sabato 9 maggio 2009

Joseph Ratzinger pellegrino in Terra Santa (Galeazzi)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Joseph Ratzinger pellegrino in Terra Santa

Da Amman

Giacomo Galeazzi*

Appena arrivati ad Amman, si resta colpiti dalla città blindata, ma anche dalla cortesia che tutti dimostrano verso chi è giunto al seguito di Benedetto XVI, la cui autorevolezza anche qui è riconosciuta molto oltre i confini della comunità cristiana. Dal Monte Nebo (da cui, come Mosè, osserva la Terra promessa), nella Giordania, "buon esempio di convivenza interreligiosa", all'ascesa al Golgota di venerdì, il Papa ripercorre i "luoghi della salvezza" in un Medio Oriente in piena diaspora cristiana. In Giordania, Benedetto XVI ha trovato ad attenderlo una comunità cristiana numericamente esigua (il 2% della popolazione) ma che può risultare fondamentale nel processo di pace. La decisione di entrare nel difficile scenario del Medio Oriente dalla porta della Giordania, fermandosi per di piu' tre giorni dove nel 2000 Giovanni Paolo II restò invece solo qualche ora, ha il senso di valorizzare la comunità cristiana locale, premiare il re Abdullah per essere garante della liberta' religiosa e appoggiare il tentativo del Paese di mediare nel conflitto israelo-palestinese. "Anche in questo- spiega il nunzio apostolico in Giordania, l'Arcivescovo Francis Assisi Chullikat -, la Chiesa in Giordania sta svolgendo un ruolo molto attivo e la coesistenza pacifica, che è molto evidente qui in Giordania, può essere un segnale di speranza ed incoraggiamento per tutte le comunità cristiane della regione". Non a caso, Abdullah, in quel di Washington, ha appena promesso a Obama una nuova bozza del piano saudita, incassando la disponibilità di Abu Mazen e della Siria. Particolarmente toccante è stato l'incontro al "Regina Pacis" Sono circa 240 i disabili che vengono assistiti dal centro di solidarietà visitato da Benedetto XVI: un impegno gravoso per una ventina di addetti, tra cui tre suore comboniane, di cui una italiana, Adriana Biollo, di Venezia. "E' vero, è un grande impegno, ma la gioia di fare del bene a chi ne ha più bisogno ripaga di tutto", dice timidamente la religiosa. Per essere precisi, poi aggiunge: "Noi assistiamo 37 ragazzi, di età compresa tra gli otto e 16 anni. Ogni giorno i nostro autisti li vanno a prendere e a sera li riaccompagnano a casa. Poi, altri 200, che hanno bisogno di cure o di fisioterapia, e vengono autonomamente". Sono in massima parte musulmani. "Si perché i cristiani si vergognano. Per lo più ritengono che avere un disabile in casa sia un disonore, pensano che gli altri figli rischino di non riuscire a sposarsi", dice suor Adriana scuotendo la testa. E invece è importante aiutarli, e sapere come fare. Molti degli assistiti del centro hanno fatto progressi notevoli. Come un ragazzo che è arrivato al “Regina Pacis” che aveva 10 anni e non parlava. La sua storia sta particolarmente a cuore a suor Adriana:
"Si pensava che fosse muto - racconta -, ma con la pazienza, l'aiuto di specialisti e con la fisioterapia è migliorato al punto che adesso lavora con noi, nel settore dei mosaici. Meno male che i suoi genitori hanno deciso di portarcelo". Il “Regina Pacis”, avviato nel 2004, è ora un esempio tale da essere considerato il 'Centro Madre' di una trentina di iniziative dello stesso tipo, anche se non dello stesso livello, avviate e coordinate dal Patriarcato Latino. "I fondi arrivano da Cielo", rimarca ancora la suora italiana, sottolineando che "gli abitanti di questa zona dicono che siamo angeli, ci ammirano e ci vogliono bene". E lei vuole davvero bene ai suoi assistiti. Nelle scorse ore, ha aiutato Haida a raggiungere l'altare della Chiesa del “Regina Pacis” per consegnare al Papa un bouquet di gigli gialli. Suor Adriana ha spinto la sua carrozzella, ma ha avuto anche la possibilità di bisbigliare due parole al Santo Padre: "Gli ho chiesto una benedizione speciale per questo luogo, e anche per me". Mentre in Israele vengono completati i preparativi in vista della venuta del Pontefice, prevista per lunedì, le autorità e i mass media indicano nel suo discorso nel Museo dell'Olocausto ‘Yad Vashem’ il momento più significativo dell'intero viaggio. "Ci aspettiamo che il Papa faccia riferimento alla Shoah e alla sua memoria, nel presente e nel futuro", afferma il direttore di ‘Yad Vashem’, Avner Shalev. Le parole di papa Ratzinger a Yad Vashem saranno trasmesse in diretta a centinaia di milioni di fedeli e avranno risonanza mondiale. Con il successore di Pietro nella Città Santa, la polizia israeliana avvierà l’operazione "Tonaca Bianca", che mobiliterà 80mila agenti di polizia e di altre forze di sicurezza. I profughi palestinesi del campo di Aida attendono Benedetto XVI per fargli conoscere da vicino la loro situazione. A Betlemme il Pontefice celebrerà Messa nella piazza della Mangiatoia, di fronte alla basilica della Natività. Nel pomeriggio visiterà il campo profughi di Aida, come aveva già fatto Giovanni Paolo II nel 2000. Nel mondo palestinese resta marginale la polemica su questa visita per i timori, documentati da un approfondito dossier di "Asianews", che Israele sfrutti il pellegrinaggio a suo vantaggio e una patina di frustrazione per il fatto che non sia stato possibile mettere in conto una visita a Gaza, colpita dall’offensiva israeliana di dicembre e da un embargo che dura da anni. Ma a Betlemme e nel campo profughi oggetto della visita si è contenti. “Venendo da noi - dicono al campo -, il Papa compie un gesto strordinario. Conoscerà la realtà palestinese da vicino, camminerà vicino al Muro e lui, come tedesco, capirà bene i nostri sentimenti, perché anche il suo Paese è stato diviso da un muro”.
Il campo di Aida, a nord di Betlemme, contiene circa 5mila persone. Di queste, solo 14 famiglie sono cristiane. Una papa-mobile mobile coperta é stata approvata intanto dai servizi di sicurezza dello Stato ebraico per conciliare esigenze di sicurezza e desiderio del Pontefice di stare il più a contatto possibile con i fedeli. Il quotidiano “Haaretz” scrive che Benedetto XVI dovrà suo malgrado cimentarsi con il "ricordo" lasciato nel 2000 dal suo predecessore Giovanni Paolo II. "Si tratta di due Pontefici del tutto diversi fra di loro - sostiene il quotidiano israeliano -. Il primo molto a suo agio fra le persone, mentre il secondo è più uomo di libri". L'incidente diplomatico più temuto dalla diplomazia pontificia guidata in missione dal segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, è una eventuale stretta di mano ad altp potenziale polemico con esponenti di Hamas della Cisgiordania. "Un muro non basta per nascondere un orizzonte dalla sua terra", sintetizzano i volontari salesiani della Ong ‘Vis’. Dove è nato Gesù, le incognite del viaggio-rompicapo di Benedetto XVI in Terra Santa sono simboleggiate dal convento di Betlemme delle suore missionarie del Cuore immacolato. Malgrado le condanne della comunità internazionale, l'oasi di spiritualità francescana è tagliata in due dalla "barriera difensiva" israeliana, alta nove metri e lunga 670 chilometri tra passaggi ai raggi x, gabbie metalliche, controlli di permessi e passaporti. Il sindaco di Betlemme è un cristiano, perché così è per tradizione, eletto con i voti di Hamas grazie ad un accordo del 2005. Mercoledì, per entrarci, il Papa passerà nella doppia porta d'acciaio nel Muro usata di solito dall'esercito di Israele per far transitare le proprie camionette, "Altro che porta d'onore", evidenziano al Patriarcato latino di Gerusalemme, infastidito dalla questione del palco ad Haida fatto rimuovere dagli israeliani per non mostrare al mondo il Papa con alle spalle quel muro ritenuto dall'Anp la "prova più scandalosa" della segregazione. "La Santa Sede ha ceduto perché altrimenti il governo Netanyahu avrebbe bloccato i cristiani a Gaza", scuotono la testa gli organizzatori della tappa nei Territori palestinesi. Mai come in questo viaggio (senza dubbio il più complesso fin qui di un denso pontificato), i pericoli diplomatici sono dietro ogni angolo.
A ulteriore riprova della determinzione e del coraggio di Benedetto XVI. Sull'aereo papale, oltre alla "prima volta" della troupe di “Al Jazeera”, vola Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano. "Il Papa conosce bene i nodi culturali e politici della visita e raccomanda per la Terra Santa soluzioni pacifiche, negoziali - getta acqua sul fuoco il giornalista -. La sua soluzione è di due Stati che abbiano lo stesso diritto alla sovranità e alla sicurezza secondo la formula ‘pace nella giustizia’ per israeliani e palestinesi". Il Vaticano, cui il presidente Peres ha appena promesso la restituzione dei siti cristiani scatenando le proteste della destra religiosa, intende tenere distinta la questione dei luoghi santi per le tre religioni, in attesa di una qualche forma di garanzia internazionale. Il Papa, ribadisce la Santa Sede, è qui come "pellegrino" e non cerca ruoli di mediatore.

*Giornalista, vaticanista de ‘la Stampa’

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