diverse sono le cause e le circostanze di quei tragici avvenimenti, ma comuni devono essere l'orrore e la deplorazione per l'esplosione di tanta crudele e insensata violenza. Chiediamo al Signore - ha concluso Benedetto XVI rivolgendosi alle migliaia di fedeli presenti in piazza San Pietro - di toccare il cuore di coloro che si illudono che questa sia la via per risolvere i problemi locali o internazionali e sentiamoci tutti spronati a dare esempio di mitezza e di amore per costruire una società degna di Dio e dell'uomo".
Recitiamo l'Angelus con il Santo Padre...clicca qui

Il Papa: "San Lorenzo ci ripete che la santità, cioè l’andare incontro a Cristo che viene continuamente a visitarci, non passa di moda..."

Clicca qui per leggere il testo dell'omelia pronunciata dal Papa in occasione della visita pastorale alla parrocchia di San Lorenzo fuori le Mura.

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Papa: De Gasperi fu guida saggia ed equilibrata per Italia

"Capace di guardare all'Europa con ampia visione cristiana"

Città del Vaticano, 30 nov. (Apcom)

Alcide De Gasperi fu "una guida saggia ed equilibrata per l'Italia nei difficili anni della ricostruzione postbellica e, al contempo, fu insigne statista, capace di guardare all'Europa con ampia visione cristiana": così il Papa ricorda il presidente del Consiglio italiano nel secondo dopoguerra, durante una visita alla chiesa romana dove si trova la tomba di De Gasperi, la parrocchia di San Lorenzo fuori le Mura.

Apcom

Papa: Da Pio XII "gesto generoso" dopo bombardamento S.Lorenzo

Messa in parrocchia romana di San Lorenzo fuori le mura

Città del Vaticano, 30 nov. (Apcom)

Papa Benedetto XVI ricorda il "gesto generoso" compiuto da Pio XII dopo il bombardamento anglo-americano del quartiere romano di San Lorenzo, quando Pacelli si recò tra le macerie per portare la sua solidarietà alla popolazione colpita.
Celebrando messa nella parrocchia di San Lorenzo fuori le mura, il Papa ha ricordato "un evento particolarmente drammatico nella storia plurisecolare della vostra basilica avvenuto durante il secondo conflitto mondiale": il "violento bombardamento" del 19 luglio 43 che provocò "danni gravissimi all'edificio e a tutto il quartiere", seminando "morte e distruzione" nella popolazione. "Non potrà mai essere cancellato dalla memoria della storia il gesto generoso compiuto in quell'occasione dal mio predecessore - ha proseguito Ratzinger - che corse immediatamente a soccorrere la popolazione duramente colpita tra le macerie ancora fumanti".

Apcom

Il Papa commemora il predecessore, del quale ricorre il cinquantenario della morte

Storiche le foto del Pontefice con la veste bianca insanguinata
Benedetto XVI commemora Pio XII

"Gesto generoso per San Lorenzo"
Ricordato anche De Gasperi, "guida saggia ed equilibrata per l'Italia del dopoguerra
e insigne statista capace di guardare all'Europa con una visione cristiana"

ROMA - "Non potrà mai essere cancellato il gesto generoso del mio predecessore Pio XII che corse immediatamente a consolare la popolazione tra le macerie ancora fumanti". Lo ha detto Benedetto XVI visitando la Basilica di San Lorenzo fuori le mura, e ricordando il terribile bombardamento del 19 luglio 1943. In quell'occasione la basilica fu quasi completamente distrutta.

"Ricorre quest'anno - ha ricordato il Papa - il 50esimo anniversario della morte del servo di Dio Pio XII e questo ci richiama alla memoria un evento particolamente drammatico del secondo conflitto mondiale, quando il 19 luglio 1943 un violento bombardamento seminò morte e distruzione nel quartiere di San Lorenzo".
Ratzinger non ha fatto ulteriori accenni al suo "venerabile predecessore". Ma l'anniversario che cade quest'anno ha finito per riaprire antiche ferite con il mondo ebraico, che accusa Pacelli di aver taciuto di fronte all'Olocausto.
L'episodio ricordato oggi dal Papa si riferisce al bombardamento anglo-americano su San Lorenzo, che provocò oltre 6 mila morti. Pacelli, per la prima volta dall'inizio della guerra, uscì dal Vaticano per portare la sua solidarietà alla popolazione. Storica la foto di Pio XII con la veste bianca insanguinata.
Nel corso della messa a San Lorenzo Bendetto XVI ha ricordato inoltre Alcide De Gasperi, "guida saggia ed equilibrata per l'Italia negli anni difficili del dopoguerra e insigne statista capace di guardare all'Europa con una visione cristiana". Sia De Gasperi che Pio XI sono stati riconosciuti dalla Chiesa come "Servi di Dio" e sono in attesa della beatificazione (ma tutti e due i processi trovano forti opposizioni).

Repubblica online

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IL PAPA E L'ISLAM: LO SPECIALE DEL BLOG

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Le religioni e il destino del mondo

di Khaled Fouad Allam
Università di Trieste e di Stanford

Stiamo da tempo vivendo una crisi globale e proprio per questo la riflessione sul dialogo tra islam e cristianesimo merita di essere riproposta sotto una nuova angolazione. Le relazioni tra queste due grandi religioni sono ovviamente antiche, non solo per la prossimità geografica ma per la storia delle due tradizioni spirituali.
Da decenni - per molti aspetti, dal concilio Vaticano ii - i rapporti tra musulmani e cristiani coinvolgono diverse dimensioni, tra le quali il confronto sul piano religioso, anche se spesso non si riesce ad approfondirlo e a evidenziarne luci e ombre, con il risultato che non di rado emerge la nostra incapacità a pensare oltre.
Proprio per questa crisi generalizzata bisogna pensare il dialogo tra cristianesimo e islam nella sua dimensione filosofica, vale a dire nella ricerca e nell'analisi di ciò che potrebbe aiutarci a individuare i pericoli della crisi e gli strumenti per superarla. È sempre nell'esperienza del dolore, del male e della sofferenza che gli esseri umani sono chiamati alle proprie responsabilità dinanzi alla storia e all'eternità. Le catastrofi degli ultimi vent'anni, la radicalizzazione delle coscienze, l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001, il ritorno dell'intolleranza nei confronti di alcune fedi sono il segnale di un male che la nostra umanità sta vivendo.
Ma è proprio l'esperienza della sofferenza, individuale o collettiva, che rende possibile l'incontro con l'altro, anche se la sofferenza permane comunque intatta e ineludibile. Non è dunque un caso che nella ricerca di un nuovo ordine internazionale e di una convivenza pacifica fra popoli e culture, la nozione stessa di dialogo investa, com'è ovvio, terreni non inclusi in quelli delle tradizionali questioni religiose.
Abbiamo difficoltà a entrare nel XXI secolo perché il xx secolo pesa ancora troppo; e se alcuni lo definiscono come il "secolo della storia", è semplicemente perché ha occultato il rapporto complesso fra storia ed eternità. Un inedito conflitto fra il desiderio di eternità e il vivere nella storia ha prodotto l'odierno oblio della sostanza delle cose; l'uso della parola "modernità" è significativo di tutto ciò, perché la modernità ci ha permesso di dimenticare che tutto è provvisorio su questa terra, e che qui siamo ospiti.
Viviamo ancor oggi nell'ambiguità di questo rapporto: i nostri comportamenti ne sono impregnati, al punto che spesso nelle religioni - ad esempio nel caso dell'islam - la storia si impadronisce dell'eternità, ad opera degli uomini meno adatti al dialogo. È ciò che avviene nel radicalismo islamico, che in alcune situazioni cerca di imporre il tragico ordine della tirannia.
L'affrontare grandi questioni come la libertà di religione - un problema importante nel mondo islamico - rivisitando il rapporto fra storia ed eternità finirà per incidere sul dialogo tra musulmani e cristiani e sul rapporto tra islam e mondo. Il divorzio fra storia ed eternità si è tradotto nel senso di oblio - oblio dell'eternità, della continuità, della nostra provvisorietà - ed è in tale oblio che si sono fatte le guerre e le rivoluzioni, è in esso che sono nati i totalitarismi. Ma l'oblio ha intaccato anche le grandi questioni relative al destino dell'uomo, alle manipolazioni genetiche e alla bioetica, questioni angoscianti perché interrogano non solo l'individuo ma l'umanità intera.
Come ristabilire questo rapporto, come definire una reale complementarità fra il nostro vivere nella storia e il nostro desiderio di eternità? Ogni rivelazione si definisce come una redenzione, ma ognuna è anche un modello da riformulare volta per volta, perché una reale temporalità, un vero attraversamento del Mar Rosso come fece Mosè con il popolo ebraico, ha senso solo se si congiungono i due punti cardinali, storia ed eternità.
È anche così che si può vedere l'odierna questione del dialogo delle civiltà: un ipotetico nuovo ordine internazionale non può che passare attraverso due paradigmi, che andranno definiti nei contenuti: il primo è la democrazia, il secondo è il dialogo fra popoli, culture e religioni. Le due questioni sono intimamente legate, e il loro sviluppo sarà di primaria importanza per uscire dalle turbolenze di questo nuovo secolo.
Mi preme aggiungere che il dialogo non solo è necessario, ha una urgenza sociale e una valenza etica e morale. L'islam non è una categoria astratta, è fatto di persone che hanno speranze e sofferenze, che vivono anche nel cuore delle città d'Europa, che desiderano integrarsi, anch'esse protagoniste di un'Europa che ritorni alle sue radici, aperte agli altri continenti. In un mondo attraversato da frontiere simboliche e culturali, è forse giunto il tempo che l'universalismo rappresenti l'antidoto all'odierna visione pessimistica del mondo, pessimismo che rende l'uomo muto di fronte all'umanità.
Ma la geometria variabile del dialogo può assolvere anche un'altra funzione: liberare l'islam dal monopolio della teologia neofondamentalista, che occulta la simmetria del rapporto fra storia ed eternità, che tende a considerare la storia come eternità e l'eternità come storia, con l'effetto che l'islam si svuota della sua dimensione spirituale e impoverisce la sua stessa cultura. Di ciò i musulmani si devono rendere conto. Il dialogo è in qualche modo legato a quella "salvezza", anche nella sua versione profana, che dovrà illuminare il buio dei nostri giorni.

(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 2008)

Papa Benedetto sta insegnando la laicità ai laici e finemente ed efficacemente spiazza i laicisti di Micromega (Iannuzzi)


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Gli atei invece di prendersela con se stessi per la crisi attaccano la Chiesa

Raffaele Iannuzzi

Ogni crisi apre faglie profonde nelle società che da essa vengono duramente toccate, ma, proprio per questa ragione, emerge ciò che di più tangibile e bruciante desiderano i cuori delle persone.
Questa crisi non è solo finanziaria. Basta leggere le dichiarazioni alla Camera dei Deputati americana di chi ha gestito la Lehman Brothers e il crack storico ed irreversibile di questa prestigiosa e ormai ex banca d’affari, per capire che questa gente aveva costruito sulla sabbia, per citare la meditazione di Benedetto XVI all’ultimo Sinodo dei Vescovi, e non sulla roccia. Il denaro è “niente”, secondo il Papa, non perché, di per sé, sia niente, ma perché non può che essere funzionale ad un progetto di vita condotto secondo criteri religiosi e morali adeguati. E’ l’antica e mai superata dottrina degli ordini dell’essere, c’è qualcosa che viene prima e qualcosa che viene dopo e questa gerarchia produce il ben-essere degli uomini e delle società. Questa crisi – appunto: non solo finanziaria – ha evidenziato lo scardinamento delle finalità elementari dell’ordine umano e sociale, mettendo all’ordine del giorno la sopravvivenza di una decente coesione sociale ed una legittimazione universale della società.

Stando così le cose, tutto dovrebbero fare gli intellettuali atei militanti tranne che prendersela con la Chiesa, bollandola, appunto, di “militanza” e di “politicità” invasiva e pericolosa.

Perché le radici della crisi stanno in ciò che Lévinas ha detto dell’ateismo: esso è separatezza dell’intelligenza e della volontà, dunque delle azioni, dall’ordine naturale e morale. La morte anche civile di un mondo umano. Invece, questi militanti atei spostano il focus dell’attenzione e bombardano la Chiesa con un numero di “Micromega” interamente dedicato a “Dio, nichilismo e democrazia”. Temi ormai diventati “classici”, in un certo senso, ma anche tormentoni e veri e propri mantra della casta dei mandarini elitari del nichilismo radical-chic, quello che se ne va dalla Chiesa – è il caso della De Monticelli – con dòtti e petulanti articoli. Focus spostato dalla realtà vera, dicevo, e conseguente nuova militarizzazione del conflitto contro la Chiesa. Un mondo parallelo di “alieni”, nel senso letterale del termine. A fronte di questo sbalorditivo genere letterario dell’ateismo-patchwork, abbiamo la realtà mistica e mariana della Chiesa, documentata da un Cardinale di peso come Godfried Danneels, Primate del Belgio, che, in una lunga intervista a 30Giorni, risponde ai philosophes laicisti di “Micromega” come meglio non si potrebbe fare. Dannels dice, in ordine: a) la Bibbia, la Sacra Scrittura, proprio quell’oggetto di culto dei martini ani militanti e di tanti atei che vorrebbero fare le pulci ai veri credenti, “non è un testo”, cioè non è né ideologia, né ermeneutica e neppure sociologia religiosa, ma “è la Parola viva che è stata pronunciata in Gesù, e che continua ad essere pronunciata in Gesù da Dio”: primo colpo ai cattolici “cavalli di Troia” del gruppo di “Micromega”; b) la fede della Chiesa è la stessa della folle che incontrava Gesù, e questo dato emerge con forza dagli incontri ai santuari mariani: e così anche la De Monticelli ha il suo nihil obstat all’uscita dalla Chiesa, se proprio non vuole essere parte di queste folle di semplici “poveri di spirito”; c) la Chiesa “deve evitare di interferire nella vita politica. L’organizzazione della società e delle istituzioni appartiene ai politici”: e così, è pagato anche Esposito, che, sempre sulla rivista-partito diretta da Flores d’Arcais, discetta rozzamente sulla presunta “vocazione politica della Chiesa”.

In realtà, Papa Benedetto sta insegnando la laicità ai laici e, con quest’operazione finissima ed efficacissima, sta spiazzando chi laico non è e non è mai stato, i laicisti di “Micromega”, ad esempio. Ecco perché questi ultimi, privi di categorie come sono, non riescono a cogliere i nessi veri di questa crisi e teorizzano o un nuovo “crollismo” (del capitalismo) o universi pan-regolativi che poco hanno a che vedere con la realtà. In mezzo a questi due poli, non c’è nulla. Anzi, sì, c’è qualcosa di assai pericoloso: il Nulla.

© Copyright L'Occidentale, 30 novembre 2008

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«Un Papa incompreso: non era freddo ma un vero intellettuale»

di Paolo Scotti

RomaSenza l'incanto romantico di Giovanni XXIII; senza il sorridente appeal di Giovanni Paolo I; senza la statura epica di Giovanni Paolo II. L'unico papa del 900 che non abbia lasciato dietro di sé un'immagine popolare; se non quella (in realtà parziale) di pastore incompreso e tormentato, al timone d'una Chiesa nella tempesta dei tempi moderni. Personaggio difficile, Paolo VI. Sfida difficilissima, per l'attore che lo interpreta. Sfida raccolta da Fabrizio Gifuni: che in Paolo VI-il papa nella tempesta - la fiction della Lux Vide diretta da Fabrizio Costa, in onda su Raiuno stasera e domani - veste appunto i complessi panni del pontefice più sottovalutato (e malinteso) della storia recente.
«Se vi fate un giro dalle parti di San Pietro, vedrete che i negozi di souvenir traboccano di cartoline con le immagini di papa Roncalli, papa Luciani, papa Wojtyla. Mentre non ne troverete una, neppure una, di papa Montini - spiega Gifuni -. Il che è sorprendente, se si pensa che Paolo VI ha guidato la Chiesa nei quindici anni, dal ’63 al ’78, forse più critici della sua storia recente». I motivi, per Gifuni, sono evidenti: «Montini non era naturalmente dotato di appeal, si chiudeva spesso in un appartato riserbo. Il che, al confronto con l'esuberanza mediatica di due icone quali Roncalli e Wojtyla, ha finito per precipitarlo in un cono d'ombra. Quasi per farlo dimenticare, e del tutto ingiustamente. Ma tutto questo spiega e non spiega». Sembra che si fu un malinteso: «Sì, quando era ancora arcivescovo, papa Giovanni lo definì “l'Amleto di Milano”. E in genere lo si ritiene un pontefice incerto, dubbioso, tormentato. Ora io non conosco a fondo Paolo VI; ma da attore conosco Amleto. E posso dire che entrambi sono stati vittime dello stesso equivoco. Non erano né incerti, né dubbiosi: erano solo intellettuali. E come tutti i veri intellettuali, davanti alla complessità delle cose non cercavano strade semplici o scorciatoie: le affrontavano frontalmente, se ne lasciavano letteralmente attraversare». Basta pensare al Concilio, alla Populorum progressio, alla Humanae Vitae.
E ora resta da parlare di come è il Paolo VI di Gifuni. «Come faccio sempre coi personaggi realmente vissuti, mi sono documentato il più possibile su di lui attraverso libri, documenti, filmati. Sarebbe stato illogico, ad esempio, rappresentare papa Montini, senza tentare di replicarne la gestualità così caratteristica - quei movimenti ampi, aristocratici e la voce così inconfondibile, pastosa, bresciana. E poi, così facendo, scopri cose inattese. Il calore e l'umorismo che esprimeva cogli amici più intimi ad esempio. Gli slanci e gli entusiasmi che partivano improvvisi, e che rivelano un uomo completamente diverso da quel che si dice. Come quando ricevendo in San Pietro i più grandi attori e registi di allora, chiese dopo secoli d'incomprensioni, vogliamo fare la pace?».
Matilde Bernabei, della produttrice Lux Vide, ha affermato che «questo film restituisce il suo onore a un papa ingiustamente malinteso. Eppure sembra che a Benedetto XVI la miniserie non sia piaciuta. «Questo l'ha affermato una fonte ecclesiastica anonima. Il che la dice lunga sulla sua attendibilità. Noi, invece, abbiamo avuto l'aiuto e il sostegno dei cardinali Comastri e Re, e i complimenti del cardinal Silvestrini. Mentre il papa, alla proiezione privata del 9 novembre scorso, mi ha detto testualmente: “Complimenti. Era molto difficile rendere la complessità di tutti questi passaggi”». Quanto alle altre critiche, sarebbero campate in aria. Il film, secondo le accuse, darebbe troppo risalto al periodo antifascista della vita di Montini. «Il personaggio di un giovane tentato dal terrorismo delle Brigate rosse, è effettivamente inventato. Ma non è il nipote del papa, come è stato detto».

© Copyright Il Giornale, 30 novembre 2008 consultabile online anche qui.

sabato 29 novembre 2008

"L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera è chiamata a diventare speranza, per sè e per il mondo"

Clicca qui per leggere il testo dell'omelia pronunciata dal Santo Padre in occasione dei Vespri della Prima Domenica di Avvento.

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questo bellissimo servizio di Salvatore Izzo (Agi)
R.

PAPA: DOMANI A SAN LORENZO, RICORDERA' DE GASPERI E VESTE INSANGUINATA DI PIO XII

(AGI) - CdV, 29 nov.

Benedetto XVI si rechera' domani in visita pastorale alla parrocchia di San Lorenzo fuori le Mura, accanto al cimitero del Verano, un luogo legato a due grandi personaggi del secolo scorso, Pio XII e Alcide De Gasperi, che ebbero tra loro rapporti non molto facili dopo che il premier - considerato uno dei padri fondatori dell'Unione Europea - rivendico' l'autonomia dei laici cattolici in politica. Entrambi sono stati riconosciuti dalla Chiesa come "Servi di Dio" e sono in attesa della beatificazione (ma tutti e due i processi trovano forti opposizioni).
Per recarsi alla Basilica, il Papa percorrera' lo stesso tragitto compiuto il 19 luglio 1943 da Pio XII che usci' dal Vaticano per manifestare solidarieta' alle vittime del primo bombardamento su Roma.
Quel giorno la veste bianca del suo predecessore si macchiò del sangue di qualcuno dei feriti che egli era andato a confortare per far sentire la sua presenza di padre e di pastore. Una memorabile fotografia ritrae Pio XII assiepato da una folla di volti spauriti mentre allarga le braccia nel caratteristico gesto della
benedizione. E' riconoscibile nell'immagine anche l'allora sostituto della Segreteria di Stato, mons. Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, che accompagnava il Pontefice.
L'intero quartiere era stato raso al suolo, quasi 3.000 i morti accertati e almeno 6.000 i feriti causati dagli ordigni lanciate dai bombardieri anglo-americani che invece di colpire la stazione ferroviaria, obiettivo strategico, avevano distrutto le case dei civili.
Dalle ore 11,03 alle ore 12,10 l’aviazione statunitense bombardo' gli scali ferroviari del Littorio sulla Salaria e di San Lorenzo e dalle 12,12 alle 13,35 gli aeroporti di del Littorio e Ciampino. L’operazione era stata denominata “Crosspoint”. Si avvicendarono in sei ondate quattro gruppi di B-17 e cinque gruppi di B-24, 362 bombardieri pesanti che colpirono il nodo ferroviario sulla Salaria e quello della stazione di San Lorenzo spingendosi sino allo scalo Tiburtino, a Portonaccio. Poi sopraggiunsero 146 B-26 Marauder e 154 B-25 Mitchell, bombardieri medi che attaccano gli aeroporti di Littorio e Ciampino. Gli aerei volavano a 6.000 metri di quota (in codice twenty angels, venti angeli: 20.000 piedi di altezza) per tenersi al sicuro dalla contraerea italiana. Era la flotta aerea più potente che si fosse mai mossa nei cieli italiani. I caccia Lightning che scendevano spesso a bassa quota mitragliando i grandi slarghi, piazzale del Verano, largo Preneste, piazzale Prenestino. Sulla città in poco più di due ore vennero sganciate 1.060 tonnellate d’esplosivo, 4.000 fra bombe dirompenti e spezzoni incendiari: la maggiore incursione compiuta sino a quel momento sull’Italia anche come tonnellaggio, la più tragica come numero di vittime. Gli aerei statunitensi rientrarono alle basi avendo subito una sola perdita, tre gli aerei da caccia italiani abbattuti.

La causa per la beatificazione di De Gasperi e' stata promossa dalla diocesi di Trento e osteggiata da quella di Bolzano, in particolare proprio dal vescovo Egger, grande amico di Benedetto XVI e recentemente scomparso: in Alto Adige rimproverano a De Gasperi di non aver mantenuto la parola data alla minoranza tirolese. Sostenitori della santità di De Gasperi sono stati indicati due cardinali protagonisti della vita della Chiesa Italiana negli ultimi decenni: Camillo Ruini e Carlo Maria Martini, che lo accostò a Lazzati. "Ma il percorso di De Gasperi verso gli altari mi pare molto accidentato", afferma lo scrittore cattolico Vittorio Messori sottolineando che "disincagliare l'iter di personaggi legati alla politica sarà particolarmente difficile.
Non è detto - spiega l'editorialista del Corriere della Sera - che chiunque abbia vissuto nel mondo non possa diventare santo; però potrebbe essere più complicato per un politico che per un asceta, un mistico, un uomo votato alla vita contemplativa". Per il direttore di Avvenire, Dino Boffo, comunque "la canonizzazione di De Gasperi non sarebbe una valutazione della sua politica, ma della sua virtù, della sua vita personale, che nella politica è certo riverberata ma non ne rappresenta che un aspetto.
Credo davvero - confida il direttore del quotidiano cattolico - che De Gasperi fosse una persona spiritualmente matura, ricca delle virtù cristiane della fede, della speranza, della carità. Credo che un giorno, forse non lontano, arriverà sugli altari".

La visita di Benedetto XVI a San Lorenzo unira' domani il ricordo di questi due grandi personaggi del secolo scorso, che dopo la vittoria della Dc del 1948 si trovarono in conflitto sul tentativo di Luigi Gedda (dirigente dell'Azione Cattolica incaricato in questa operazione da Pacelli) di arginare il Pci con i Comitati Civici. De Gasperi, che da Papa Pacelli era molto stimato (era stato lui stesso ad autorizzarne l’assunzione in Vaticano come Segretario della Biblioteca Apostolica) era contrario a una lista di cattolici senza simboli di partito a cui potessero aderire anche missini e monarchici per salvare il Campidoglio dal pericolo comunista nelle amministrative del 1952.
Pio XII non perdonò il "no" del premier e qualche mese dopo, quando in occasione del suo 30esimo anniversario di matrimonio, e per i voti perpetui della figlia suora, De Gasperi chiese un’udienza privata gliela negò.

© Copyright (AGI)

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Apertura e ragione

Gli avvenimenti tragici degli ultimi giorni - che hanno colpito e sconvolto un grande Paese già da mesi teatro di ripetuti episodi di intolleranza e violenza rivolti in particolare contro le minoranze cristiane - confermano una volta di più che il dialogo tra le culture del mondo è l'unica via percorribile per una convivenza umana.
Come Benedetto XVI va ripetendo dall'inizio del pontificato e di nuovo ha ora confermato in una lettera al senatore Marcello Pera. Incluso nell'introduzione al libro appena pubblicato dall'esponente politico italiano con il titolo Perché dobbiamo dirci cristiani, il breve testo papale ne sottolinea alcune analisi.
Tra queste, l'affermazione "che all'essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell'immagine cristiana di Dio: la sua relazione con Dio di cui l'uomo è immagine e da cui abbiamo ricevuto il dono della libertà". E urgente appare quel dialogo che - sottolinea con lucidità il Papa - "approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo". In questo modo, ancora una volta Benedetto XVI sottolinea l'importanza del dialogo tra le culture indicando che si tratta di una via più praticabile e suscettibile di conseguenze che vanno esaminate "nel confronto pubblico": proprio qui, infatti, "il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari".
Anche in tempi difficili come quelli presenti viene così confermata la scelta della Chiesa cattolica di aprirsi al dialogo con le culture del mondo. Con la volontà che questo colloquio - un termine caro a Paolo vi, che di questa apertura fece il tema della sua enciclica programmatica - sia autentico e porti frutti. Non solo dunque un dialogo di superficie che affermi sulla carta principi, ma un confronto vero. Innanzi tutto all'interno della stessa Chiesa, che deve approfondire "la coscienza di se stessa" - come afferma appunto la Ecclesiam suam - per poi "con candida fiducia" affacciarsi "sulle vie della storia" e ripetere "agli uomini: io ho ciò che voi cercate, ciò di cui voi mancate".

Le parole di Benedetto XVI sono state comprese e apprezzate anche al di là dei confini cattolici, così come la ribadita volontà di confronto e di amicizia con l'ebraismo e con l'islamismo sta portando frutti.

Il Papa continua a fare appello alla ragione di tutti e, senza stancarsi, chiede che questa ragione si apra: al confronto con ogni interlocutore su temi ragionevoli e condivisibili come quelli della dignità di ogni persona umana, creatura e immagine di Dio, e della libertà religiosa.
Sono infatti queste alcune delle "conseguenze culturali" su cui è urgente confrontarsi, come per esempio è avvenuto dopo la lezione di Ratisbona. La Chiesa - scriveva ancora Paolo VI - senza promettere la felicità terrena offre però la sua luce e la sua grazia per poterla conseguire. E "parla agli uomini del loro trascendente destino" ragionando anche "di verità, di giustizia, di libertà, di progresso, di concordia, di pace, di civiltà. Sono parole queste, di cui la Chiesa conosce il segreto; Cristo glielo ha confidato".

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 2008)

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In attesa della visita di Benedetto XVI nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura

Anno laurenziano
Un percorso di rinnovamento


di Alessandro Trentin

Tutto è pronto nella Basilica romana di San Lorenzo fuori le mura per accogliere la visita di Benedetto XVI, domani, domenica 30 novembre, in occasione della chiusura delle celebrazioni per il 1750° anniversario del martirio del protodiacono.
L'Anno laurenziano era stato aperto il 1º gennaio scorso dall'allora cardinale vicario Camillo Ruini con una solenne messa ed è proseguito con una serie di iniziative che hanno coinvolto la comunità e non solo. Infatti, sono stati numerosi i pellegrini di altre diocesi italiane ma anche provenienti dall'estero, ad esempio Germania, Spagna e Francia, che si sono recati in visita sulla tomba del martire.
A ricevere il Papa saranno, tra gli altri, il cardinale vicario Agostino Vallini e il parroco, fra' Bruno Mustacchio. I fedeli con grande gioia attendono di incontrare Benedetto XVI e i preparativi fervono per salutare l'arrivo del successore di Pietro, che presiederà la solenne concelebrazione eucaristica.
Il parroco commenta: "Ci prepareremo insieme all'onore di un evento che ci commuove, ci emoziona, ci interroga sul nostro essere Chiesa di Cristo, Chiesa che è in Roma, con l'umiltà di chi riceve lo stesso Gesù nella propria casa". La comunità dei fedeli, tra l'altro, si ritroverà fino alla vigilia della visita, davanti al tabernacolo pregando insieme per il Papa, per le sue intenzioni, per le proprie famiglie, per coloro che soffrono e anche per tutti quelli che hanno bisogno di un sostegno spirituale "certi - aggiunge il parroco - che il Signore non mancherà, ancora una volta, di riempire la nostra vita della sua grazia. Con questo spirito, accogliamo il Vicario di Cristo, sentendoci in comunione con Lui e tra noi". Fra' Bruno Mustacchio aggiunge: "Il Signore, nel suo immenso amore, ha chiamato il suo Servo Benedetto a tenere il posto di Pietro per essere pastore del suo gregge, di cui ognuno di noi è pecorella prediletta. Se Giovanni, il discepolo che Egli amava, è il primo degli apostoli a riconoscere Gesù nella scena della pesca miracolosa, Pietro è il primo a raggiungerlo, facendosi "ponte" tra il Signore e i suoi".
La Basilica, al cui interno sono custodite oltre alle reliquie del santo anche le tombe di Pio ix e di Alcide De Gasperi, è sede parrocchiale dal 1709, sebbene attualmente nel suo territorio rientrino soltanto una decina di famiglie. Nell'area basilicale, il cosiddetto "Agro Verano" sono anche sepolti i Papi Zosimo, Sisto iii e Ilario.
I cappuccini, che prestano una particolare attenzione alla pastorale dei defunti servendo l'attiguo cimitero monumentale del Verano, hanno avuto in affidamento la chiesa nel 1855.
Il superiore della Casa dei cappuccini e vice parroco, fra' Frumenzio De Donato, riferisce al nostro giornale che l'Anno laurenziano ha costituito "un'occasione per un rinnovamento interiore di tutta la comunità". Per i frati in particolare, aggiunge, si è trattato di un ulteriore passo nel percorso di maturazione della fede e di miglioramento della loro testimonianza. L'obbedienza alla Chiesa, l'osservanza delle sue leggi e dei suoi insegnamenti, costituiscono la regola di vita dell'ordine che impronta il suo cammino sulle orme di san Francesco d'Assisi.
Il vice parroco racconta, tra l'altro, della forte devozione dimostrata anche dai fedeli stranieri, giunti numerosi per ricevere l'indulgenza plenaria. La Basilica dunque, per un anno, è diventata faro illuminante per i pellegrini alla ricerca di un contatto profondo con la fede. La devota partecipazione alle adorazioni eucaristiche serali ne sono, conclude il vice parroco, un forte segno.
Oltre ai momenti di preghiera, per l'Anno laurenziano, sono stati organizzati anche dei seminari riguardanti temi specifici, cui hanno partecipato religiosi e esponenti del mondo della cultura. Le riflessioni si sono accentrare fra l'altro su la solidarietà e la missione e la tutela della vita. Inoltre, le tradizionali catechesi per adulti e giovani, molto seguite dai fedeli e che si svolgono regolarmente da anni, sono state tenute avendo una particolare attenzione per lo speciale evento. Per la comunità locale, inoltre, è a disposizione un centro di ascolto per le persone in difficoltà.
La Casa dei cappuccini è, tra l'altro, particolarmente attiva nel valorizzare l'immenso patrimonio storico-artistico costituito dalla Basilica e dalle altre proprietà attigue. Recentemente sono state scoperte delle antichissime tombe sullo spazio antistante il complesso basilicale che sono oggetto di interesse da parte della Sovrintendenza ai beni culturali.

(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 2008)