martedì 30 giugno 2009

Dopo l’icona il corpo: “Ecco i resti di San Paolo” (Galeazzi)


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Dopo l’icona il corpo
“Ecco i resti di San Paolo”


GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Trovati «i resti mortali» dell’Apostolo delle genti.
«Il sarcofago di San Paolo è stato analizzato da una sonda e sono stati individuati frammenti ossei - rivela a sorpresa Benedetto XVI in chiusura dell’Anno Paolino -. L’esame del carbonio 14 dimostra che appartengono a una persona vissuta tra il I e il II secolo».
Quindi, precisa il Papa, «i risultati di un’attenta analisi scientifica nel sarcofago ospitato nella Basilica di San Paolo confermano la tradizione che si tratti dell’apostolo di Tarso». Nella solenne celebrazione in cui afferma che «il potere del male è la menzogna», «la fede adulta è uno slogan vuoto» e «l’inviolabilità della vita va difesa contro ogni violenza», Joseph Ratzinger tiene per sé il clamoroso annuncio, fino ad oggi sempre smentito dalla Santa Sede, che nel «sarcofago mai aperto in tanti secoli» c’è davvero San Paolo.

Un tessuto prezioso

Benedetto XVI descrive «l’introduzione di una speciale sonda mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino». Ed evidenzia come sia stata anche «rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree». E, soprattutto, la scoperta decisiva: «Piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo».
Malgrado la raffica di smentite vaticane, dunque, le analisi scientifiche confermano la presenza nel sarcofago posto sotto l’altare della basilica di frammenti ossei che il C14 data tra il primo e il secondo secolo, quindi totalmente in linea con la tradizione che ininterrottamente da duemila anni sostiene che lì fu sepolto l’Apostolo delle genti. «Tutto questo - sottolinea il Papa - riempie il nostro animo di profonda emozione». Eppure ancora un paio di giorni fa il Vaticano negava ogni ispezione sul sarcofago di San Paolo, malgrado da mesi si parlasse di una minitelecamera che avrebbe visualizzato la presenza di resti umani all’interno del sarcofago.

Pareti di 25 centimetri

«I lavori di apertura del sarcofago richiedono pesanti interventi nella basilica romana di San Paolo, compresa la demolizione dell’altare papale e del baldacchino di Arnolfo di Cambio. Ed è impossibile visualizzare dall’esterno il contenuto del sarcofago perché le sue pareti sono spesse 25 centimetri», è sempre stata la replica della Santa Sede. Ora il ritrovamento delle sue ossa fa luce sul mistero durato venti secoli dell’«inventore» del cristianesimo. Negli Atti degli apostoli, la seconda opera dell’evangelista Luca, si trovano molte informazioni sull’attività missionaria di Paolo, protagonista della seconda parte del suo racconto, dedicato alla ricostruzione del primo trentennio cristiano. Ma Luca non dice nulla né delle origini né della morte di Paolo». La sua narrazione si chiude quando Paolo arriva a Roma dopo una avventurosa traversata del Mar Mediterraneo. Egli dice che nella capitale dell’impero «Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento». E, come ricostruisce il suo biografo Rinaldo Fabris, Paolo-Saulo si presenta sulla scena della morte di Stefano.
Paolo, idealmente, riceve il «testimone» della fede dal primo martire cristiano, Stefano. A Roma il tribunale lo condannò a morte perché cristiano e fu decapitato il 29 giugno del 67. I cristiani raccolsero il suo corpo seppellendolo sulla via Ostiense, dove poi è sorta la Basilica di San Paolo fuori le Mura. Ieri la conferma scientifica che l’apostolo riposa davvero lì.
«E’ un annuncio storico, sensazionale che dimostra l’autenticità della tradizione e che fa il paio con quello di Paolo VI nel 1968 per l’identificazione dei resti di San Pietro».
Stavolta la comunicazione al mondo è avvenuta al termine dell’Anno Paolino, 41 anni fa accadde in chiusura dell’Anno della fede in cui fu proclamato il Credo del popolo di Dio. Qualche segreto sappiamo ancora mantenerlo», commenta lo storico del cristianesimo Gian Maria Vian, direttore dell’«Osservatore romano».
In effetti, la Santa Sede ha fatto prevalere considerazioni strategiche e ha saputo mantenere il riserbo sull’analisi in corso. Anche perché 20 anni fa l’analisi del C 14 sulla Sacra Sindone fu «inquinata» proprio dalla grande attesa mediatica, che spinse i laboratori a validare dati che erano invece incompatibili, quanto al margine di errore, con il protocollo che era stato firmato. E ci sono voluti due decenni per «smontare» la tesi errata dei ricercatori.

© Copyright La Stampa, 29 giugno 2009

Foto tratta dal quotidiano "La Stampa", 29 giugno 2009.
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