lunedì 11 maggio 2009
Giovanni Maria Vian: Alla ricerca dell'amicizia (Osservatore Romano)
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Alla ricerca dell'amicizia
Un viaggio di amicizia per contribuire al raggiungimento di una autentica pace in una delle regioni più tormentate del mondo. A nome della Chiesa cattolica, e insieme agli altri cristiani, agli ebrei, ai musulmani. Benedetto XVI, come milioni di fedeli tra i quali i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, è venuto pellegrino in Terra Santa in un itinerario che ha un chiarissimo significato religioso, e insieme politico: la ricerca della pace voluta dall'unico Dio. Per dimostrare al mondo - nonostante tutte le contraddizioni e le difficoltà - che le religioni non sono fattori di violenza ma, al contrario, hanno un ruolo ineliminabile nell'educazione a una convivenza basata sulla giustizia e sulla sicurezza.
Questa intenzione di pace del viaggio papale - un unico percorso nei luoghi santi dei tre monoteismi, lungamente preparato e tenacemente voluto - è apparsa evidente sin dall'arrivo in Israele di Benedetto XVI, accolto dal presidente e dal primo ministro che dal Papa hanno ascoltato una ulteriore inequivocabile condanna dell'antisemitismo. La stessa intenzione era apparsa chiara durante i giorni trascorsi in Giordania, un Paese che vuole porsi, grazie soprattutto all'impegno del suo sovrano, come modello ideale di libertà religiosa e di pace nel contesto del Medio Oriente, dove di queste vi è un bisogno sempre più urgente. Compito ovviamente difficile, tra contrapposizioni e conflitti che persistono da decenni e crescenti fondamentalismi, al quale hanno dato e vogliono dare un contributo importante i cattolici, che in questi Paesi sono una minoranza.
Il sostegno alle piccole comunità cattoliche e alla loro veneranda varietà rituale è stato esplicito da parte del vescovo di Roma, che nel congedo dalla Giordania si è definito "pellegrino e pastore". Ha commosso l'accoglienza riservatagli dai fedeli, che ad Amman l'hanno saputa esprimere coralmente nei vespri celebrati nella cattedrale greco-melkita, nella messa celebrata allo stadio, durante la quale decine di piccoli iracheni hanno ricevuto la prima comunione, e in occasione della benedizione della prima pietra di chiese che si stanno innalzando presso il Giordano, nei luoghi sacri alla memoria dei profeti Elia e Giovanni Battista, là dove Cristo fu battezzato.
Insostituibile è, anche in queste terre davvero sante, la testimonianza della Chiesa cattolica, che desidera solo contribuire alla costruzione di una società più fraterna e più giusta dove realmente e dovunque sia rispettata la dignità di ogni persona umana. E fondamentali in questa testimonianza sono la centralità della famiglia e il ruolo delle donne, con una sottolineatura della loro dignità che certo non è nuova nella tradizione cristiana ma che assume una particolare importanza nelle società contemporanee, siano esse occidentali o musulmane.
Proprio per l'intento costruttivo di Benedetto XVI è importante che le sue parole si siano trovate in consonanza con quelle del sovrano giordano da una parte e del presidente israeliano dall'altra. In una dimostrazione indubbia che il dialogo trilaterale auspicato dal Papa è davvero possibile, nonostante i molti ostacoli, le ingiustizie, i soprusi, le violenze. Perché il nome di Gerusalemme, "città di pace", trovi realizzazione in una terra che da decenni sta cercando la strada della comprensione e dell'amicizia.
g. m. v.
(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
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