lunedì 6 luglio 2009
Andrea Riccardi: «Il Papa fa una chiamata alla responsabilità dei grandi Paesi del mondo» (Torno)
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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
L’Intervista
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio
«È un grido contro gli egoismi: la Chiesa si fa voce degli emarginati»
Armando Torno
MILANO
Parliamo con Andrea Riccardi — storico, autore di numerosi saggi tradotti in diverse lingue, fondatore nel 1968 della Comunità di Sant’Egidio — della lettera che Papa Benedetto XVI ha inviato al presidente del consiglio Silvio Berlusconi in occasione del prossimo G8 che si terrà a L’Aquila.
Professore, cosa può dire della lettera? Una sua prima impressione...
«A me sembra che questo Papa, estremamente spirituale e attento alle questioni di fede, riesca a mostrare come esse riguardino in profondità la qualità della vita e si fa voce della Chiesa, esperta di umanità ma non solo, e anche delle altre religioni (infatti, si è riunito recentemente a Roma proprio un G8 delle religioni). Inoltre il Papa insiste sul multilateralismo come via decisiva per garantire un largo sviluppo e una pace stabile. E si fa anche voce delle aree del mondo povere e marginali...»
Intende dire che è preoccupato di una soluzione della crisi soltanto nella prospettiva dei Paesi ricchi?
«Certo, questo è un pericolo e una tendenza. Il Papa fa una chiamata alla responsabilità dei grandi Paesi del mondo, mostrando di non indulgere a quella fiducia nel 'provvidenzialismo' del mercato che è invalsa sino ad oggi. Chiede che l’economia sia governata ma non soltanto dalle fredde leggi dell’interesse, delle quali abbiamo conosciuto recentemente i tristi effetti, anche dall’etica».
Il che cosa comporta?
«Semplicemente che, come si può dedurre da questa lettera di Benedetto XVI, il mondo globalizzato richiede una solidarietà globalizzata e che i destini degli uni siano legati ai destini degli altri. Del resto, la Chiesa ha sempre affermato che l’esistenza di larghe aree di povertà è uno scandalo, un’ingiustizia e una minaccia alla sicurezza di tutti»
L’economia, in altri termini, andrebbe ripensata. E come?
«Si sente nelle parole del Papa il preannuncio della prossima enciclica che sembra coniugare economia e umanesimo. Inoltre desidera chiaramente manifestare che la Chiesa cattolica e le religioni non vogliono essere assenti dalla costruzione del futuro, in larga parte determinato dall’economia.
La crisi di questi tempi mostra il limite del governo di pochissimi signori dei beni del mondo, il quale è basato troppo sul mercato. E proprio il mercato, non dimentichiamolo, ha corroso lentamente gli spazi di gratuità e di umanità sino alla scuola e alla famiglia. Mi sembra che il Papa reclami il valore dell’elemento umano in un’epoca in cui tutto si compra e tutto si vende».
Non le sembra però che la crisi renda più difficile questo progetto?
«Il Papa lancia un grido d’allarme perché la cooperazione internazionale non cessi ma, anzi, si intensifichi. E il momento che stiamo vivendo vede gli egoismi internazionali giustificati dal vittimismo della crisi. Questa cooperazione non è soltanto un’esigenza etica della solidarietà ma finisce per essere l’interesse di tutti in una realtà globale. C’è una miopia nel lasciare una parte del mondo nella miseria. Bisogna cominciare a ragionare proprio in termini di interesse globale e la Chiesa cattolica, comunità di popoli differenti, sente intimamente il destino comune dell’umanità ».
Ha notato qualche passo nella lettera che potrebbe sollevare critiche o riserve?
«Questo Papa teologo mostra di essere radicato nell’attenzione all’umano, qualità che non si disgiunge da una riflessione sulla realtà economica. In tal senso il mondo dello spirito esprime passione e libertà nel trattare tali problemi. Per rispondere completamente alla sua domanda occorre ricordare che, al di là delle formule di convenienza, mi sembra che l’utilizzo della metafora della città de L’Aquila è quasi come inchiodare i grandi a una responsabilità e ricordare loro che quello non è un teatro. È prendere sul serio l’Italia e chiedere all’Italia di essere seria».
© Copyright Corriere della sera, 5 luglio 2009
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