martedì 3 novembre 2009

Cattolici e Ortodossi in alto mare. Il card. Kasper dice: «Fatti piccoli passi». Ma sono così piccoli che non si vedono (Bertoncini)


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Cattolici e ortodossi in alto mare

PRIMO PIANO
Di Marco Bertoncini

Il card. Kasper dice: «Fatti piccoli passi». Ma sono così piccoli che non si vedono

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Piccoli passi fra cattolici e ortodossi. Ormai non si contano più gli anni (perché invero si tratta di decenni) che si parla di piccoli passi. Si tratterebbe di piccoli passi avanti per l'incontro dei cattolici con gli ortodossi. Peccato che di maratone ci sarebbe bisogno per l'unità delle chiese ortodosse e cattolica, che Giovanni Paolo II (non si è mai compreso perché) auspicava per il grande Giubileo del 2000 e che ricorrentemente viene agitata come realizzabile: questi passettini non recano molto lontano. Pure l'ennesimo appuntamento della «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa», appena conclusosi a Cipro, è stato salutato dal dominus dell'ecumenismo cattolico, ossia il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, col solito, retorico autoelogio: «abbiamo fatto dei piccoli passi in avanti» (l'Avvenire, 24 ottobre).
Da anni ortodossi e cattolici discutono di una questione fondamentale: il primato petrino, ossia i poteri del vescovo di Roma sulla Chiesa universale.
L'attuale pontefice, quand'era cardinale, aveva riconosciuto che agli ortodossi non si potrebbe chiedere nulla più di quanto si chiedeva nel primo millennio, nella Chiesa indivisa.
Infatti, da un po', si discetta appunto sul primato com'era vissuto nel primo millennio. I cattolici hanno esultato perché due anni addietro, a Ravenna (in polemica assenza della chiesa ortodossa più potente, e non solo per numero di seguaci, quella di Mosca, «Terza Roma», oggi ben più rilevante della chiesa di Bisanzio, «Seconda Roma», i cui seguaci diretti sono non più di tremila), gli ortodossi presenti riconobbero che il vescovo di Roma era il «protos» (primo) nell'ordine canonico.
Guarda un po', esattamente quel che si sancì nei primi concili ecumenici. Non conta l'essere «primo», perché sono i contenuti della primazia a contare; gli ortodossi al primato legano solo l'onore, i cattolici la giurisdizione. La distanza è abissale: oggi come nel primo millennio.
Di là delle parole, l'attuale Papa ha più volte fatto capire che la sostanza è ben diversa. L'unica strada per l'unità è il ritorno alla Chiesa cattolica da parte di quelli che un tempo erano definiti «scismatici» e oggi «fratelli separati» appartenenti a «chiese sorelle».
Insomma, la via delle chiese orientali cattoliche dette uniate: ucraini, largamente primi per milioni di fedeli, e poi maroniti, melchiti, rumeni, siri, copti, nell'insieme oltre venti chiese. Sono fedeli orientali con riti, sacerdoti, vescovi, e anche teologia propri, in tutto simili agli ortodossi, ma inseriti nella Chiesa cattolica, che ammette per loro usi che i fedeli latini potrebbero sentire come eretici, quali l'amministrazione contemporanea di battesimo, cresima e prima comunione ai bambini. La strategia papale è dimostrata dal recente caso degli anglicani dissidenti.
Soltanto pochi giorni addietro proprio il cardinale Kasper (teologicamente distante dal connazionale Ratzinger e in predicato di essere sostituito, per raggiunti limiti di età, dall'incarico vaticano) aveva espresso la sua palese contrarietà alla soluzione poi adottata dal papa, asserendo che la Chiesa cattolica non faceva proselitismo. Era per l'accoglienza di singoli, non per un'organica ricezione di consistenti gruppi strutturati.
Ebbene, Benedetto XVI ha usato una formula che ricorda quella delle chiese orientali passate al cattolicesimo: mantenimento di riti, tradizioni, peculiarità (clero uxorato compreso), col pieno riconoscimento, però, del primato papale. Le botte (per esprimerci in linguaggio laico) che il pontefice ha recato al facile ecumenismo di taluni cattolici, cedevole verso gli altri, sono state numerose, sia da cardinale sia dal soglio petrino. Dall'impossibilità di un vero dialogo teologico con le religioni, al discorso di Ratisbona, dal rimarcare che l'unica Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica, fino alla decisione, poco citata perché comprensibile solo agli addetti ai lavori, di far cassare dall'Annuario Pontificio il titolo di «Patriarca d'Occidente».
Per i pochi cattolici che ne avevano contezza era un reliquato storico; ma per i vertici ortodossi era l'attestazione della parità (salvo sempre il primato di puro onore) del vescovo di Roma con gli altri patriarchi: quelli antichi di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme (con i quali avrebbe costituito la cosiddetta pentarchia, sorta di direttorio della Chiesa unita), e quelli moderni, fra i quali spicca il patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
Altro che ecumenismo: con la soppressione del titolo di patriarca d'Occidente il papa ribadiva gli altri titoli rimasti, e che gli ortodossi non tollerano: «vicario di Gesù Cristo», «successore del Principe degli apostoli» e «sommo pontefice della Chiesa universale». Ce ne vorrebbero di passi per far digerire ai patriarchi ortodossi questi titoli, con quel che ci sta dietro.

© Copyright Italia Oggi, 3 novembre 2009 consultabile online anche qui.

In realta' la soluzione adottata per gli Anglicani non ha nulla a che fare con l'«uniatismo» come ha spiegato bene Geninazzi in questo articolo.
R.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ma questo uniatismo è così malvagio? tutti ne parlano come di belzebù in persona: perché?

Anonimo ha detto...

Spesso e volentieri mi riscopro a non essere d'accordo con l'ondivago nei suoi giudizi Italia Oggi. Infatti, non ritengo che i passi di riavvicinamento cattolico-ortodossi siano poi così piccoli, almeno da quando Joseph Ratzinger è Papa. Mi sembra assolutamente stucchevole continuare a menarla con la faccenda del titolo di Patriarca d'Occidente a cui il Papa ha rinunciato, mantenendo gli altri a cui il successore di Pietro non può proprio fare a meno Comunque, attendo con fiduca l'andata in pensione di Kasper. Per il resto sarà il Signore, a suo tempo, a imprimere la definitiva accellerato.
Alessia

euge ha detto...

Cara Alessia anch'io attendo con impazienza l'andata in pensione di Kasper. Diamo per vero il fatto che i passi nel dialogo con gli ortodossi siano piccoli come li definisce Kasper....... Io gli potrei rispondere almeno ci sono stati. Se tutto fosse rimasto nelle sue mani, saremmo ancora neanche agli albori del dialogo.