sabato 29 novembre 2008

A colloquio con il nuovo comandante della Guardia Svizzera Pontificia Daniel Rudolf Anrig (Osservatore Romano)


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A colloquio con il nuovo comandante della Guardia Svizzera Pontificia Daniel Rudolf Anrig

Nella continuità di un servizio reso in piena fedeltà al Papa

di Nicola Gori

Il colonnello Daniel Rudolf Anrig, 34° comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, entrerà in servizio effettivo da lunedì 1° dicembre. È nato a Walenstadt nel cantone di San Gallo nel 1972. È sposato e ha quattro figli. Gli ultimi anni li ha trascorsi nel piccolo cantone di Glarona, i cui abitanti fin dal vi secolo furono convertiti al cristianesimo dal monaco irlandese san Fridolino. È passato attraverso varie esperienze accademiche e militari. Ha prestato servizio dal 1992 al 1994 come alabardiere proprio nella Guardia Svizzera Pontificia. Tornato in patria si è laureato in utroque iure all'università di Friburgo, poi è stato assistente di diritto civile nella stessa università. Successivamente è stato nominato capo della polizia criminale del cantone di Glarona e capitano dell'esercito svizzero. Quando è stato scelto per comandare la Guardia Svizzera Pontificia, ricopriva l'incarico di comandante generale del corpo di polizia del cantone di Glarona. Nell'intervista rilasciata al nostro giornale racconta le prime sensazioni provate nel ricevere il nuovo alto incarico, le sue attese, i suoi progetti e le sue speranze per il futuro del Corpo della Guardia Svizzera.

Cosa si prova nel rivivere ora da comandante un'esperienza che si pensava conclusa?

È una gradevole sensazione, carica di emozioni. Ho vissuto un buon periodo in quegli anni, e ho sempre conservato un ottimo ricordo del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia e di tutto l'ambiente della Santa Sede. Sarà per me molto piacevole lavorare con tanti giovani che, come me un tempo, stanno vivendo una grande esperienza di vita.

Quale esperienza del suo primo periodo come guardia l'ha influenzata maggiormente?

Il mio primo periodo come guardia è stato finora uno dei momenti più formativi della mia vita. Ringrazio Dio per questo. In termini filosofici, potrei esprimermi così: non la cura del proprio ego riempie la nostra vita, ma la dedizione alle altre persone e a un compito.
Indubbiamente l'esperienza maturata nei due anni di servizio come alabardiere mi potranno essere comunque di aiuto, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza dell'ambiente. Tuttavia non sarebbero certamente sufficienti per svolgere al meglio il ruolo di comandante della Guardia Svizzera Pontificia. Credo che varrà molto di più l'esperienza maturata nell'esercito e al comando della polizia del mio Cantone in Svizzera. Soprattutto la mia esperienza alla guida della polizia criminale è molto importante, in particolare per quanto riguarda la competenza di guida operativa, la necessaria capacità decisionale in situazioni difficili. Un'esperienza che ho poi affinato negli anni alla guida della polizia criminale e di tutta la polizia del Cantone. Ho dovuto occuparmi in prevalenza della gestione di problematiche interne. Senza entrare nel merito delle specificità operative dei corpi da me guidati finora, penso che queste esperienze potranno certamente aiutarmi nel comando della Guardia Svizzera Pontificia.

E' rimasto sorpreso dalla prestigiosa nomina?

Più che di sorpresa preferirei parlare di un grande onore. Pensando a questo incarico mi sento lusingato per essere stato scelto nonostante fossi solo un giovane ufficiale di polizia, un militare.

E queste sue esperienze porteranno delle novità nello stile di servizio della Guardia Svizzera Pontificia?

È possibile che le mie esperienze nella polizia o nell'esercito svizzero possano avere qualche influenza. Tuttavia non mi sembra opportuno parlare di queste cose. Anche perché se mai dovessi pensare a qualcosa, ci sarebbe bisogno di una profonda analisi prima di decidere di cambiare stile di un servizio già di per sé tanto singolare, direi unico quanto prezioso.

Al di là degli aspetti di guida del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, lei entrerà a far parte della Famiglia Pontificia, come si prepara a vivere questa esperienza a stretto contatto con Benedetto XVI?

Il Papa è al centro del mio incarico e del servizio della Guardia. Per me personalmente è importante trovare tempo per la fede, perché essa ci dà ogni giorno la forza per lavorare con la giusta intenzione. Quale membro della Famiglia Pontificia penso sia importante avere un orecchio attento al messaggio del Pontefice per cercare di tradurlo nella vita quotidiana.

Secondo lei dopo più di 500 anni dalla fondazione del Corpo, il suo compito e la sua missione sono ancora attuali? Vi sono degli aspetti da aggiornare per essere al passo dei tempi?

Fermo restando quanto appena detto è chiaro che, come per ogni altro ambito professionale, c'è necessità di un continuo aggiornamento per restare al passo coi tempi. La sicurezza del Papa è rimasto il compito principale della Guardia Svizzera Pontificia in tutti i 500 anni dalla sua fondazione. Ieri come oggi dunque rimane la natura della Guardia, la sua motivazione, la sua giusta intenzione e la sua volontà di prestare un servizio senza compromessi.

Ha già preso contatto con la Guardia. Quali sono le sue prime impressioni?

La prima impressione che ho avuto è stata molto positiva. Ho trovato un ambiente dinamico. Ho ritenuto molto importante preparare il mio nuovo compito regolarmente in loco, e soprattutto ascoltare, nel contatto personale, quali sono i problemi principali della truppa e dei quadri. Lo scambio più intenso è stato naturalmente quello con gli ufficiali, soprattutto con il mio vice e con il cappellano. Questi contatti mi hanno lasciato l'impressione di una Guardia molto motivata e pronta all'impegno!

Comanda una truppa molto giovane, reclutata in una società sempre più individualista. Per i giovani non è sempre ovvio obbedire agli ordini. Questo lo percepisce anche in seno alla Guardia?

L'individualismo è un problema centrale della nostra società e rappresenta una grande sfida anche nel comandare la Guardia. Tutti insistono sulla loro sfera privata, tutti insistono sui loro bisogni individuali, chi sta di fronte non è più importante. Il tempo che ho trascorso nella Guardia mi ha dimostrato che esiste sempre il rischio di un individualismo eccessivo. Credo, invece, che la cosa più importante è il gruppo, lo stare insieme, l'impegno a favore di tutto il Corpo.

(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 2008)

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