lunedì 13 luglio 2009

Papa Ratzinger ai Grandi: combattere le ingiustizie sociali (Giansoldati)


Ratzinger ai Grandi: combattere le ingiustizie sociali

«Servono interventi immediati e una progettualità economica che ridisegni lo sviluppo in modo globale»

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

Papa Ratzinger batte il ferro finchè è caldo e insiste sul bisogno di una nuova stagione etica.
Non vorrebbe che i riflettori che il G8 ha puntato sui problemi planetari più urgenti si spegnessero facilmente. «Ci sono nel mondo sperequazioni sociali ed ingiustizie strutturali non più tollerabili, che esigono, oltre a doverosi interventi immediati, una coordinata strategia per ricercare soluzioni globali durevoli». All’Angelus domenicale riprende senza indugio il filo del ragionamento che lo ha portato ad elaborare la Caritas in Veritate.
«Occorre una nuova progettualità economica che ridisegni lo sviluppo in maniera globale» ancorata al «fondamento della responsabilità davanti a Dio» e «dell’essere umano come creatura di Dio». In questi giorni il concetto ha fatto da leit motiv durante i colloqui coi diversi capi di Stato transitati in Vaticano in occasione del summit all’Aquila, a cominciare dal presidente americano, Barak Obama. A tutti Benedetto XVI ha chiesto esplicitamente di non smettere di lavorare per un mondo più giusto, magari individuando a livello internazionale una nuova governance in grado di fronteggiare efficacemente le grandi crisi, tanto di natura economica che politica. «Durante il summit i Capi di Stato e di Governo hanno ribadito la necessità di giungere ad accordi comuni al fine di assicurare all’umanità un futuro migliore». Il vuoto venutosi a creare negli ultimi anni a causa dell’immobilismo delle Nazioni Unite viene condensato in uno dei paragrafi finali della Caritas in Veritate. Il Papa non spera tanto un super-governo, ha precisato il cardinale Martino, piuttosto in una riforma dell’Onu. «Questo perché in una società in via di globalizzazione, il bene comune e l’impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell’intera famiglia umana». Il modello di sviluppo richiesto implica la difesa della vita umana, dall’inizio fino alla sua fine naturale. La dignità dell’uomo, dunque, deve riprendere una posizione centrale. I fedeli che ieri a mezzogiorno erano radunati in piazza san Pietro sono così stati messi in guardia dall’assolutismo della tecnica, un male, ha detto il Papa, che potrebbe «disegnare foschi scenari per il futuro dell'umanità». Il che significa che le soluzioni ai problemi «non possono essere solo tecniche, ma dovrebbero tener conto di tutte le esigenze della persona, la quale è dotata di anima e corpo». A far da sfondo a queste parole sono le frontiere della bioetica, la ricerca sugli embrioni umani, la clonazione, l’eugenetica. Tutte «pratiche contrarie alla vita», anche «quando sembrano motivate da una scelta di amore, in realtà sono il frutto di una concezione materiale e meccanicistica della vita umana, che riduce l'amore senza verità, a un guscio vuoto da riempire arbitrariamente e può così comportare effetti negativi per lo sviluppo umano integrale». Congedandosi dai pellegrini accaldati, Papa Ratzinger ha poi confessato di essere terribilmente preoccupato per quello che sta succedendo in Honduras, dopo il recente colpo di Stato. Il Paese si trova sull’orlo della guerra civile, la Chiesa locale denuncia minacce e lo stesso cardinale honduregno Maradiaga nutre il timore di essere ucciso. Si spera e si prega per la «via del dialogo, della comprensione reciproca e della riconciliazione». Se ognuno «si sforza a cercare la verità e a perseguire con tenacia il bene comune» si arriva a «una convivenza pacifica e un'autentica vita democratica».

© Copyright Il Messaggero, 13 luglio 2009

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