martedì 25 novembre 2008

Juan Manuel de Prada: Considerare un crocifisso offensivo in Occidente è sintomo allarmante di amnesia o necrosi culturale (Osservatore Romano)


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Una semplice croce

di Juan Manuel de Prada

Un tribunale spagnolo ha appena emesso una sentenza con la quale si sollecitano i responsabili di una scuola pubblica a rimuovere i crocifissi dalle aule, adducendo come motivazione che la presenza di una semplice croce viola il "diritto fondamentale alla libertà religiosa e di culto". A nessuna persona in pieno possesso delle proprie facoltà sfugge che il segno della croce non viola nessun diritto fondamentale; tuttavia, da qualche tempo, l'invocazione di diritti e libertà si sta trasformando in Spagna in un pretesto giuridico che maschera un sentimento di odio antireligioso e di "cristofobia" - come in modo molto appropriato lo ha definito il cardinale primate Cañizares - sentimento che l'autorità avrebbe l'obbligo di perseguire, invece di concedergli una copertura giuridica. Da qualche tempo, in Spagna l'alone di odio attorno alla Chiesa di Dio - così definì Chesterton in L'uomo eterno quella "fosforescenza extraterrena" che, nei crepuscoli della storia, perseguita i cristiani - si è mascherato di giuridicità, sostituendo l'accanimento cruento di altre epoche non troppo lontane con un'apparenza più sibillina e asettica.
La visione di un crocifisso chi può offendere? Non, naturalmente, quanti non sono stati educati nel cristianesimo; poiché, per questi, un crocifisso sarà come il monolite che adoravano gli uomini delle caverne, una figura priva di significato religioso in cui, forse, scopriranno un significato storico. Non può esserlo neppure per quanti, educati nel cristianesimo, non professano però la fede cattolica; e oserei dire che, per questi ultimi, il crocifisso può riassumere le più nobili vocazioni dell'uomo: vocazione di dedizione e di carità, da un lato, vocazione di mistero e infinitezza, dall'altro. Nulla di offensivo, dunque.

Il crocifisso, in definitiva, può offendere solo quanti vogliono - e in questo consiste in realtà il laicismo, per quanto si nasconda dietro alibi giuridici - che lo Stato diventi un nuovo dio, con potere assoluto sulle anime.

Che si giunga a considerare un crocifisso offensivo in Occidente si può solo interpretare come un sintomo allarmante di amnesia o necrosi culturale/em>>; o - così ha detto Benedetto XVI nel suo discorso di apertura del recente Sinodo - come una "perdita d'identità".

Da qualche tempo, un impulso autodistruttivo si sta impossessando dell'Europa, trovando la sua espressione più triste e pervicace nell'ansia di cancellare dalla nostra memoria il lascito morale e culturale del cristianesimo; e in Spagna questo impulso autodistruttivo assume espressioni violente.

Come gli scorpioni che si pungono con il proprio pungiglione e agonizzano vittime del loro veleno, si direbbe che noi europei abbiamo deciso di annichilirci, emarginando e dimenticando l'eredità storica che ci costituisce. S'inizia a confondere la sana laicità dello Stato con una belligeranza antireligiosa che cerca di negare all'uomo il suo vincolo con la trascendenza, che cerca di cancellare la nostra genealogia spirituale e culturale.
L'Europa sembra aver dimenticato che la patria dell'uomo, come ci ha insegnato Maritain, è l'Assoluto.
Quando l'uomo viene esiliato da questa patria comune, quando gli viene strappata questa parte irrinunciabile di se stesso, lo si sta condannando allo sradicamento, alle intemperie, all'abbandono, alla disperazione; lo si sta relegando, in definitiva, alla condizione di triste materia.
Il fatto che questo impulso autodistruttivo giunga alle scuole ci pone dinanzi a una realtà paurosa. Il Crocifisso ci insegna che la morte non ha dominio sull'uomo, che il motivo del nostro cammino terreno non è altro che il trionfo della vita.
Quando si sa questo, tutto il resto acquista significato. Tuttavia il laicismo che oggi trionfa in Spagna ci vuole sempre più orfani d'identità; e sa che quando noi spagnoli smetteremo di guardare a colui che è appeso a quel legno, avremo smesso di sapere chi siamo e saremo pronti a essere ciò che vogliono fare di noi. Il laicismo intende privare di "senso" la trasmissione culturale della conoscenza, trasformandola in un mero accumulo di dati sconnessi; e per questo si sforza di allontanare i crocifissi dalla contemplazione dei bambini, poiché alla luce del Crocifisso i pezzi della conoscenza si assemblano, formano un amalgama che nutre di significato la vita e la storia umana.
In quella semplice croce si riassume la storia del genere umano, con tutta la sua genealogia di debolezza e grandezza, gioia e dolore. In quella semplice croce vengono riassunte e denunciate tutte le barbarie che l'uomo ha perpetrato, dall'uccisione di Abele fino a uno qualsiasi dei massacri che oggi decimano l'umanità; in essa si plasma il nostro fecondo anelito di ribellarci contro la morte. In quella semplice croce si riassumono le due vocazioni più nobili dell'uomo: una vocazione di pietà e di donazione dinanzi alla sofferenza umana; e, insieme a essa, spiegandola, una vocazione di trascendenza che ci aiuta ogni giorno a risuscitare dalle macerie della nostra fragilità. Per venti secoli, il mistero della Croce è servito anche da gioiosa ispirazione alle più durature creazioni dell'arte e dell'intelletto; né Velázquez né Unamuno, per citare solo due figure spagnole che confluiscono dinanzi all'immagine del Crocifisso, sarebbero spiegabili senza tale mistero. Venti secoli di cultura occidentale si riassumono in questi due legni nudi: venti secoli di conquiste che nobilitano la storia umana; venti secoli agitati di crudeltà che un Dio che si immola per le sue creature ci invita a detestare. In quella semplice croce, equilibrio umano dei due comandamenti, vi è tutto ciò che siamo, tutto ciò a cui aneliamo essere, tutto ciò di cui ci vergogniamo di essere stati.
Al lascito che rende nobili e che è riassunto in quella semplice croce sta oggi rinunciando l'Europa; e la sentenza che ha appena emesso un tribunale spagnolo consacra giuridicamente la rinuncia di un'Europa disorientata, irrazionalmente in preda a un impulso di autodistruzione.

(©L'Osservatore Romano - 24-25 novembre 2008)

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Adriano Prosperi su Repubblica (perchè stupirsi) ha l'ardire di considerare aggressivo il linguaggio di de Prada, ricordandogli che nel passato sotto il simbolo della croce furono maturati i delitti più terribili, ecc., ecc., bla, bla, bla ....
Insomma, un tipico esempio di disonestà laicista.
Alessia

Raffaella ha detto...

L'articolo di Prosperi non trovera' mai spazio in questo blog perche' qualsiasi persona di buon senso dovrebbe sapere che la Croce non e' responsabile dei delitti commessi dagli uomini in suo nome.
Che cosa dice Prosperi del comunismo dei Paesi dell'est? Anche quei regimi agivano in nome della Croce?
E che dire della persecuzione dei Cristiani in India, Iraq e in tutto il Medio Oriente?
E' troppo comodo, caro Prosperi, prendersela solo con i Cattolici!
R.

Anonimo ha detto...

quando gli altri dicono la loro è sempre un bla bla bla... vero?

Raffaella ha detto...

Si', quando ripetono sempre le stesse cose...

Anonimo ha detto...

La croce è un simbolo d'amore, non di odio o prevaricazione. Rappresenta il sacrificio di Cristo per la salvezza di noi tutti, anche di chi lo disprezza. Rappresenta le nostre radici. Un blogger di Tornielli ha ricordato che nel 1936 nella diocesi di Munster, dove era vescovo il Beato Von Galen, i nazisti fecero togliere i crocefissi dalle scuole. A questa imposizione si ribellarono i genitori dei ragazzi e i nazisti furono costretti a fare marcia indietro. E i genitori di Valladolid?????
Alessia

Anonimo ha detto...

il crocefisso è un simbolo d'amore. non ci piove. io non capisco però come possa essere minacciata la libertà dei genitori di valladolid dalla mancanza dei crocefissi dai muri delle scuole. non basterebbe a quei genitori mettere un crocefisso al collo dei figli? così se ne vedrebbero tanti di crocefissi nelle scuole. il fatto di volerlo vedere a tutti i costi attaccato al muro, per me, vuol dire non voler rinunciare ad una sorta di privilegio. e dire che bisogna tenerlo perchè è tradizione ritengo che sia uno sbaglio, perchè la religione è una cosa che va rinnovata ogni giorno nel cuore di ogni singolo fedele, senza nutrirsi tanto di passato o di simboli esterni. la tradizione è qualcosa che ha a che fare col paganesimo. la sagra del tartufo è tradizione... secondo me

Raffaella ha detto...

Non risulta che il tartufo abbia fondato la civilta' occidentale.
La liberta' dei genitori degli alunni e' stata violata nel momento in cui non si e' preso atto della LORO decisione di mantenere il Crocifisso.
R.

Anonimo ha detto...

ci sono fior di studiosi che dicono che la civiltà occidentale si fonda sulla filosofia greca e sul diritto romano. bla bla bla?
io penso che giudicare un religione come una tradizione sminuisca la religione, che è una cosa ben superiore ad un insieme di convenzioni, la religione è rivoluzione. Gesù era un rivoluzionario. ve lo immaginate Gesù che si attiene alle tradizioni del suo tempo?

Raffaella ha detto...

Gesu' non era un rivoluzionario!
Consiglio la lettura del libro del Santo Padre.
Ricordo che la civilta' greca e poi quella latina hanno contribuito in maniera determinante alla costituzione della cultura occidentale, ma non basta richiamarsi a quelle radici.
Ad Atene e a Roma c'era la schiavitu', tanto per fare un esempio.
E' stato il Cristianesimo a predicare l'uguaglianza di tutti i cittadini indipendentemente dalle condizioni di nascita.
Ed e' stato sempre il Cristianesimo a delineare il concetto di laicita' dello Stato.
Sia detto per inciso: per i Romani il Pontefice era l'imperatore, quale collegamento, "ponte", fra Cielo e terra.
R.

Anonimo ha detto...

greci e latini sono le radici. il cristianesimo fa parte del busto, che non è meno importante delle radici, ma quì bisogna anche fare un discorso semplicemente cronologico. i grci e i latini sono venuti prima. non è colpa di nessuno.
se il concetto di rivoluzionario è quello di che guevara, allora Gesù non è un rivoluzionario. ma la rivoluzione non la si fa mica con le armi. la vera rivoluzione è cambiare le cose in maniera radicale e duratura, cambiare le menti e i cuori delle persone. e se non un rivoluzionario Gesù...

Raffaella ha detto...

Beh, gia' queste ammissioni sono un passo avanti...

Anonimo ha detto...

"La liberta' dei genitori degli alunni e' stata violata nel momento in cui non si e' preso atto della LORO decisione di mantenere il Crocifisso."
Allora io decido di chiudere questo blog e con me sono daccordo altre 100 persone... tu rispettresti questa democratica decisione o ti appelleresti alle leggi italiane sulla libertà di espressione?
Troppo facile far prevalere la "libertà" dei genitori quando comoda. In Spagna come in Italia c'è una costituzione che va rispettata o cambiata se ci saranno i presupposti, ma fino al quel momento bisogna che i genitori ripettino la legge come qualsiasi altra persona.

Raffaella ha detto...

Non e' possibile chiudere un blog intestato ad un'altra persona perche' urterebbe contro la liberta' di espressione sancita dall'art. 21 della Costituzione.
Anche i genitori spagnoli, immagino, godono di liberta' di espressione violata da una sentenza giudiziaria.
Se anche il giudice avesse deciso secondo i dettami della Carta spagnola c'e' un problema molto grave: due liberta' costituzionalmente garantite si scontrano.
Chi ha ragione?
Non so se esista in Spagna una sorta di Corte Costituzionale...
R.

Anonimo ha detto...

"Anche i genitori spagnoli, immagino, godono di liberta' di espressione violata da una sentenza giudiziaria.
.....
Chi ha ragione?"

La libertà di espressione dei figli, loro vanno a scuola, e comunque anche dei genitori non è toccata.
Non mi risulta che faccia parte della sfera delle libertà personali il fatto che l'istituzione scolastica appenda un crocefisso al muro.