lunedì 11 maggio 2009
Il Papa: la religione non serva la violenza (Vecchi)
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Il Papa: la religione non serva la violenza
Momento di raccoglimento in moschea ad Amman. «Ma non ha pregato»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Gian Guido Vecchi
AMMAN
Ha appena ricordato «l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo».
E ora in cima al monte Nebo c’è vento, la foschia del mattino vela a occidente la valle del Giordano nel punto in cui Dio, racconta la Bibbia, mostrò a Mosè la terra promessa, «ma tu non vi entrerai!». È lì che Benedetto XVI resta per un lungo momento da solo, quasi raccolto in se stesso nella prima tappa del suo pellegrinaggio, «sappiamo che, come Mosè, non vedremo il pieno compimento del piano di Dio nell’arco della nostra vita». Ma ogni cristiano è chiamato «ad essere lievito di riconciliazione, di perdono e di pace nel mondo che ci circonda», anche se l’obiettivo appare arduo. Così, sceso dal Nebo, il Papa affronta subito la questione centrale: «La religione viene sfigurata quando è costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso. Qui non vediamo soltanto la perversione della religione, ma anche la corruzione della libertà umana, il restringersi e l’obnubilarsi della mente».
Non è un caso che il Pontefice lo dica in Giordania, «un esempio per il mondo» di dialogo e collaborazione, dopo aver benedetto la prima pietra dell’università cattolica nella quale, a Madaba, studieranno cristiani e musulmani. E che più tardi, davanti alla moschea di Amman dedicata a re Hussein, rivolto al principe Ghazi e al fior fiore dei capi islamici, ripeta come «sia spesso la manipolazione ideologica, talvolta a fini politici, il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni».
Non è la religione autentica a fomentare l’ignoranza e l’odio, «la violenza in nome di Dio è una contraddizione fondamentale». Perché c’è un «vincolo indistruttibile fra amore di Dio e amore del prossimo» e «Dio è Ragione creatrice», la fede si accompagna a ragione e conoscenza.
Per questo il Papa punta sulla formazione e sul ruolo guida delle élites intellettuali e religiose verso quella «alleanza di civiltà» evocata venerdì: «Quali credenti nell’unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa un dono di Dio», sillaba il pontefice: «Insieme, cristiani e musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto ».
È la prosecuzione del discorso di Ratisbona che «ferì » i musulmani, ha ricordato il principe Ghazi: ringraziando insieme Benedetto XVI per il suo «rammarico» e il «chiarimento » sul fatto che la «citazione accademica», quella contro Maometto, «non rifletteva l’opinione di Sua Santità ». Il principe ha poi accompagnato Benedetto XVI dentro la moschea. «Raccoglimento e rispetto», chiaro, anche se il Papa non ha pregato «nel senso di una preghiera cristiana nel luogo di culto di un’altra religione», ha chiarito il portavoce, padre Federico Lombardi.
Il «pellegrinaggio di pace» prosegue, Benedetto XVI ha auspicato un «dialogo trilaterale » fra le religioni monoteiste e domani andrà in Israele. Sul Nebo, ha pregato perché la salita al monte di Mosè «possa ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Scrittura e il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione tra cristiani ed ebrei».
© Copyright Corriere della sera, 10 maggio 2009 consultabile online anche qui.
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