martedì 8 dicembre 2009
A proposito dell'atteggiamento dei mass media: l'articolo di Giuseppe Reguzzoni sul card. Tettamanzi e la riduzione dell'Ansa
Vedi anche:
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Il nunzio in Irlanda: Scuse per '"tutti gli errori commessi"
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Venerdì il Papa riceve il card. Brady per i preti pedofili di Irlanda (Apcom)
La mia personale solidarietà al cardinale Tettamanzi
Cari amici, ecco qui un esempio di come i media (in questo caso una agenzia) siano in grado di alimentare la polemica.
Oggi tutti se la sono presa con l'articolo di Giuseppe Reguzzoni per "La Padania" (l'hanno letto?) basandosi forse sulla riduzione dell'Ansa.
Per correttezza il blog propone entrambi le fonti.
Clicca qui per leggere il resoconto dell'Ansa segnalatoci da Euge.
Ed ecco l'articolo originale (giudicate voi!)
«Erano come un gregge senza pastore ...»
di Giuseppe Reguzzoni, per La Padania 8 dicembre 2009
«Vox populi, vox Dei», diceva un bel motto latino, che, certo, non si riferiva all’urlo rabbioso delle cosiddette masse, inventate dalla sinistra sessantottina, ma alla profonda e innata sensibilità verso il bene e il giusto che i popoli, finché sono tali, portano dentro di sé e che fa loro quasi istintivamente cogliere da che parte sta la verità. La voce del popolo è la voce di Dio, perché il popolo, se non è ancora guastato dalle ideologie o dall’edonismo, spesso “sente”, quasi a pelle, verso dove scorre il fiume del Sacro; lo sente con una saggezza che non è frutto di accademia, ma perfettamente in linea con quella splendida idea, così invisa alle menti aperte della Curia milanese, che si chiama Tradizione. Il Sacro scorre nelle vene della storia da quando è entrato nella storia e ciò che è ignoto ai sapienti è stato rivelato agli umili, che non sbagliano quando difendono ciò che è stato loro tramandato. Non sbagliano perché, forse, è questo l’ultimo istinto di sopravvivenza prima di essere spazzati via da un mondialismo astratto e malvagio. Astratto, perché frutto di un’immagine dell’uomo costruito a tavolino. Malvagio, perché non ha a cuore il bene degli uomini, nemmeno quello degli immigrati, considerati solo come pedine per fare il proprio gioco di potere. Guarda lontano questo istinto profondo che scorre nelle vene dei popoli e in un umile presepe di cartapesta, di legno lavorato a mano, di gesso o finanche di plastica coglie quello che i cardinali e i teologi dell’astrazione si sono fatti sfuggire di mano.
La loro spocchiosa considerazione della religiosità popolare è andata di pari passo con la demolizione della fede del popolo in favore del “dialogo”. Ma, solo se tu sei te stesso, se ami la tua storia e le tue tradizioni, allora puoi parlare con chi è altro da te, allora il dialogo non è cedimento. Per questo la voce del popolo, così umile e così semplice anche quando magari si esprime con concetti mai troppo elaborati, finisce per coincidere con la voce, potente e austera, del magistero della Chiesa di sempre, quello con cui a essere in conflitto sono, semmai, gli alfieri del pensiero “postconciliare”. Quasi che ciò che era vero ieri non possa più essere vero oggi. E questo magistero di sempre è unanime nel condannare tanto la cosiddetta “libertà di religione” che l’indifferentismo religioso che ne deriva. Le polemiche inaugurate dalla Curia di Milano riflettono oggi la profonda spaccatura esistente all’interno della Chiesa Cattolica tra chi interpreta il Concilio come una rottura con la Tradizione e chi lavora per interpretarlo alla luce dell’insegnamento di tutti i pontefici e di tutti i concili precedenti. Ora, per la tradizione dogmatica della Chiesa Cattolica la libertà religiosa non può essere confusa con il relativismo e nemmeno con l’incoraggiamento ad altre fedi, men che meno da parte di chi ha l’autorità pastorale di guidare una comunità ecclesiale.
Tanto più che tutelare la libertà religiosa è un compito che spetta alle autorità civili, non alla gerarchia cattolica che, invece, dovrebbe occuparsi del proprio “gregge” e della sua salvezza spirituale. La confusione, evidentemente, è tanta e - non nascondiamoci dietro un dito - a essere inquietante è l’apologia dell’indifferentismo religioso che certi prelati spacciano per libertà religiosa, idea che da Pio IX a Benedetto XVI è stata unanimemente condannata, anche se negli ultimi decenni il politicamente corretto dominante anche nella Chiesa ha portato a troppi silenzi su questo argomento. Una cosa è rispettare la libertà religiosa sul piano soggettivo (quel che fa il singolo con coscienza retta), altra è essere indifferenti a quel che accade a livello storico e oggettivo, dunque anche a livello politico-sociale. Del resto è lo stesso insegnamento che si può leggere in un testo conciliare come la “Dignitatis humanae”, dove si afferma che «la libertà religiosa, che gli esseri umani esigono nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunità dalla coercizione nella società civile», ma che «essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo». È evidente che il divieto dei minareti in Svizzera o l’opposizione alla proliferazione delle moschee a Milano non è una forma di coercizione, ma solo la limitazione di aspetti architettonici simbolici e, dunque, carichi di significati ostili alla nostra cultura (e alla nostra democrazia), se non apertamente in conflitto con essa. È altrettanto evidente che certi vescovi dovrebbero essere preoccupati di lasciare «intatta la dottrina tradizionale cattolica» circa il dovere «delle società verso la vera religione», evitando posizioni che possono essere interpretate come una manifestazione di indifferentismo religioso. Si tratta, ancora una volta, di lasciare a Cesare ciò che è di Cesare e, dunque, permettere che siano le società a rispondere, affermativamente o negativamente. Certi ambienti curiali siano piuttosto preoccupati di difendere il patrimonio divino che è stato loro affidato. Diversamente la loro non sarà che una semplice politica umana, alleata con le idee di moda in certi ambienti, rispetto alla quale, per parte nostra non dimenticheremo certo che «bisogna ubbidire a Dio, piuttosto che agli uomini», per di più corroborati dall’insegnamento della tradizione per cui, appunto, «vox populi, vox Dei».
© Copyright La Padania, 8 dicembre 2009
Mentre l'articolo di domenica della Padania chiamava in causa direttamente l'arcivescovo di Milano domandandosi se egli fosse un vescovo o un imam (e giustamente e' stato oggetto di aspre critiche anche da parte mia perche' si trattava di un'offesa ingiusta ad un uomo di Chiesa), l'editoriale di Reguzzoni esprime un'opinione che puo' essere condivisa o meno, ma che egli ha il diritto di esprimere.
Assimilare la riflessione di Reguzzoni a quella di domenica non e' corretto.
Questa mattina l'autore ha espresso una sua riflessione esattamente come fanno Melloni, Zizola, Politi o Kung quando chiamano in causa Benedetto XVI.
O e' concesso criticare il Pontefice e non altri vescovi?
No alle offese, massimo rispetto per le persone, no al bavaglio per i vescovi, ma pieno diritto per i commentatori di esprimere riflessioni rispettose.
R.
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5 commenti:
Qui si pone un giusto e serio problema: cioè quello se quando si alimentano polemiche si leggano, oltre ai titoli ad effetto spesso fatti da titolisti ignari o realmente cialtroni, anche i testi degli articoli in questione. Che spesso poco o addirittura nulla hanno a che fare con quanto riassunto in un titolo o in un lancio di agenzia. Da residente delle Venezie, posso portare ad esempio i quotidiani di questa terra, quelli del gruppo Espresso come pure Il Gazzettino. Dove, soprattutto in materia di questioni ecclesiali, raramente il titolo in pagina e magari perfino sulle locandine stradali "c'azzecca" con i testi, scritti da persone oneste e perbene che si trovano poi sintetizzato il loro articolato pensiero in maniera del tutto strumentale e indegna. Meditate, gente, meditate. Roberto
E' triste che si parli di un articolo di riflessione e che è stato presentato come un attacco a Tettamanzi, e i media non abbiano parlato in modo più ampio di quanto il Papa ha detto all'Angelus e del suo discorso a Piazza di Spagna.
Che considerino Tettamanzi e Bertone più importanti di Benedetto 16°.
Piero
Se clicco sul link mi esce "Napolitano vede Bertone, insieme difendono Tettamanzi", ma non si parla dell'articolo di Reguzzoni.
Ciao Sam, l'articolo di Reguzzoni e' trascritto integralmente. Il link riporta l'agenzia Ansa.
R.
Condivido ciò che dice Reguzzoni e aggiungo: è evidente da come i media riportano le notizie da che parte stanno i poteri forti.
Mi dispiace dire che è la stessa parte del card. Tettamanzi!
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