mercoledì 29 aprile 2009

Fango e baci: il Papa lascia l’Abruzzo con la talare sporca di terra (Rodari)


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Fango e baci: il Papa lascia l’Abruzzo con la talare sporca di terra

apr 29, 2009 il Riformista

Paolo Rodari

L’Aquila.
Pioggia e vento hanno accolto ieri mattina Benedetto XVI in visita alle zone terremotate dell’Abruzzo, la prima volta del Pontefice nella regione.
«Una terra splendida e ferita - l’ha definita il Papa - e che sta vivendo giorni di grande dolore». Una terra alla quale Ratzinger ha dedicato parole ma soprattutto gesti significativi: strette di mano, abbracci, ascolto.
Una terra calpestata dal Pontefice senza risparmiarsi tanto che, prima di ripartire per Roma, aveva le maniche della talare bianca sporche di fango.
La pioggia e il vento davvero infami hanno costretto Ratzinger a lasciare a casa l’elicottero e ad arrivare a L’Aquila in macchina. In pochi minuti l’autostrada A24 è stata chiusa al traffico e il Pontefice è potuto così arrivare a destinazione soltanto con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia prevista.

Letta, Bertolaso e Vespa

Ad accompagnare il Papa non c’era Silvio Berlusconi. C’erano però il suo «gentiluomo» di fiducia, ovvero Gianni Letta, Guido Bertolaso e Bruno Vespa. Tra il seguito papale, oltre ovviamente al segretario particolare don Georg Gaenswein, anche il sostituto per gli affari generali della segreteria di Stato Fernando Filoni. Il cardinale Tarcisio Bertone, ovvero colui che Ratzinger ieri ha voluto chiamare davanti a tutti come «il mio segretario di Stato», è rimasto a casa.

Esame di coscienza

Le parole più significative Benedetto XVI le ha dette alla fine della sua visita: la comunità civile deve fare «un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità mai venga meno». Solo «a questa condizione L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare».
Parole sottolineate da un caloroso applauso dei cittadini accorsi sul grande piazzale della scuola della Guardia di finanza di Coppito, lo stesso piazzale che accolse la lunga fila di bare il giorno dei funerali dei deceduti del sisma. Dietro il palco sul quale il Papa parlava, l’araldico motto della Guardia di finanza: «Nec recisa recedit», ovvero il «simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento» ha detto il Papa.

Nel paese fantasma

Onna è un paese che non c’è più. A fianco del paese azzerato dal terremoto, c’è una tendopoli. Vi vivono cinquecento persone. È stata la tendopoli la prima tappa del Papa. Qui ha chiesto che in nome delle persone morte sotto le macerie, questa terra torni «a ornarsi di case e di chiese, belle e solide». Occorre non arrendersi perché come recita un detto abruzzese «ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso».
È in questa landa distrutta che Ratzinger ha incontrato due anziane suore dell’asilo di Maria santissima della Presentazione. Le due religiose hanno detto al Papa che siccome si trovano a Onna da tanti anni, non hanno potuto abbandonare il paese proprio ora. E così, pur dormendo in tenda, sono restate: «Avete fatto molto bene - ha risposto loro il Papa - non potevate lasciare il vostro popolo».
Il vicecaporedattore del quotidiano Il Centro, Giustino Parisse, che a Onna ha perso due figli adolescenti e un genitore, ha avvicinato per qualche minuto Benedetto XVI: «Sono di Onna, volevo farglielo sapere. Sono felice che lei sia qui» ha detto al Papa. Subito dopo, si è avvicinata anche una donna con un neonato in braccio: «Non lo abbiamo ancora battezzato», dice indicando il bimbo. Il Papa le ha chiesto: «Come si chiamerà?». La mamma: «Simone». Benedetto XVI si è quindi rivolto a tutti gli sfollati della tendopoli di Onna: «Vorrei abbracciarvi tutti».

I discepoli di Emmaus

È sempre a Onna che il Papa ha ricordato il Vangelo. Ovvero, ha detto ai terremotati che in qualche modo si trovano a essere «nello stesso stato d’animo dei due discepoli di Emmaus di cui parla l’evangelista Luca: dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la fine di Gesù; ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro». Fu quello Sconosciuto a riaccendere «in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento».

«I vostri morti sono vivi»

Benedetto XVI ha ricordato anche uno dei motivi della sua presenza in Abruzzo: «Il Papa - ha detto - è qui, oggi, tra voi per dirvi una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra».

In Suv da Celestino V

Dopo Onna, Collemaggio. Ancora in macchina. Ma non sulla papamobile. Bensì sul Suv di Bertolaso. Quest’ultimo guidava. Il Papa gli sedeva accanto. Poco oltre la porta d’ingresso della basilica di Collemaggio, Benedetto XVI si è inginocchiato davanti all’urna del corpo di Celestino V, il Papa del «gran rifiuto» di dantiana memoria, e ha deposto come omaggio il proprio pallio pontificio.
Ratzinger ha mosso istintivamente un passo verso i cumuli di macerie, ma è stato fermato dal capo della gendarmeria vaticana, Domenico Giani, preoccupato che un’eventuale scossa facesse cadere nuovi detriti. «È peggio di come avevo pensato vedendo in televisione», ha detto prima di uscire dalla basilica. E ancora: qui ho potuto «toccare con mano il cuore ferito di questa città».

Alla Casa dello Studente

Li ha salutati a uno a uno, chinandosi verso di loro per stringerne le mani, ascoltando con attenzione quanto avevano da dirgli. Dopo la sosta alla basilica di Collemaggio, Benedetto XVI ha incontrato in via XX settembre, davanti ai resti della Casa dello Studente crollata durante il sisma, dodici studenti, sei ragazzi e sei ragazze, tutti residenti nel centro storico, alcuni proprio nella Casa. Uno studente di ingegneria si è avvicinato a Ratzinger: «Uno studente per costruire bene le case» gli ha detto il Papa.

L’elmetto bianco e giallo

Le parole di Benedetto XVI nella caserma di Coppito hanno profondamente colpito il sottosegretario Guido Bertolaso, responsabile della Protezione Civile, che è apparso commosso mentre Ratzinger parlava della necessità della solidarietà per far risorgere l’Abruzzo ma anche di un esame di coscienza della comunità civile e della Chiesa. Al termine del discorso, il Papa ha deposto una rosa d’oro ai piedi della Vergine della Croce portata a Coppito dal santuario di Roio. Scendendo i gradini del palco è poi inciampato nell’orlo della sua veste bianca, senza tuttavia perdere l’equilibrio, anche grazie all’aiuto dei suoi collaboratori che gli erano accanto.
Sempre a Coppito un episodio curioso. Benedetto XVI ha indossato l’elmetto bianco e giallo dei Vigili del Fuoco. Dopo la recita del Regina Coeli, Ratzinger ha salutato le autorità e una rappresentanza di militari impegnati nell’area del terremoto. Un vigile del fuoco gli ha consegnato l’elmetto e il Papa l’ha messo in testa. Quindi, sempre in auto, è ripartito alla volta del Vaticano.

© Copyright Il Riformista, 29 aprile 2009 consultabile online anche qui.

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