sabato 18 luglio 2009

Il professor Catalano: nessuna conseguenza. Il Papa potrà tornare a suonare l’amato pianoforte (Barsanti)


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l’ortopedico

Il professor Catalano: nessuna conseguenza
Potrà tornare a suonare l’amato pianoforte


DI GABRIELE BARSANTI

Il Papa dopo l’intervento al polso non dovrebbe a­vere alcun problema, la funzionalità dell’arto sarà pienamente recuperata, tanto da consentirgli di scri­vere e anche di suonare l’a­mato pianoforte.
Fra una trentina di giorni, o poco più, gli sarà tolto anche il tu­tore, cioè l’apparecchio di protezione della zona sede della frattura che però non inibisce del tutto la mobi­­lità, come accadeva con la classica ingessatura. Parola del professor Francesco Ca­talano, direttore dell’Unità operativa ortopedica e chi­rurgica della mano del «Ge­melli » di Roma.

Professore, dove è localiz­zata la frattura? E a quale o­perazione è stato sottopo­sto Benedetto XVI?

Premetto, ed è importante sottolinearlo, che mi sto ba­sando su una conoscenza indiretta del caso, e cioè sul­le notizie diffuse dall’ospe­dale di Aosta. Comunque, come il più delle volte acca­de nei pazienti anziani, il Papa dovrebbe aver ripor­tato la frattura dell’epifisi di­stale del radio destro, ossia nel punto in cui si articola con le ossa del carpo. Una frattura scomposta, che però è stata ridotta in tem­pi brevi e con successo.

Che cosa vuol dire «ridot­ta »?

Vuol dire che è stata esegui­ta una riduzione, ossia una ricomposizione delle ossa che si sono fratturate e co­munque andate fuori la lo­ro normale posizione in se­guito alla caduta. Caduta che, a quanto risulta, è sta­ta del tutto accidentale, quindi non dovuta a cause che potrebbero allarmare.

Come si affrontano casi co­me questo?

Si interviene solitamente in modo incruento, che vuol dire senza spargimento di sangue, senza il taglio del chirurgo. Si procede in nar­cosi, ossia in anestesia ge­nerale, oppure, preferibil­mente, in anestesia loco-re­gionale, che vuol dire par­ziale, per così dire 'addor­mentando' l’intero braccio interessato con una iniezio­ne all’ascella. Quest’ultimo, ci dicono, è stato il caso del Papa,

E dopo l’anestesia?

Dopo l’anestesia attual­mente si preferisce una tec­nica chiamata epiblock, che vuol dire pressappoco bloc­caggio dall’alto, dalla su­perficie. A cielo coperto, ov­vero come ho accennato senza uso del bisturi, si ap­plicano attraverso piccoli fori dei fili metallici (detti «infibuli di Kirschner) che consentono di riportare al­la primitiva posizione le os­sa scomposte, tenendole in­sieme. Questa è la cosiddet­ta «osteosintesi».
Poi i fili si piegano a 90 gradi all’ester­no del polso, e vengono ag­ganciati a placchette ester­ne. Infine si procede al con­trollo della stabilità della frattura, alla medicazione e all’applicazione del tutore esterno. Tutti i corpi estranei verranno rimossi dopo trenta-quaranta giorni.

I vantaggi sono intuibili. Qual è il maggiore, rispetto al passato?

Intanto, è un metodo mini­invasivo. Poi il polso si può muovere già subito dopo l’operazione, consentendo un recupero più rapido del­la funzionalità ed evitando le complicazioni dovute al­l’ingessatura, che nel mi­gliore dei casi comporta u­na lunga riabilitazione.

Mentre in questo caso...

... in questo caso la riabili­tazione sarà più facile, men­tre la frattura dovrebbe gua­rire in 4-5 settimane. E il Pa­pa potrà tornare serena­mente a tutti i suoi impegni.

© Copyright Avvenire, 18 luglio 2009

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