venerdì 27 novembre 2009

Migranti: La presentazione del messaggio pontificio (Osservatore Romano)


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La presentazione del messaggio pontificio

È in significativo aumento in ogni parte del mondo il numero dei bambini migranti, soprattutto di quelli che vivono separati dai genitori: il dato è emerso durante la presentazione del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata del migrante e del rifugiato 2010, svoltasi venerdì mattina 27 novembre, nella Sala Stampa della Santa Sede.
Non è un caso, infatti, che il Papa abbia voluto dedicare il messaggio del prossimo anno proprio al tema "I migranti e i rifugiati minorenni". Che la percentuale di minori immigrati sul totale dei bambini residenti nel territorio di una nazione sia in ascesa lo dimostrano le statistiche rese note, nell'agosto di quest'anno, dal Centro ricerca Innocenti dell'Unicef dopo un'indagine effettuata in otto Paesi cosiddetti ricchi. In Svizzera i bambini nati da almeno un genitore immigrato ormai costituiscono il 39 per cento del totale dei minori, in Australia il 33, in Germania il 26, negli Stati Uniti d'America e nei Paesi Bassi il 22, in Francia il 17, in Italia il 10. Tuttavia l'indagine si riferisce ai minori al seguito di una famiglia di emigrati o di rifugiati.
Diversi sarebbero i dati se si potessero aggiungere i numeri riguardanti i minori che fuggono dalle loro case, sempre più spesso con il consenso e con l'aiuto dei genitori, e da soli approdano, dopo indicibili peripezie, in Paesi il più delle volte poco accoglienti. E dunque devono affrontare una serie di situazioni negative delle quali si è parlato durante la conferenza stampa di questa mattina.
"Ci sono - ha infatti spiegato l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti - vari tipi di migranti minorenni: coloro che emigrano con gli adulti, generalmente i genitori, o che comunque li raggiungono; coloro che nascono da genitori immigrati e quelli che emigrano non accompagnati". Inutile cercare differenze con gli adulti quanto alle motivazioni che li spingono a emigrare. Semmai c'è da aggiungere la speranza riposta in loro dai genitori, che li aiutano come possono pur di farli approdare, anche irregolarmente, in un Paese. Questo perché, secondo una legge internazionalmente riconosciuta anche se non sempre rispettata, un minore non accompagnato non può essere rimpatriato. Il bambino dunque diventa fonte di speranza per i genitori. Ma viene così caricato di un peso psicologico non indifferente: non vuole deludere la famiglia e dunque "è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti - ha detto il presule - pur di ottenere il permesso di soggiorno, una formazione e soprattutto un lavoro per poter aiutare la famiglia di origine. La loro è una situazione diversa da quella dei minori che hanno al fianco i loro genitori".
L'impegno della Chiesa in questo campo è stato ricordato dall'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero. In particolare, il presule ha richiamato l'attenzione proprio sui minorenni non accompagnati e separati dai nuclei familiari. Essi conducono una vita isolata, spesso rinchiusi nei campi e centri specializzati d'accoglienza, senza di che mantenersi. Troppo spesso vivono in ambienti a rischio di abusi e di sfruttamento, come per la tratta di esseri umani o il reclutamento per fini criminali. "Trattenere i ragazzi in centri di detenzione - ha aggiunto monsignor Marchetto - contraddice le conclusioni e linee guida dell'Acnur e anche la convenzione dei diritti del bambino, della quale la Santa Sede è firmataria".
Monsignor Novatus Rugambwa, sotto-segretario del Pontificio Consiglio, si è soffermato sugli ostacoli che vengono frapposti alla loro integrazione. "L'orientamento professionale - ha detto - l'istruzione e l'apprendimento della lingua devono essere visti come elementi atti a facilitare il processo per ottenere un lavoro adeguato". "Tali elementi - ha aggiunto - hanno anche un ruolo da svolgere nell'auto-realizzazione dei giovani rifugiati e migranti. La formazione educativa e lo sviluppo di nuove capacità, specialmente quella di parlare la nuova lingua per comunicare adeguatamente nel Paese di ricezione, permettono di svolgere un ruolo attivo nell'integrazione e di assumere il posto che spetta loro nella società di accoglienza".
D'altra parte aiutare questi giovani a integrarsi "favorisce non solo loro stessi, ma anche la famiglia, la comunità e il Paese d'accoglienza". Invece in tante parti del mondo si continua a esercitare nei loro confronti "restrizioni istituzionali - è la denuncia del sottosegretario - che ne impediscono l'accesso" alle forme più elementari di istruzione, dunque di formazione professionale e di inserimento graduale nel processo culturale e produttivo del paese ospitante. "Si avverte la necessità - ha concluso il sotto-segretario - di impegnarsi contro le tendenze alla segregazione scolastica, contro l'assenza di politiche di opportunità uguali e complete, contro il fatto che le scuole spesso non si sono ancora adattate alle esigenze dei figli dei migranti o non possono arrivare alle loro famiglie, contro la mancanza delle necessarie abilità interculturali da parte degli insegnanti".

(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )

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