martedì 30 giugno 2009

Il capitalismo ha vinto. E Papa Ratzinger lo sa (Michael Novak)


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Il capitalismo ha vinto. E Ratzinger lo sa

di Michael Novak

[30 giugno 2009]

Quali siano gli effettivi contenuti della nuova enciclica di Sua Santità Papa Benedetto XVI non è ancora dato saperlo.
La sinistra cattolica e i "progressisti" fremono nell'attesa. Le frettolose anticipazioni sinora pervenute hanno però evidenziato tre lampanti errori di giudizio. Permettetemi di puntualizzarli subito. Un'accurata analisi delle reali dinamiche che informano il sistema capitalistico presuppongono quantomeno tre basilari affermazioni: 1) I mercati funzionano adeguatamente solo nell'ambito di un sistema di leggi, e solo sulla base di ben specifiche regole del gioco. 2) Nell'attuale pratica capitalista, l'amore per la creatività, l'inventiva e l'intraprendenza erede della migliore tradizione imprenditoriale si ergono di fronte alla mera cupidigia. 3) Le fondamentali logiche sistemiche che costituiscono l'essenza del capitalismo sono racchiuse nell'imperativo di liberare gli indigenti del mondo dall'onnipresenza di stampo premoderno della povertà più misera. Tale è la logica che ha consentito alle teorie di Adam Smith circa l'incombente benessere (invece che fame) che avrebbe beneficiato gli strati più bassi delle società di prevalere sulle catastrofiche previsioni malthusiane.

UNO SGUARDO ALLE STATISTICHE

Sin dall'avvento del moderno capitalismo intorno al 1780, più di due terzi della popolazione mondiale si sono liberati dal giogo della povertà. Nelle sole Cina e India, più di 500 milioni di individui sono usciti dalla soglia della povertà negli ultimi quattro decenni. Praticamente in ogni nazione l'aspettativa di vita ha conosciuto un considerevole innalzamento, e conformemente a ciò la popolazione appare ovunque in aumento. L'assistenza sanitaria ha compiuto significativi progressi sotto ogni aspetto, e le politiche di alfabetizzazione hanno raggiunto i luoghi più remoti e impensabili. Qualsiasi siano le ragioni che animano la pratica quotidiana dei singoli individui, il sistema ha sollevato le genti dalla condizione di indigenza come mai prima aveva fatto. La sinistra contemporanea rifiuta sistematicamente di confrontarsi con tali innegabili dati di fatto. Padre Thomas Reese, della Compagnia di Gesù, uno dei più affidabili capibastone della sinistra, ha recentemente opinato che la nuova enciclica di Sua Santità Benedetto XVI chiederà a gran voce "regole"più rigide piuttosto che "mercati liberi da vincoli". Inoltre, il Papa esprimerà una condanna dell'avidità. Da ultimo, Joseph Ratzinger invocherà una maggiore attenzione all'urgente necessità di liberare il mondo dalla povertà. Reese considera tali posizioni come anticapitaliste. E ciò suona ridicolo. Affermazioni quali quelle di Benedetto XVI affondano le proprie radici nei paradigmi in virtù dei quali il capitalismo è riuscito a liberarci dalla miseria, prima negli Stati Uniti e in Europa quindi in un continente dopo l'altro, come ora sta avvenendo - e a ritmi sostenuti - in Asia (quantunque non in Corea del Nord). Padre Reese sostiene che il Papa attribuirà la colpa dell'attuale crisi finanziaria globale alla "cupidigia" dei banchieri statunitensi. Sebbene molte istituzioni, istituti bancari compresi, non siano state in grado di adempiere ai propri basilari doveri, il principale colpevole per il tracollo a cui stiamo assistendo è sicuramente il governo e le misure da questo messe in campo. Esso ha infatti costretto le banche statunitensi a concedere mutui sub-prime a famiglie con reddito modesto (che si sapeva non sarebbero state in grado di restituire con una certa regolarità le somme prestate). E sempre il governo minacciò gli istituti di credito che non investivano nei pacchetti azionari resi "tossici" proprio da tali mutui. Il governo ha persino garantito la liquidità di due grandi istituti quasi-governativi specializzati nell'emissione di mutui ("Fanny Mae" e "Freddy Mac"), che nel corso di quei fatidici anni hanno erogato più della metà del totale dei prestiti. Naturalmente, quando il castello di carte è crollato,Washington non ha fornito le opportune garanzie in termini di liquidità, né tanto meno ha ammesso le proprie responsabilità per le maldestre azioni sino ad allora intraprese. Per almeno dieci anni prima che il disastro si manifestasse in tutta la sua tragicità, i miei colleghi dell'American Enterprise Institute avevano avvertito circa gli abusi governativi che ci stavano sprofondando nel baratro. I partigiani dell'azione governativa fecero orecchie da mercante. Per i moralisti risulta essenziale capire con quale frequenza (ma non sempre) il governo abbia peccato gravemente nei confronti del bene comune, per una mera volontà di potere e di dominio sul prossimo. In aggiunta, i legislatori tendono spesso (ma non sempre) a definire regole sciocche e distruttive, e spesso dispensa una giustizia che ammicca a qualcuno piuttosto che chiudere un occhio. L'azione governativa rappresenta sovente l'elemento attraverso cui si inquina il bene comune, più di quanto possa fare la consueta e legittima attività dei liberi cittadini. Nel corso del XX secolo, i vari governi succedutisi hanno troppo spesso depauperato il bene comune dei propri cittadini per gli anni a venire. Negli Stati Uniti, il Code of Federal Regulations che regola i settori produttivi è enorme. Il Titolo 12 "Banks and Banking" (Istituti e affari bancari) è un contridocumento che consta di 4.786 pagine, il Titolo 15 "Commerce and Foreign Trade" (Commercio e scambi con l'estero) 1.941 pagine, il Titolo 16 "Commercial Practices" (Pratiche commerciali) 1.600 pagine, il Titolo 17 "Securities and Exchange Commission" (commissione per i titoli e le contrattazioni di borsa) 2.708 pagine, il Titolo 31 "Money and Finance: Treasury" (Risorse monetarie e Finanza: Ministero del Tesoro) 1.917 pagine. Il computo totale delle pagine di tale codice è 12.592. Da un capo all'altro, i volumi del Codice sarebbero lunghi 2,35 miglia. Se si contano le pagine nell'unità di misura del piede, (30 pollici per piede lineare è la misura giornalistica standard), il Codice avrebbe una lunghezza di sei miglia lineari. Un "mercato privo di regole" dunque! Non di certo nel vero capitalismo all'americana, che appare più come un moderno Gulliver imprigionato da migliaia di funi. Molti di quei regolamenti sono, è vero, anacronistici, obsoleti, costosi, distruttivi, e nei loro reali effetti si pongono in antitesi alle ragioni per cui furono concepiti. Ma le regole esistono, le regole devono esistere. In assenza di regole non si potrebbe nemmeno giocare a baseball.

SULL'AVIDITÀ...

Per quanto riguarda l'avidità, Weber affermò che essa si palesa in ogni epoca e in ogni sistema della storia umana. Tuttavia la cupidigia assunse connotanti incisivi a livello socia le, e svolse un ruolo sicuramente più determinante, più nelle epoche antiche che non in quella attuale. Oggigiorno, l'avidità rinviene un terreno fertile in special modo dove il potere esecutivo è concentrato nelle mani di pochi individui. Al contrario, nelle società imprenditoriali quali quella statunitense è possibile arricchirsi, anche a dismisura, con metodi antitetici rispetto all'avidità. Le grandi università del Middle West e del Far West furono fondate con l'esplicito proposito di fungere da sprone per nuove invenzioni in settori quali il minerario, l'agricolo ed altri ambiti tecnici. Università quali Texas A & M, Iowa State, Wisconsin State, Oklahoma State e molte altre hanno rappresentato una fucina di idee per ciò che attiene la geologia, il setto- ri minerario e quello delle trivellazioni, l'agricoltura, l'ingegneria e l'elettronica - idee tramutatesi in realtà grazie all'opera di imprenditori creatori di colossali fortune. Con tutte le proprie energie questi pionieri hanno reso servizio al bene comune tanto degli americani quanto dell'intera specie umana. Come Giovanni Paolo II fece saggiamente notare nella sua enciclica Centesimus Annus (#32), nel mondo attuale la conoscenza pratica è la principale fonte di ricchezza. Le idee più che le grandi proprietà terriere costituiscono la maggiore fonte di ricchezza del mondo odierno. Come sia Cesare sia Cicerone osservarono secoli or sono, sebbene la comunione dei beni appaia agli inizi come il metodo migliore per preservare il bene comune, nella realtà dei fatti tali compiti vengono assolti dall'istituzione della proprietà privata.Tale diritto è stato a lungo giustificato in virtù del suo superiore servizio alla causa del bene comune. E almeno negli Stati Uniti molti, molti imprenditori sono pronti a mettere a rischio tutto quanto è in loro possesso al fine di creare qualcosa di nuovo, che renderà migliori le vite dei loro simili. Henry Ford fallì ripetutamente in vari campi prima di rendere la Ford Motor Company quell'emblematico esempio di grande imprenditoria che tutti ricordiamo (lo stabilimento Ford fu il primo a corrispondere ai propri lavoratori un salario pari a 5 dollari al giorno, una remunerazione più che ragguardevole per l'epoca. Al tempo infatti, gli avvocati guadagnavano una cifra annua pari a circa 1.500 dollari. E non era di certo l'altruismo ad animare Ford, bensì la volontà di far acquistare ai propri lavoratori quelle auto che essi stessi contribuivano ad assemblare). Come Oscar Handlin fece notare, nel XIX secolo praticamente ogni imprenditore del settore ferroviario che diede il proprio contri buto alla costruzione di linee a nord e a sud fece fortuna. Quasi ogni magnate che attraverso i binari ferroviari tentò di unire l'est all'ovest perse del denaro. Ciò che li spinse ad andare avanti non fu cieca cupidigia, bensì puro romanticismo - il desiderio di conquistare i deserti e le Montagne Rocciose. L'elemento romantico negli affari non è assolutamente sfiorato dal materialismo dialettico.

FALSE, VUOTE CRITICHE

In sintesi, quasi tutte le critiche provenienti dalla sinistra circa il capitalismo tanto nella variante americana quanto sotto (alcune) altre forme risultano empiricamente false. Esse non collimano con la realtà dei fatti. E le tre critiche di cui sopra - la mancanza di regole nei mercati, l'avidità e l'idea che il capitalismo renda i poveri della terra ancora più indigenti - sono particolarmente fastidiose, e ben distanti dalla realtà. E tutti quei cattolici di sinistra di buon cuore che annunciano la propria entusiastica "preferenza per i poveri" ci aiuteranno mai a liberare quegli stessi poveri dal giogo della miseria, anche solo un po'? La storia ci fornisce prove scarse al riguardo. E tuttavia dovunque si diffonda un capitalismo sano e ricco di inventiva, ecco che i poveri si rialzeranno a milioni dalla loro sventurata condizione, godranno di una maggiore tutela della propria salute fisica, avranno accesso ai livelli superiori dell'istruzione. È sufficiente dare uno sguardo alle statistiche.

© Copyright Liberal, 30 giugno 2009 consultabile online anche qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A me sembra assai più un articolo politico che altro...

Anonimo ha detto...

novak ha torto marcio, e il papa lo sa