martedì 7 luglio 2009
Il Papa: «Più etica in finanza, armonizzare Stato e mercato» (Sole 24 Ore)
Vedi anche:
IL TESTO INTEGRALE DELL'ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE"
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Enciclica, il Papa: lavoro decente per tutti. Combattere la precarizzazione (Asca)
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ENCICLICA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DAL TITOLO: "CARITAS IN VERITATE"
Card. Cordes: "l’azione sociale non può venire ridotta a semplice volersi bene umano o a filantropia" (Sir)
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«Caritas in veritate». "Etica nell'economia": l'enciclica del Papa (Calabrò e Vecchi con brani dell'enciclica)
Il Papa striglia imprese e manager (Italia Oggi pubblica alcuni passaggi dell'Enciclica «Caritas in veritate»
"Caritas in veritate": servizio di Stefano Maria Paci
Il Peccato Originale e la crisi. Oggi l'enciclica del Papa (Burini)
«Caritas in veritate». Oggi la presentazione (Cardinale)
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ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": LO SPECIALE DEL BLOG
Il Papa: «Più etica in finanza, armonizzare Stato e mercato»
Ha visto la luce ufficialmente questa mattina in Vaticano la "Caritas in veritate" (Carità o amore nella verità), la nuova enciclica di papa Ratzinger dedicata all'economia e al lavoro, della quale sono state già stampate 530 mila copie. Il documento, che ha subito numerose revisioni alla luce della crisi, e che è stato presentato in Vaticano proprio alla vigilia del G8 dell'Aquila, ribadisce con forza il bisogno di nuove regole e di un nuovo, trasversale, diffuso consenso etico sul modo di governare un mondo e un sistema economico ormai interdipendenti.
127 pagine, sei capitoli, la Caritas in veritate è l'enciclica sociale dell'inizio del terzo millennio, e si colloca nel nobile solco che va dalla Rerum Novarum di Leone XIII (1891) alla Populorum Progressio di Paolo VI (1967) alla Centesimus Annus di Giovanni Paolo II (1991).
Benedetto XVI cerca di tracciare una via d'uscita dalla crisi economica mondiale e lo fa sottolineando come l'economia abbia bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento. Nuove regole, governo della globalizzazione, un'economia fondata sull'uomo: ecco le parole chiave che la Chiesa suggerisce a imprenditori, banchieri, governanti nel momento attuale.
Ecco i passaggi chiave del testo:
Stato e mercato devono convivere
Per Papa Ratzinger il mercato non deve essere demonizzato ma esso «non elimina il ruolo degli Stati» ed ha bisogno di «leggi giuste». «L'economia integrata dei giorni nostri - rileva Benedetto XVI - non elimina il ruolo degli Stati, piuttosto ne impegna i Governi ad una più forte collaborazione reciproca. Ragioni di saggezza e di prudenza suggeriscono di non proclamare troppo affrettatamente la fine dello Stato». C'è oggi, invece, «una rinnovata valutazione» del ruolo dei «pubblici poteri dello Stato» e in relazione alla soluzione della crisi attuale «il suo ruolo sembra destinato a crescere, riacquistando molte delle sue competenze. Ci sono poi delle
Nazioni in cui la costruzione o ricostruzione dello Stato continua ad essere un elemento chiave del loro sviluppo». Quanto al mercato, il Pontefice ricorda che esso «non esiste allo stato puro». «Se c'è fiducia reciproca e generalizzata, è l'istituzione economica - osserva - che permette l'incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri». «Il mercato - continua l'enciclica - è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perchè inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza». Infatti, «il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave».
Più etica in finanza
«Bisogna - scrive Benedetto XVI nel paragrafo 65 - che la finanza in quanto tale, nelle necessariamente rinnovate strutture e modalità di funzionamento dopo il suo cattivo utilizzo che ha danneggiato l'economia reale, ritorni ad essere uno strumento finalizzato alla miglior produzione di ricchezza ed allo sviluppo. Tutta l'economia e tutta la finanza, non solo alcuni loro segmenti, devono, in quanto strumenti, essere utilizzati in modo etico così da creare le condizioni adeguate per lo sviluppo dell'uomo e dei popoli». «Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività per non abusare di quegli strumenti sofisticati - sottolinea Benedetto XVI in quello che può essere letto come un riferimento al caso Madoff o simili truffe - che possono servire per tradire i risparmiatori. Retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti». In questo senso, «tanto una regolamentazione del settore tale da garantire i soggetti più deboli e impedire scandalose speculazioni, quanto la sperimentazione di nuove forme di finanza destinate a favorire progetti di sviluppo, sono esperienze positive che vanno approfondite ed incoraggiate, richiamando la stessa responsabilità del risparmiatore». Il Papa richiama l'esperienza positiva della microfinanza e chiede tutele dall'usura.
No al precariato
Papa Benedetto XVI denuncia anche «la precarietà», «lo sfruttamento», la «mancanza di garanzie sociali», «l'indebolimento dei sindacati» nell'era della globalizzazione e delle delocalizzazioni e invoca il diritto ad un lavoro «decente» per ogni essere umano.
«Un lavoro - prosegue Benedetto XVI - che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa», conclude il pontefice.
Immigrati non sono merce ma hanno pieni diritti
Ogni migrante è una persona umana che «possiede diritti che vanno rispettati da tutti e in ogni situazionè e non può essere considerato una semplice »merce«, sostiene il papa. Di fronte al fenomeno epocale delle migrazioni «nessun Paese da solo - è il suo monito - può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori». «Tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori», ricorda il Papa. «Il fenomeno - ammette - è di gestione complessa; resta tuttavia accertato che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del paese d'origine grazie alle rimesse finanziarie», aggiunge. «Ovviamente, tali lavoratori non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono, quindi, essere trattati - ammonisce Benedetto XVI - come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/07/enciclica-papa-caritas-in-veritate.shtml
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