martedì 12 maggio 2009

Terra Santa, il Pontefice anticonformista conquista i cuori (Galeazzi)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Terra Santa, il Pontefice anticonformista conquista i cuori

Da Gerusalemme

Giacomo Galeazzi*

A Gerusalemme, come ad Amman, si estendono le espressioni di totale condivisione verso l’impostazione “onesta, coraggiosa e anticonformista” che il Papa imprime coerentemente ad ogni sua apparizione pubblica o colloquio riservato. E’ una linea di chiarezza che sta facendo breccia nei cuori dei più diversi interlocutori, ed è merito di un pensiero forte, limpido, dialetticamente aperto al confronto, a partire da saldi convincimenti.
Tutte doti che in un contesto contemporaneo spesso troppo “politically correct” sono destinate a lasciare il segno. Per capirlo basta un’occhiata all’entusiasmo sincero suscitato da Benedetto XVI in tutte le tappe della sua visita apostolica in Terra Santa.
Il Pontefice ha "apprezzato le iniziative politiche lungimiranti della Giordania". Il re Abdallah si è impegnato a collaborare a una nuova stesura del piano saudita, convinto che se non si arriverà a uno Stato palestinese entro il 2009, le forze estremiste e violente avranno il sopravvento. A Gerusalemme, il Santo Padre ha avuto un colloquio con i familiari di Gilad Shalit, il giovane soldato rapito oltre tre anni fa da militanti palestinesi in territorio israeliano e da allora tenuto prigioniero a Gaza. Intanto i cristiani palestinesi che vivono nella Striscia hanno ottenuto, dopo giorni di polemiche, il permesso dalle autorità israeliane per recarsi alla Messa papale di Betlemme. Sui muri di Nazareth, però, sono comparsi poster contro l'arrivo del Pontefice, e lo sheikh Maqam Shahabiddine, Imam della moschea, che si trova proprio accanto alla Chiesa dell’Annunciazione, ha incitato i musulmani a sbarrare al successore di Pietro la strada verso la spianata delle moschee perché "ha sferrato una crociata contro l’Islam, ha benedetto gli americani che stanno uccidendo i nostri fratelli musulmani in Iraq e Afghanistan e ha stretto un’alleanza con i macellai di Gaza quando il sangue palestinese è ancora fresco”.
Il tutto, con un "fuori programma" serale all'auditorium "Notre Dame". Durante la visita del Pontefice, un esponente musulmano ha preso la parola e, in arabo, ha a lungo e con enfasi arringato contro Israele. Gli esponenti ebraici presenti hanno cercato di abbandonare l'aula in segno di protesta e almeno un paio ci sono riusciti, mentre il patriarca latino di Gerusalemme, Monsignor Fouad Twal, cercava di placare gli animi.
La riunione è stata interrotta. Il Papa, che aveva già tenuto il suo discorso, non essendoci traduzione dall'arabo, non ha compreso le parole dell'ospite islamico e ha seguito con un certo stupore l'evolversi dell'imbarazzante situazione.
Intanto, in una Gerusalemme blindata da 80mila soldati e poliziotti, Benedetto XVI lancia un accorato appello ai popoli che si contendono la Terra Santa ("Salvate i vostri figli dalla violenza") e un monito di "compassione" che chiude la bufera provocata quattro mesi fa dal reintegro nella Chiesa del vescovo negazionista Richard Williamson ("La Shoah è un'orrenda tragedia che non si deve mai negare, dimenticare o sminuire"). A "Yad Vashem", il Papa rende omaggio alla memoria dei "sei milioni di ebrei morti nei lager" e ammonisce: "Mai più un simile orrore disonori l'umanità". Visibilmente commosso, accende una fiamma, depone una corona di fiori, incontra alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio.
Il ricordo delle "sofferenze" delle vittime dell'Olocausto, avverte Benedetto XVI, "non deve mai perire e tutti devono vigilare per sradicare dal cuore dell'uomo le cause di tragedie come questa". Se durante il viaggio negli Usa il Pontefice aveva descritto la sua giovinezza rovinata dal nazismo, in queste ore ha aggiunto che "si può intessere una insidiosa rete di bugie per convincere altri che certi gruppi non meritano rispetto, ma non si può mai portare via il ‘nome’ di un altro essere umano”. La Chiesa, assicura quindi il Santo Padre, “si schiera accanto a quanti oggi sono soggetti a persecuzioni per causa della razza, del colore, della condizione di vita o della religione”. Il presidente dello "Yad Vashem" definisce la giornata "positiva e molto importante, anche se il Papa non ha nominato personalmente i persecutori, cioé i nazisti tedeschi". Ma sulla pace in Medio Oriente, Benedetto XVI raccomanda "ogni via per i negoziati", pianta un ulivo con il presidente Shimon Peres, invoca dai leader mediorentali una "soluzione giusta" al conflitto israelo-palestinese, perché "dall'esito delle trattative dipendono le speranze di un futuro più sicuro e stabile". Davanti a Peres, al premier Netanyahu e a gran parte del Governo, il Pontefice chiede, poi, che "ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti". Insomma, una terra per due Stati indipendenti e garantiti "nella giustizia e nella sicurezza". Peres gli risponde che "benché le divisioni siano tenaci, i popoli della regione sono stanchi delle guerre". Di sicuro, per farsi pellegrino di pace, il Papa affronta la Terra Santa in una fase particolarmente delicata, dopo l'operazione "Piombo fuso" su Gaza e l'insediamento in Israele di un governo sbilanciato a destra.

Giornalista, vaticanista de ‘La Stampa’

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