sabato 21 marzo 2009

Il Papa in Angola: L'Africa nel cuore (Osservatore Romano)


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Dall'Angola, dove è giunto venerdì mattina, il Papa lancia un appello al dialogo e alla partecipazione civile

L'Africa nel cuore

Non bisogna arrendersi alla "legge del più forte": tutte le persone hanno "gli stessi diritti umani fondamentali".
Appena giunto in Angola, seconda tappa del viaggio, il Papa rilancia la sua visione di una società africana "più libera, più pacifica e più solidale", dove a ciascuno sia garantita la possibilità di partecipare alla vita civile e di "condividere le personali ricchezze spirituali e materiali a beneficio di tutti".
Lasciata Yaoundé alla volta di Luanda nella mattina di venerdì 20 marzo, Benedetto XVI trova ad attenderlo un Paese uscito appena sette anni fa da un trentennio di guerra civile.
Una società avviata decisamente sulla strada della rinascita materiale e civile, ma che conserva ancora stridenti contrasti e diseguaglianze. "Nel mio cuore e nella mia preghiera ho presenti l'Africa in generale e il popolo di Angola in particolare" assicura il Pontefice. E incoraggia la nazione a "proseguire sulla via della pacificazione e della ricostruzione": un'impresa "immane" - avverte - la cui realizzazione richiede "una più grande partecipazione civica da parte di tutti" e il coinvolgimento dell'"intera società civile angolana". "Per dare vita a una società veramente sollecita del bene comune - ricorda - sono necessari valori da tutti condivisi".
Il Papa indica anche le coordinate di questa opera di riconciliazione nazionale: anzitutto "carità e perdono vicendevole", ma anche "lealtà" e capacità di andare "gli uni incontro agli altri senza paura". Benedetto XVI ricorda la drammatica situazione della "moltitudine di angolani che vivono al di sotto della linea di povertà assoluta" e invoca per loro il rispetto dei diritti e delle aspettative. In particolare assicura la sua solidarietà alle popolazioni del Paese vittime delle alluvioni che hanno colpito la provincia di Kunene. In ogni caso - puntualizza - "per superare ogni forma di conflitto e di tensione e per fare di ogni nazione una casa di pace e di fraternità" il ricorso al dialogo va sempre considerato irrinunciabile.
Temi, questi, che il Pontefice aveva già richiamato negli incontri dell'intensa giornata di giovedì in Camerun.
Salutando in mattinata i rappresentanti della comunità islamica del Paese, aveva ribadito il rifiuto di "tutte le forme di violenza e di totalitarismo, non solo per principi di fede, ma anche in base alla retta ragione". E aveva invitato i musulmani alla cooperazione in vista di "un impegno interreligioso per la pace, la giustizia e il bene comune". Mentre nei due appuntamenti "sinodali" della messa allo stadio di Yaoundé e dell'incontro con il consiglio speciale dell'assemblea continentale in nunziatura - intervallati dalla toccante visita ai malati nel centro di riabilitazione intitolato al cardinale Léger - aveva rinnovato la denuncia dei conflitti etnici, dei massacri e dei genocidi che insanguinano il continente, ricordando che "la situazione di disumanizzazione e di oppressione che affligge i popoli africani non è irreversibile" ma esige una nuova "teologia della fraternità". Solo così - aveva assicurato - "l'Africa può diventare il continente della speranza".

(©L'Osservatore Romano - 20-21 marzo 2009)

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