lunedì 6 luglio 2009
L’enciclica e «il diritto a fare figli» (Vecchi)
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Il documento
L’enciclica e «il diritto a fare figli»
CITTÀ DEL VATICANO
«Investire sull’uomo», dice Benedetto XVI.
E qualcuno potrebbe rimanere sorpreso dal fatto che l’attesissima enciclica sociale di Benedetto XVI, ripresa e rimandata per la crisi economica, parli pure di diritto alla vita e di apertura moralmente responsabile ad essa, e non per accenni. Eppure la Caritas in veritate, se prende le mosse dalla Populorum progressio di Paolo VI, recepisce anche la Humanae vitae di Papa Montini. Con un’insistenza importante: gli organismi internazionali, per Benedetto XVI, non favoriscono certo lo sviluppo quando promuovono la negazione della vita attraverso l’aborto o imponendo, magari con la forza, delle politiche di contenimento demografico.
Il Papa difende con forza il diritto dei Paesi poveri ad aprirsi alla vita: un diritto umano inalienabile, dice. Contesta l’idea che la crescita demografica impedisca lo sviluppo: al contrario, i Paesi in crescita sono quelli che hanno continuato a fare figli, e con la crisi l’Occidente è rimasto vittima della crescita zero, del suo egoismo, che gli ha pure fatto ignorare il Terzo Mondo.
La diminuzione delle nascite porta i Paesi al declino. Crescete e moltiplicatevi, dunque?
Non proprio. La posizione di Benedetto XVI sta nel mezzo: apertura alla vita sì, ma responsabile. Di qui l’importanza dell’educazione a una sessualità, appunto, responsabile — non l’educazione sessuale ridotta a un fatto «tecnico» — e la competenza primaria delle famiglie nel contenere la natalità: contro le pianificazioni di Stato o la concezione considerata individualistica di una sessualità fine a se stessa.
Due lati della stessa medaglia, per Benedetto XVI: il materialismo. Un esempio di ciò che sostiene essenzialmente l’enciclica: l’economia ha bisogno dell’etica— un’etica fondata sull’uomo — per funzionare in modo corretto. E l’apertura moralmente responsabile alla vita può rappresentare una ricchezza economica.
G. G. V.
© Copyright Corriere della sera, 5 luglio 2009
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