lunedì 24 novembre 2008
Quante contorsioni dietro la parola "eutanasia" (D'Agostino)
Vedi anche:
E il giudice ordina: «Via i crocifissi dalle scuole spagnole» (Mattei)
Il Catholicos di Cilicia degli Armeni, Aram I, è a Roma, da ieri a giovedì, per incontrare Benedetto XVI (Radio Vaticana)
Card. Giacomo Biffi: Teologhese, giù dal pulpito! (Avvenire)
Il card. Saraiva Martins convinto che si debba essere immuni da interferenze esterne, positive e negative, nei processi di beatificazione dei Papi
Sinodo dei vescovi 2008, Padre Cipriani: «La cosa principale e più necessaria è pregare per comprendere» (30Giorni)
Il Papa ed il dialogo fra fedi: apprezzamento degli Ebrei. Ucoii: il Papa parla di dialogo interreligioso in senso stretto
Lettera-prefazione del Papa al libro di Marcello Pera: La fede non si può mettere tra parentesi. Urge il dialogo interculturale
Il saggio di Marcello Pera con un testo del Papa. «Il Cristianesimo, chance dell’Europa» (Calabrò)
Benedetto XVI: l’uomo è libero di scegliere tra giustizia e iniquità (Muolo)
Troppa confusione per quel segno di pace, il Papa decide di anticiparlo nella messa (Politi)
Il Papa all'Angelus: "La regalità di Cristo è rivelazione e attuazione di quella di Dio Padre, il quale governa tutte le cose con amore e con giustizia"
Il Papa nomina "revisore dei conti" l'economista coreano Hong-Soon Han che al Sinodo criticò la gestione del denaro da parte degli ecclesiastici (Izzo)
La badessa Anna Maria Canopi: «La Chiesa è donna e le donne ne sono la testimonianza vivente» (Vecchi)
La clausura si apre al mondo: oggi le suore usano Internet e il telefono. E nei monasteri cresce il numero delle novizie (Vecchi)
In Vaticano sta per arrivare un altro uomo forte, Canizares, il "piccolo Ratzinger" (Bevilacqua)
COME AD «ACCANIMENTO TERAPEUTICO»
QUANTE CONTORSIONI DIETRO LA PAROLA EUTANASIA
FRANCESCO D’AGOSTINO
Siamo in grado di definire con rigore il significato del termine 'eutanasia'? Certamente sì: possiamo farlo, anzi dobbiamo farlo, perché proprio a causa di valori scorrettamente attribuiti a questa parola il dibattito sul 'caso Englaro', e più in generale sulla fine della vita umana, è andato assumendo negli ultimi mesi connotati molto ambigui, per non dire ingannevoli.
'Eutanasia' (etimologicamente 'buona morte') indica la morte procurata intenzionalmente e motivata dalla pietà per le terribili sofferenze fisiche di un malato: si tratta quindi di un vero e proprio omicidio, per quanto 'pietoso'.
Ma la pietà, per quanto autentica, soggettivamente sincera e oggettivamente fondata, può giustificare un omicidio? La tradizione etica e giuridica ha sempre negato che una simile giustificazione sia possibile, pur senza mai minimizzare la tragicità delle situazioni eutanasiche. Da tempo è in atto un tentativo, molto esplicito, di riformulare il concetto di eutanasia. Con questo termine ci si vuole oggi riferire all’uccisione volontaria e diretta di una persona, su sua richiesta consapevole e autonoma. In questa accezione, l’eutanasia (che alcuni non scorrettamente qualificano anche come ' suicidio assistito') sarebbe giustificabile. L’insistenza su questa definizione circoscritta di eutanasia è ormai palesemente funzionale a negare che quello di Eluana Englaro sia un vero caso di eutanasia (si tratterebbe soltanto di una mera e doverosa desistenza da un accanimento terapeutico, giustificata, oltre tutto, dalla volontà pregressa della povera Eluana). Così come per il termine 'eutanasia', anche l’espressione 'accanimento terapeutico' viene ormai a subire una contorsione semantica, quella che ha indotto la Cassazione ad autorizzare il signor Englaro a far cessare l’alimentazione e l’idratazione della figlia e a procurarne così inevitabilmente la morte, senza però autorizzarlo a sopprimerla direttamente (ad esempio attraverso un’iniezione letale). Si vogliono così tenere distinte due pratiche, che sono in realtà la stessa cosa e cioè la morte procurata in modo diretto (eutanasia attiva) e la morte procurata in modo indiretto (eutanasia passiva).
Queste forzature lessicali sono devastanti e paradossali.
Applicandole rigorosamente dovremmo negare carattere eutanasico ad uccisioni autenticamente pietose, ma non sollecitate dalla vittima e qualificare invece come eutanasica l’uccisione freddamente burocratica di chi, anche in perfetta salute, ne facesse richiesta. Né meno grave è l’alterazione del concetto di accanimento terapeutico: da atto medico futile, inutilmente invasivo, sproporzionato, incapace di arrecare alcun reale beneficio al malato, si viene ad intendere arbitrariamente per accanimento terapeutico qualunque pratica medica che il paziente rifiuti coscientemente, anche per motivazioni irrazionali. Perfino i gesti umani simbolicamente più rilevanti, l’alimentare e il dissetare, divengono in tal modo forme di accanimento.
Se abbiamo l’onestà intellettuale di chiamare le cose con il loro vero nome, non possiamo non qualificare l’ormai prossima morte di Eluana se non come un autentico omicidio eutanasico. Essa, infatti, non morirà per la patologia che l’ha colpita, ma a seguito della sospensione del sostegno vitale che l’ha mantenuta in vita per tanti anni, un sostegno che non è qualificabile né come atto medico, né come una forma di accanimento terapeutico.
Ma, si dice, facendola morire, si rispetterà la volontà di Eluana. Forse (!) questo è vero; ma è anche vero che l’aiuto al suicidio, sia pure intenzionalmente e liberamente richiesto, nel nostro codice è sempre stato e resta un delitto. Eluana sarà uccisa e il suo caso si inserirà nel tristissimo e lunghissimo novero degli omicidi pietosi. Spero sinceramente che in tutti coloro che plaudono alla sentenza della Cassazione non ci sia, invece della pietà, l’intenzione di progredire verso la legittimazione di uccisioni motivate non dalla compassione, ma dall’esigenza funzionale di liberare la società dal peso economico e psicologico dei minorati mentali, dei portatori di handicap, dei malati in stato vegetativo, di tutte le persone la cui vita si deciderà di ritenere 'non degna' di essere vissuta, acquisendo il loro consenso (!) o più semplicemente presumendolo. È consapevole l’opinione pubblica che molti bioeticisti sono già saldamente attestati su queste posizioni?
© Copyright Avvenire, 23 novembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento